30 febbraio 1712, è esistito davvero ma solo in Svezia!

30 febbraio 1712, è esistito davvero ma solo in Svezia!

(30 febbraio 1712) Articolo scritto da E.T.A. Egeskov per Pillole di Cultura e Il crogiuolo

Il 30 febbraio non è un errore di battitura ma un unicum nella storia, accaduto nel 1712 e soltanto in Svezia.

SOMMARIO

In un precedente articolo abbiamo raccontato di un giorno che non è mai esistito.

Si trattava del 30 dicembre 2011 e l’evento aveva riguardato le isole Samoa e le Tokelau.

In quel caso si era trattato di spostare la linea del cambiamento di data e per farlo nelle due nazioni del Pacifico era stato cancellato un giorno.

Nel caso svedese, invece, è stato aggiunto eccezionalmente un altro giorno a febbraio.

Trattandosi di un anno bisestile al 29 febbraio non è seguito il 1 marzo come da consuetudine ma un eccezionale 30 febbraio.

30 febbraio 1712. I giorni di febbraio

Tutti quanti ricordiamo la filastrocca dei mesi imparata sui banchi di scuola delle elementari.

30 giorni a novembre con april, giugno e settembre, di 28 ce n’è uno, tutti gli altri ne han trentuno.

E il mese che ha 28 giorni lo sappiamo tutti è febbraio, anomalo rispetto a tutti gli altri per la sua lunghezza (o per quanto è corto se volete!).

Sappiamo anche che negli anni bisestili febbraio si allunga e finisce con l’avere 29 giorni, proprio come capita in questo 2024.

Perché ogni quattro anni (periodo bisestile) febbraio ha un giorno in più?

Per compensare il calcolo dei giorni che compongono un anno.

Noi diciamo che un anno ha 365 giorni, ma ci dimentichiamo delle ore e dei minuti.

Dunque ogni quattro anni aggiungiamo un giorno per fare in modo che il calendario umano corrisponda con quello astronomico.

30 febbraio 1712. Calendario Gregoriano e Calendario Giuliano

Quello che utilizziamo oggi in quasi tutto il mondo (almeno in quello occidentale) è il calendario definito Gregoriano.

Ovvero quello varato da Papa Gregorio XII dal quale ha preso il nome.

Nel 1582 il papa si accorse che il calendario umano non era più allineato con quello astronomico e decise quindi di riallinearli.

Il precedente calendario utilizzato era quello detto Giuliano, ovvero quello varato da Giulio Cesare circa sedici secoli prima.

Con l’andare del tempo il Calendario Giuliano era andato avanti di 10 giorni rispetto a quello astronomico.

Questo perché in realtà l’anno solare dura 365 giorni, 5 ore e 49 minuti e 16 secondi.

Aggiungendo un giorno ogni quattro è come se si dicesse che mediamente ogni anno dura 365 giorni e 6 ore esatte.

Va da sé che ogni anno si guadagnano 10 minuti e 44 secondo che moltiplicati per circa 1600 anni fanno grossomodo 10 giorni.

Per questo motivo papa Gregorio XII decretò dopo il 4 ottobre del 1582 anziché seguire come di consueto il giorno 5 ci fosse invece il giorno 15 ottobre.

In questo modo vennero riallineati i due calendari, umano e astronomico.

30 febbraio 1712. La resistenza protestante

Se in tutti i paesi a maggioranza cattolica venne immediatamente adottato il Calendario Gregoriano altrettanto non avvenne nei paesi protestanti.

Per ragioni di opportunità politica in tanti stati si preferì mantenere, almeno per un po’ il vecchio Calendario Giuliano.

Con il tempo e la necessità di raccordare le date anche per via dei commerci sempre più fitti fra nazioni molti stati prostentanti passarono al Calendario Gregoriano.
Ognuno lo fece in medi e modi differenti.

Il caso della Svezia rimane unico e irripetibile.

30 febbraio 1712

30 febbraio 1712. Il pasticcio svedese

In Svezia nel 1699 si decise dunque di abbandonare il Calendario Giuliano per adottare quelle Gregoriano.

Contrariamente a quanto fatto nei paesi cattolici non si optò per la soluzione di cancellare 10 giorni dal calendario saltandoli a piè pari.

Si preferì invece un approccio più morbido cancellando soltanto il giorno 29 febbraio degli anni bisestili dal 1700 al 1740.

Ovvero un giorno ogni 4 anni per un totale di 10 giorni in 40 anni.

Così nel 1700 si passò dal 28 febbraio al 1 marzo saltando il 29 febbraio.

Purtroppo nel 1704 e nel 1708 gli svedesi, presi da faccende belliche, si dimenticarono di saltare il 29 febbraio (erano entrambi anni bisestili).

In questo modo si sarebbe dovuto allungare il tempo di cancellazione del 29 febbraio sino al 1748 per far quadrare i conti.

30 febbraio 1712. Aggiungere il giorno tolto

Avendo constatato la difficoltà ad adottare il Calendario Gregoriano in Svezia di decise dunque di tornare al Calendario Giuliano.

A quel punto però il calendario svedese era sfasato di un giorno rispetto al Calendario Giuliano universalmente adottato.

Questo perché nel 1700 aveva saltato il 29 febbraio.

Si decise dunque che nel 1712 si sarebbe recuperato il giorno perso e si decise che quell’anno febbraio avrebbe avuto 30 giorni.

Essendo infatti il 1712 un anno bisestile febbraio avrebbe già avuto 29 giorni, aggiungendone un altro si arrivava dunque a 30.

E fu così che per una sola volta nella storia della Svezia febbraio si compose di 30 giorni, restando un unicum irripetibile per sempre.

Per la cronaca gli svedesi si pentirono presto di tale decisione e già nel 1753 tornarono sui loro passi adottando il Calendario Gregoriano.

Memori dei pasticci degli inizi XVIII secolo decisero di passare dunque dal 18 al 28 febbraio di quell’anno.

30 febbraio 1712. Febbraio da 30 giorni già nella R|oma antica?

Per quanto possa sembrare incredibile il caso svedese non è l’unico ad aver annoverato un 30 febbraio sul calendario.

In Unione Sovietica nel 1929 si decise di adottare il Calendario Rivoluzionario Sovietico.

Si trattava di un calendario composto da 12 mesi di 30 giorni ciascuno più 5 (o 6 nel caso di anni bisestili) festività che non rientravano in alcun mese.

Nel 1930 e nel 1931 vi fu dunque un 30 febbraio nel calendario sovietico, salvo poi fare retromarcia immediatamente.

Infatti dal 1932 anche l’Unione Sovietica tornò ad adottare il calendario standard con febbraio di 28 giorni (29 in caso di anno bisestile).

Anche il Calendario Copto si compone di 12 mesi da 30 giorni ciascuno.

A questi va aggiunto un breve mese intercalare alla fine dell’anno composto da 5 giorno (o 6 nel caso di anno bisestile).

Simile a quello Copto fu anche il Calendario Rivoluzionario Francese che però ebbe vita breve (dal 1792 al 1805).

30 febbraio 1712. Quello svedese non è stato l’unico 30 febbraio

Stando a quanto affermato dallo studioso Sacrobosco nel 1235 nell’antico calendario giuliano il mese di febbraio avrebbe avuto 29 giorni.

Ovvero 30 giorni negli anni bisestili, praticamente un giorno in più rispetto a quello del nostro calendario moderno.

Secondo lo studioso medievale fu l’imperatore Augusto a togliere un giorno a febbraio per “donarlo” al mese Sextilis che venne rinominato agosto.

Difatti Sextilis divenne Augustus proprio per onorare l’imperatore, così come Iulius fu chiamato così in onore di Giulio Cesare.

Avendo agosto in origine, secondo il Sacrobosco, solo 30 giorni l’imperatore Augusto decise di portarlo a trentuno.

Aggiunse dunque un giorno, secondo questa teoria, per renderlo lungo uguale al mese di luglio (dedicato a Giulio Cesare).

Per fare ciò tolse un giorno da febbraio riducendo quest’utiltmo da 29 a 28 giorni.

Dunque da 30 a 29 negli anni bisestili.

Va sottolineato come però questa teoria del Sacrobosco non abbia mai trovato alcuna conferma documentale.

Foto di Unif da Pixabay

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Multiverso, parte il tour 2024 del cantautore Dario Naccari

(Multiverso) Articolo scritto da E.T.A. Egeskov per Pillole di Cultura

Dal 29 febbraio all’8 marzo Dario Naccari in concerto con Multiverso da sud a nord in Italia.

SOMMARIO

Parte il 29 febbraio da Reggio Calabria per arrivare a Torino l’8 marzo il nuovo tour di Dario Naccari.

Il cantautore siciliano presenterà così il suo discorso d’esordio dal titolo Multiverso.

Multiverso. Dario Naccari

Classe 1984, Dario Naccari è cantante, musicista, compositore e musicoterapeuta.

Ricopre anche il ruolo di cantante e di autore dei testi all’interno di Demomode, una band con la quale ha pubblicato due album.

Hai paura nel 2010 e OU nel 2014.

Nel 2020 ha pubblicato Comandante, un brano inciso con lo pseudonimo di Frenk.

È tornato a utilizzare il suo nome con l’incisione di Grosso Frenk nel 2022.

Nel 2023 pubblica Più Lento (in aprile) e Tirreno (a giugno).

Multiverso. L’album

Il brano d’esordio dell’album è Grosso Frenk, già conosciuto come singolo nel 2022.

Seguono poi Più Lento, Giovani in enterno, Comandante, Il giorno e la notte, Tirreno.

Arriva poi la canzone che da il titolo all’album, ovvero Multiverso.

Chiudono i brani Quelli che ben pensano (feat Tusco – Cover Frenkie hi-nrg).

Multiverso

La copertina dell’album è a sua volte un’opea d’arte della pittrice Manuela Macaluso (conosciuta come MACA).

Rappresenta vari livelli dell’esistenza umana, attraverso i quali l’uomo viaggia ed esplora anche il proprio interiore.

Una fusione fra micro e macro in una visione d’insieme fra terra e il proprio corpo.

Multiverso. Il tour

Primo appuntamento il 29 febbraio presso il Malavenda Cafè di Reggio Calabria.

Subito il giorno seguente, 1 marzo, ancora in Calabria al Whynot di Catanzaro.

Risalendo verso nord il 2 marzo appuntamento a Potenza al Pipistrello Club.

Nei due giorni successivi doppio appuntamento a Roma.

Il 3 marzo all’Arci Santa Libbirata e il 4 marzo alla fermata ATM Cipro con un format openstage.

Un giorno di riposo per poi essere il 6 marzo alla Gallery 16 di Bologna.

Il giorno seguente ancora più a nord a Pavia ai Downtown Studios.

Infine l’8 marzo a Torino ancora un format openspace alla fermata ATM Lingotto.

Per conoscere le altre date del tour dopo Torino e per saperne di più su Dario Naccari:

https://linktr.ee/darionaccari

Immagini by Gabriele Lo Piccolo

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Ottone I e Adelaide, imperatori del Sacro Romano Impero

(Ottone) Articolo scritto da Mos Maiorum per Pillole di Cultura

Ottone I e la moglie Adelaide di Borgogna vennero unti da papa Giovanni XII per diventare imperatori del rinato Sacro Romano Impero.

SOMMARIO

Il 2 febbraio dell’anno 962 papa Giovanni XII incoronò a Roma imperatori del Sacro Romano Impero Ottone I ed Adelaide di Borgogna, sua moglie.

Fu la prima volta nella storia del Sacro Romano Impero che una moglie venisse incoronata imperatrice insieme al marito.

Ottone I. Un impero da ricostruire

Ottone I era re dei Franchi Orientali (ovvero della Germania) quando sposò Adelaide di Borgogna.

Grazie a questo matrimonio il re sassone poté indossare la corona di ferro e dunque fregiarsi del titolo di re d’Italia.

Il Sacro Romano Impero in quella seconda metà del X secolo si era ormai sfaldato e diviso in tre grandi regni più altri piccoli stati.

Il Regno dei Franchi Occidentali (Francia), quello dei Franchi Orientali (Germania) e il regno d’Italia.

Riunendo sotto lo stesso trono Germania e Italia il nuovo imperatore ricostituiva almeno in parte l’impero voluto da Carlo Magno.

E tutto ciò fu possibile anche grazie al matrimonio con Adelaide di Borgogna, già vedova del re d’Italia Lotario.

Ottone I. Un corona imperiale per due

L’incoronazione del 2 febbraio 962 costituì una novità sotto molti punti di vista.

Anzitutto perché ad essere unti dal papa furono marito e moglie che dunque divennero imperatori entrambi.

Mai prima d’allora un’imperatore aveva condiviso il trono con la propria moglie.

D’altro canto Adelaide di Borgogna non fu certo una semplice moglie, seppur imperiale.

Donna tenace e volitiva seppe tener testa all’usurpatore Berengario II che aveva fatto assassinare il marito di lei.

Adelaide

Usurpatore che avrebbe voluto farla sposare al proprio figlio Adalberto, ma Adelaide fuggì dalla prigionia.

Dopo una fuga rocambolesca si rifugiò a Canossa da dove chiese aiuto proprio a Ottone I.

Il quale scese in Italia, liberò la vedova di Lotario e la sposò a Pavia indossando con lei la corona del regno d’Italia.

Non stupisce dunque che il sassone abbia voluto associare al trono la sua giovane moglie Adelaide.

Ottone I. Privilegium Othonis

Con l’incoronazione a imperatore da parte di papa Giovanni XII il sassone Ottone I aveva di fatto legato in modo indissolubile la Chiesa di Roma al Sacro Romano Impero.

Ottone

Se è vero che almeno formalmente venivano ceduti alcuni territori al papa di contro lo stesso papa doveva giurare fedeltà all’imperatore.

Con il Privilegium Othonis del febbraio 962 l’imperatore garantiva che l’elezione al soglio pontificio fosse determinata dal clero e dal popolo di Roma.

Salvo poi specificare che il papa eletto avrebbe dovuto giurare fedeltà proprio alla figura dell’imperatore.

Tutto ciò portò ben presto a scontri anche violenti fra Chiesa di Roma e Sacro Romano Impero, persino pochi anni dopo l’incoronazione.

Per poi sfociare nel violento contrasto fra l’imperatore Enrico IV e papa Gregorio VII con il famoso episodio di Canossa nel 1077.

Ottone I. L’avvio di una dinastia

Con il ristabilimento del Sacro Romano Impero a seguito dell’incoronazione di Ottone I e Adelaide di Borgona di fatto si creò una vera e propria dinastia.

Infatti il figlio della coppia, Ottone II, venne associato al trono dal padre e gli succedette dopo la morte.

Ottone II seguendo l’esempio paterno associò al trono imperiale la moglie Teofano (principessa bizantina).

Successivamente anche il figlio della coppia, Ottone III, venne associato al trono e succedette al padre alla morte di quest’ultimo.

Essendo solo un bambino regnò dapprima con la reggenza di Teofano (madre) e Adelaide di Borgogna (nonna).

Poi con la reggenza della sola Teofano e dopo la morte prematura di quest’ultima con la reggenza della nonna Adelaide.

Solo una volta raggiunta la maggiore età (14 anni) Ottone III regnò in autonomia.

Nel frattempo Adelaide si ritirò in convento in Alsazia dove morì e circa un secolo più tardi fu dichiarata santa.

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Rubicone: Alea iacta est o iacta alea est?

(Rubicone) Articolo scritto da Mos Maiorum per Pillole di Cultura

A gennaio dell’anno 49 a.C. Caio Giulio Cesare rompeva gli indugi e varcando il Rubicone in armi dava il via ufficiale alla guerra civile.

SOMMARIO

È senza dubbio uno degli episodi più celebri della storia tanto che è conosciuto anche da chi di storia non se ne intende proprio.

Nella notte fra il 10 e l’11 gennaio (o fra l’11 e il 12 gennaio secondo altre fonti) del 49 a.C. Giulio Cesare varcò il fiume Rubicone.

Con quel gesto all’apparenza insignificante cambiò il suo destino, quello di Roma e del mondo intero.

Rubicone. Un confine invalicabile

Nel I secolo a.C. Roma occupava ormai gran parte del Mediterraneo e tutta la penisola italiana era ormai romanizzata.

Anche se una parte dell’attuale Italia era ancora suddiva in province (ad esempio la Gallia Cisalpina).

Il confine fra la provincia a nord e il territorio “urbano” di Roma era considerato sacro e inviolabile.

E soprattutto non valicabile dai generali in armi con i loro eserciti.

Questo a difesa della città di Roma in modo che nessun generale potesse entrarvi armato con la tentazione di prenderne possesso.

A Roma era ancora fresca la memoria di quanto accaduto solo qualche decennio primo ai tempi di Mario e di Silla!

A ridosso della Via Aemilia scorreva un piccolo corso d’acqua torrentizio chiamato Rubicone.

Un piccolo fiume che nasceva dalle colline romagnole (intorno a Sogliano) e sfociava nel mar Adriatico.

Quel piccolo corso d’acqua di chiamava Rubicone e segnava il confine fra Roma e la provincia della Gallia Cisalpina.

Rubicone. Un gesto eclatante

Ricordiamo che all’inizio di quel 49 a.C. Giulio Cesare era in aperto contrasto con il Senato di Roma.

Quest’ultimo gli aveva intimato di cedere il controllo della Gallia Cisalpina e di fare ritorno a Roma da semplice cittadino.

Rubicone

Cesare, trionfatore dei Galli, aveva ben altri progetti e rifiutò l’ordine del senato accampandosi nei pressi di Cervia.

Proprio a nord del fiume che segnava il confine fra la provincia della Gallia Cisalpina e Roma.

Dopo aver riflettuto a lungo sul da farsi proprio ai primi di gennaio il generale romano ruppe gli indugi varcando il Rubicone.

Ciò significava andare contro il Senato di Roma e di fatto iniziare una guerra civile.

Rubicone. Il dado è tratto

Alea iacta est (o come riporta Svetonio “iacta alea est”) non è altro che una traduzione latina della frase pronunciata in greco da Giulio Cesare.

In italiano può essere tradotta correttamente con “il dato è stato lanciato”.

O nella formulazione più comune con la frase “il dado è tratto”.

Il riferimento ovvio è quello al gioco dei dadi dove si poteva scommettere finché i dadi non venivano lanciati.

A quel punto non si poteva far altro che aspettare che i dadi si fermassero per valutarne il punteggio.

Così fu per quel gesto, compiuto il quale non vi era più possibilità di ripensamenti o di ritorno allo status quo.

Qualunque cosa fosse successa poi, Cesare non sarebbe più potuto tornare quello di prima.

O avrebbe vinto lui oppure il Senato.

Tutti sappiamo come finì, ma in quella fredda notte di gennaio fu davvero come lanciare i dadi in una partita che per lui aveva il valore della vita.

Rubicone. Si ma quale?

Quasi ventuno secoli dopo quella notte ancora oggi è impossibile stabile con certezza dove scorresse il fiume varcato da Cesare.

Sulle cartine dell’Emilia Romagna è segnato un fiume dal nome Rubicone ma secondo molti non si tratta di quello attraversato da Giulio Cesare.

Piuttosto l’antico fiume dovrebbe essere rintracciato nell’odierno Pisciatello (un piccolo corso d’acqua che scorre a fianco del Rubicone).

Il problema è che le fonti di allora non possono essere così precise da non lasciare dubbi.

E in oltre due millenni i fiumi hanno subito variazioni dovute a straripamenti e piene che ne hanno mutato gli alvei.

E a volte anche spostato il letto in modo significativo.

Dunque a tutt’oggi non v’è certezza se il fiume storico corrisponde al fiume che oggi ne porta il nome, al Piasciatello o a un altro corso d’acqua che scorre nei pressi.

Ma poco importa, si tratterebbe solo di posizionare il punto del passaggio del Rubicone di qualche chilometro più in qua o più in là.

Rubicone. Per sempre nella storia

Ciò che conta è il gesto e il suo significato simbolico, tanto da essere entrato per sempre nella storia e nella cultura popolare.

Ancora oggi si usa l’espressione varcare il Rubicone per indicare il compimento di un’azione che ha più vie di ritorno.

Un passo decisivo che non può in alcun modo essere cancellato.

Persino nella lingua inglese è rimasta traccia di quella notte così lontana dalla terra d’Albione.

To cross the Rubicon” significa appunto varcare un punto di non ritorno.

Andare oltre significa non poter più tornare indietro.

Foto di Clemens van Lay su Unsplash

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Speciale Natale: te piace o presepe?

(Presepe) Articolo scritto della dottoressa Ilena Aprea per Pillole di Cultura

Ascolta “SPECIALE Natale. Parliamo di film e tradizioni” su Spreaker.

Quanto è importante il presepe nella storia culturale e tradizionale italiana? E come viene “vissuto ” nella casa degli italiani e nel resto del mondo? E a Napoli, luogo dell’artigianato presepiale per eccellenza?

SOMMARIO

La storia delle origini del presepe è una bellissima tradizione nei paesi cattolici di tutto il mondo.

Presepe. Storia, cultura e tradizione

La storia delle origini del presepe è una bellissima tradizione nei paesi cattolici di tutto il mondo.

Di origine medievale, riguarda la rappresentazione concreta della nascita di Gesù attraverso la realizzazione di composizioni con statue di varie grandezze e materiali messe in modo realistico.

In genere in una grotta o una capanna, all’interno della quale viene posta la Sacra Famiglia.

Le prime tracce dell’origine del presepe si ritrovano nei Vangeli di Marco e Luca che riportano in alcuni versetti la storia della nascita di Gesù a Betlemme ai tempi di Erode.

Ma la prima rappresentazione figurativa antica la ritroviamo nel terzo secolo D.C. all’interno delle catacombe di Priscilla a Roma sulla via Salaria.

A partire dal 400 ci fu una grande ripresa della rappresentazione della storia del presepe grazie a famosi pittori italiani quali Giotto e Botticelli.

Un momento importante nella sua evoluzione è quello in cui si passa alla rappresentazione plastica della natività e, quindi del presepe come lo conosciamo noi.

L’innovazione di San Francesco

Nel 1223 San Francesco chiese ed ottenne il permesso dal Papa di passare a questo tipo di rappresentazione.

Costruì una mangiatoia in una caverna all’interno di una parco a Greggio.

Portò un bue e un asinello e tenne la prima predica di Natale descrivendo la natività a coloro che non sapevano leggere.

Da quel momento nacque la tradizione di rappresentare la natività sia con le statue che con la Sacra Famiglia dal vivo.

Fino al ‘600 il grande interesse per la rappresentazione della natività si manifestò inizialmente attraverso la realizzazione del presepe nelle chiese vicino a dipinti ispirati al tema.

Presepe

Tradizione che si diffuse nell’Italia centrale e nelle case dei nobili e che nel 700 aveva raggiunto tutta l’Italia.

Contestualmente avevano avuto origine le diverse tradizioni popolari tra le quali la più importante è quella napoletana.

Per questo spesso si parla di storia del presepe napoletano.

È proprio a Napoli che il presepe raggiunse livelli espressivi originali e le famiglie nobili facevano a gara per poter avere il presepe più ricercato.

Arruolavano infatti scultori di fiducia per realizzare lavori di prestigio usando materiali preziosi.

Dedicando addirittura intere stanze che poi mostravano durante i ricevimenti. (Rini 2020)

Presepe. San Gregorio Armeno

Nel cuore di Napoli si trova San Gregorio Armeno.

Un’antica e lunga stradina piena di botteghe ed edifici storici i quali raccontano gli eventi che hanno portato questa famosa tradizione ricca di simboli i quali trasmettono l’anima del luogo.

Questa stradina risale all’epoca greco-romana e si trova dove i vicoli collegano via dei Tribunali e Spaccanapoli.

Intorno al X secolo delle monache portarono a Napoli le reliquie di San Gregorio Illuminatore patriarca di Armenia per conservarle nella chiesa nata sulla strada che porta il suo nome.

Chiesa conosciuta anche come Santa Patrizia, santa di Costantinopoli, che guidò le suore che portarono le spoglie del santo.

Una tradizione che affonda le radici nell’antica Roma

L’antica via ospitava un tempio romano dedicato a Cecere, dea della terra e della fertilità, alla quale veniva fatto dono di statuette di terracotta come simbolo di buon augurio.

Le botteghe che si trovavano lì erano considerate le migliori di Napoli per la produzione di opere artigianali destinate alle offerte.

Con la diffusione della rappresentazione della Natività dalle chiese alle famiglie aristocratiche, gli artisti napoletani vennero incaricati di creare scene religiose.

Con la nascita del presepe napoletano come lo conosciamo oggi, via San Gregorio Armeno è diventata un simbolo della città.

Via dove, nel periodo di Natale, si possono trovare varie esposizioni di statuette, opere d’arte, sia tradizionali che rappresentazioni più contemporanee.

Nel resto dell’anno si possono osservare le famiglie storiche di artigiani all’opera che mantengono viva la loro arte tra innovazione e classicità.

I presepi di San Gregorio Armeno sono sono famosi per essere i più particolari al mondo.

Connubio tra sacro e profano mostrano la creatività degli artigiani.

La tradizione presepiale napoletana include statuine di terracotta molto preziose di diverse dimensioni e prezzi.

La grotta è la Sacra Famiglia, il pastorello Benino, Ciccibacco il vinaio…

Statuine che fanno immergere i turisti nella classica atmosfera natalizia. (Taverna 2019)

Presepe. La rappresentazione nell’arte e nella letteratura

Il Natale con la nascita di Gesù segna per i cristiani di tutto il mondo il momento di cambiamento della storia dell’umanità.

L’immagine di Gesù bambino accudito da San Giuseppe e da Maria ha spinto gli artisti di ogni epoca a cimentarsi su un argomento molto significativo nella storia dell’arte.

Molti artisti hanno dipinto la festa più importante nella storia della chiesa, la nascita di Cristo.

Fra i tanti Giotto, Tiziano, Rubens, Botticelli, Caravaggio, Beato Angelico, Piero della Francesca e molti altri.

Oltre all’arte pittorica anche in quella poetica si ritrovano nomi illustri che narrano nei loro componimenti l’evento della natività.

Basti citare D’Annunzio e Quasimodo (Franza 2018), Gozzano, Saba, Valeri e molti altri grandi autori della letteratura italiana e straniera.

Autori che si sono ispirati al Natale per i loro scritti.

Presepe. L’importanza nelle case degli italiani e nel resto del mondo

Concludendo si può affermare che il presepe nel tempo ha preso un posto molto importante nel cuore e nelle case degli italiani e non solo.

Grazie anche alle nuove tecnologie e a nuovi materiali vi è stato un decollo della cultura del presepe.

Circostanza che consente di poterne ammirare ovunque la magia per mezzo di giochi di luce e di acqua all’interno di stupende scenografie. (Giorgi 20220).

Ogni paese europeo ed extraeuropeo ha, naturalmente, una tradizione culturale diversa nella sua rappresentazione.

Anche se l’idea di fondo è quella di ricreare la scena della nascita di Gesù.

Le varianti importanti stanno nello stile della ricostruzione e nei materiali che vengono utilizzati.

Anche in Italia il presepe si diversifica da regione a regione.

Non tanto dal punto di vista culturale quanto rispetto ai materiali usati per la costruzione della scena della nascita di Gesù.

Ad esempio a Genova i pastori sono di legno mentre in Puglia sono di cartapesta e in Sicilia si aggiungono prodotti tipici alla realizzazione del presepe. (Staff Italoeuropeo 2019)

Fonti:

  • 27/12/202. PistoiaSette, La magia del Presepe, la sua storia ed evoluzione nel tempo di Franco Giorgi
  • 12/12/2020. DS – DossierScuola.it, Storia del Presepe: dalle origini al 700 di Gianluca Rini
  • 25/11/2019. Blog Club Magellano, San Gregorio Armeno: storia, leggende e curiosità di Lara Taverna
  • 16/12/2018. Blog il Giornale.it, Il Natale nell’arte e nella letteratura. Icone e testi tra storia, fede e bellezza di Carlo Franza

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Adelaide. Prison Escape with Royal Wedding

(Adelaide) Articolo scritto da Mos Maiorum per Pillole di Cultura

L’imperatrice Adelaide, moglie di Ottone I, fu protagonista di una e vera propria fuga nottetempo.

Con l’aiuto di un anziano monaco riuscì a fuggire dalla prigionia di Berengario II che la voleva sposa del proprio figlio.

SOMMARIO

Il 16 dicembre il calendario della Chiesa Cattolica festeggia Sant’Adelaide di Borgogna, un nome fra i tanti annoverati ogni giorno dell’anno.

Almeno così sembrerà ai più.

E forse nemmeno chi porta il nome di Adelaide conosce la vera storia di questa santa, regina e imperatrice vissuta alla fine del primo millennio dell’era cristiana.

Una storia che merita di essere scoperta e conosciuta perché di sicuro Adelaide fu una donna veramente eccezionale.

Adelaide. Nata per diventare regina

Adelaide di Borgogna nacque sulle rive del lago di Neuchâtel in quella che nel X secolo era la Borgogna (oggi Svizzera).

Figlia di Rodolfo II di Borgogna e di Berta di Svevia fu cresciuta come tutte le nobili del tempo.

A soli 16 anni sposò Lotario II, che sarebbe divenuto presto re d’Italia e dunque Adelaide assunse il titolo di regina d’Italia.

Alla morte del marito, quasi sicuramente assassinato, cercò di fuggire dall’usurpatore Berengario II.

Quest’ultimo era il margravio di Ivrea, dunque un vassallo del marito, e probabilmente anche l’artefice dell’assassinio del re.

Per legittimare il trono usurpato Berengario II decise di far sposare il proprio figlio Adalberto con Adelaide.

Niente di nuovo, verrebbe da dire, se non fosse che a comandare le truppe asserragliate all’interno dei bastioni c’era una donna, e che donna!

Adelaide. Il tentativo di fuggire verso nord

Non volendo accettare quelle nozze la regina vedova decise di fuggire verso nord, in Svevia.

Grazie alla madre vantava parentele con la moglie del signore di Svevia, ovvero Liudolfo la giovane vedova contava di trovarvi rifugio.

Anche contando sul fatto che Liudolfo era figlio del re di Germania, Ottone I, e dunque Berengario II non avrebbe osato inseguirla fin lassù.

Adelaide

Purtroppo per lei le spie dell’usurpatore riuscirono a localizzarla a Como e fu ben presto tratta in arresto.

Trattenuta prima in una prigione sul lago di Como fu poi portata alla Rocca di Garda in attesa del matrimonio con Adalberto.

Matrimonio che la regina legittima si ostinava a voler rifiutare.

Adelaide. La fuga rocambolesca

Rinchiusa nella Rocca di Garda la vedova di Lotario II non si perse d’animo, anzi!

Con l’aiuto di un anziano monaco di nome Martino che le faceva da confessore riuscì a ordire un piano di fuga.

Incredibile a dirsi il monaco, la regina e una sua ancella riuscirono giorno dopo giorno a scavare un buco nel muro della cella.

Finché riuscirono a scappare, vestiti di stracci per sembrare umili pellegrini, dirigendosi verso sud.

Attraversarono le paludi e i laghi di Mantova e il Mincio dirigendosi verso Reggio Emilia.

Chiesero aiuto al vescovo locale fedele al defunto marito che li indirizzò a Canossa da Adalberto Atto, signore della rocca.

Canossa prima di Matilde

Canossa diverrà famosa solo poco più di un secolo più tardi con Matilde (1077) ma già nel 950 segnò la storia d’Italia.

Adalberto Atto diede rifugio alla regina fuggitiva e impedì a Berengario II di penetrare nella rocca.

Intanto la regina chiese aiuto al re di Germania, Ottone I, che discese in Italia in suo soccorso.

Adelaide. Lieto fine con matrimonio regale

Messo in fuga l’usurpatore Ottone I chiese la mano della vedova di Lotario II e i due si sposarono a Pavia nel 951.

La corona d’Italia e quella di Germania si riunirono dunque sotto lo stesso capo, ovvero quello di Ottone I e di Adelaide.

Di fatto venivano ricomposti i due terzi del Sacro Romano Impero di Carlo Magno.

Ovvero il regno d’Italia e quello che Franchi Orientali (Germania).

Infatti circa un decennio dopo i due coniugi regali furono incoronati imperatori a Roma da papa Giovanni XII nel 962.

Fiaba o realtà

Sembra quasi una fiaba da raccontare alla sera ai bambini… ma è storia vera.

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