Hugo Claus, nel 2008 la morte del romanziere fiammingo

Hugo Claus, nel 2008 la morte del romanziere fiammingo

(Hugo Claus) Articolo scritto da E.T.A. Egeskov per Pillole di Cultura

Il 19 marzo 2008 ci lasciava Hugo Claus, considerato unanimemente uno dei più grandi romanzieri di lingua fiamminga di tutti i tempi.

SOMMARIO

Purtroppo non abbastanza conosciuto in Italia Hugo Claus è considerato uno dei più grandi autori di lingua fiamminga.

Come si sa in Belgio si parlano prevalentemente due lingue.

Quella francese e il fiammingo, originale lingua imparentata con l’olandese che si parla nelle Fiandre.

Hugo Claus. La vita

Nacque il 5 aprile del 1929 a Bruges, cittadina fiamminga nota per i suoi canali chiamata anche “Venezia del Nord”.

In giovane età abbondonò la casa paterna per svolgere lavori stagionali nel nord della Francia.

Si trasferì poi a Parigi dove conobbe il regista e drammaturgo Antonin Artaud che Claus elesse a padre putativo.

Nel dopoguerra partecipò attivamente alle avanguardie artistiche prendendo parte attiva al gruppo CO.BR.A.

In seguito soggiornò anche in Italia per far poi rientro in Belgio, nelle sue amate Fiandre.

Iniziò così la sua carriera di scrittore che gli valse numerosi riconoscimenti e premi.

Quando gli fu diagnostica la malattia di Alzheimer volle scegliere lui stesso il momento della sua morte.

Essendo in Belgio consentita l’eutanasia il romanziere fiammingo volle porre fine alla sua esistenza in tale maniera.

Il 19 marzo 2008 presso una clinica di Anversa morì dunque il drammaturgo e scrittore fiammingo più noto fra i contemporanei.

Hugo Claus. La carriera artistica

Considerarlo soltanto uno scrittore sarebbe decisamente troppo riduttivo.

Anche se quasi tutti lo ricordiamo per un suo romanzo, La sofferenza del Belgio, che ci è valsa la fama internazionale.

Fu anche drammaturgo (con 31 opere teatrali realizzate) ma anche traduttore di teatro dalle lingue straniere.

È conosciuto anche come poeta e non solo.

Infatti dopo le esperienze avanguardiste e al movimento CO.BR.A. con legami al surrealismo si cimentò anche nella contestazione.

Negli anni ’60 fu uno dei più attivi nel movimento che chiedeva una riforma culturale, sociale e politica della regione delle Fiandre.

Memorabile lo scandalo che lo vide protagonista a teatro nel 1967.

In quell’occasione mandò sul palco tre uomini nudi a impersonare la Santissima Trinità.

Hugo Claus. Flamingant francofono

Flamingant francono era come amava definirsi lui stesso, non senza una grosse dose di autoironia.

Flamingat infatti è un modo dispregiativo per definire i nazionalisti fiamminghi da parte dei belgi stessi.

Le Fiandre hanno sempre avuto un’aspirazione indipendentista dal resto del Belgio francofono.

Claus ha rappresentato un po’ lo spirito critico dei fiamminghi.

Egli era attaccatissimo alla sua terra natia e l’amava come soltanto un fiammingo potrebbe fare.

Ma era anche molto scettico nei confronti del suo popolo e delle sue capacità di essere all’altezza di fare nazione a sé.

Più volte nei suoi romanzi l’autore ha velatamente, e spesso anche apertamente, criticato il comportamento dei fiammingi.

Specialmente nel suo romanzo più celebre, ovvero La sofferenza del Belgio.

Hugo Claus. La sofferenza del Belgio

Ne La sofferenza del Belgio, il romanzo più conosciuto e tradotto dell’autore fiammingo si trovano i temi a lui più cari.

Hugo Claus

Partendo dall’impronta cattolica della sua educazione e dei segni indelebili che vi aveva lasciato.

Claus crebbe infatti in un collegio cattolico e il suo libro più famoso ben descrive quel clima tutt’altro invidiabile che caratterizzò i suoi primi anni di vita.

Nel romanzo vi è anche un altro tema ricorrente, ovvero la poca dignità dei fiamminghi.

L’autore denuncia il comportamento spesso ambiguo e approfittatore di molti fiamminghi durante la Seconda Guerra Mondiale.

Il libro è considerato unanimente un capolavoro letterario per la sua scrittura.

Ma al tempo stesso è anche un affresco di una realtà, come quella belga fiamminga, assai poco nota.

Specialmente alle nostre latitudini.

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Leopoldo II, la vergogna del Belgio coloniale

(Leopoldo) Articolo scritto da Mos Maiorum per Pillole di Cultura

Il 5 febbraio 1885 re Leopoldo II del Belgio fondò il regno privato dello Stato Libero del Congo dando vita a una delle pagine più buie del colonialismo europeo in Africa.

SOMMARIO

La storia della colonizzazione in terra d’Africa affonda le sue radici per lo più nell’Ottocento partendo da un’Europa in profonda trasformazione.

Oltre ai principali stati coloniali (Inghilterra, Francia, Spagna, Portogallo) si aggiunsero anche stati più piccoli ma ambiziosi.

Fra questi anche il piccolo Belgio che aveva da poco conquistato l’indipendenza dalle Province Unite.

La storia della colonizzazione del Congo ha però una particolarità unica nel genere.

Non fu uno stato a colonizzare ma una singola persona, benché fosse il re del Belgio stesso.

Leopoldo. Belgio, uno stato da poco indipendente

Nel 1830 una rivoluzione portò la popolazione belga a rendersi indipendente dal Regno Unito dei Paesi Bassi.

Ma fu solo nel 1838 che il nenonato piccolo stato ottenne il riconoscimento ufficiale.

Il Belgio è stato fin dalla sua costituzione uno stato piccolo, di poco più di 30.000 km² .

Per fare un paragone la regione italiana della Lombardia ha una superficie di quasi 24.000 km²!

Non stupisce dunque che un novello stato come il Belgio nella seconda metà dell’Ottocento cercasse occasioni per farsi conoscere nel mondo.

Farsi conoscere e rispettare ma soprattutto per generare profitti per potersi arricchirre.

E la colonizzazione fu senza dubbio un’occasione che anche il Belgio non si lasciò sfuggire.

Leopoldo. Un sovrano che puntava in alto

Leopoldo II fu di fatto solo il secondo re del neonato Belgio, in quanto Leopoldo I, suo padre, fu il primo a regnare sul piccolo stato.

Nato nel 1835 era il secondo genito di Leopoldo II ma essendogli premorto il fratello Luigi Filippo già alla nascita fu designato erede al trono.

Leopoldo

Fin dal suo esordio in politica, nel 1855, l’erede al trono professò la sua intenzione di dare al Belgio lustro a livello internazionale.

E per farlo pensava di poter costituire un impero, come avevano già fatto altre nazioni prima del Belgio.

Salì al trono nel 1865 e regnò per 44 anni sino al 1909 quando il 17 dicembre spirò all’età di 74 anni.

Leopoldo. L’Africa equatoriale tutta per sé

Già nel 1876 Leopoldo II si interessò all’Africa e attraverso un’associazione promosse l’esplorazione della zona equitoriale.

A quel tempo l’immensa foresta pluviale del bacino del Congo era ritenuta perlopiù inutile e difficile da gestire.

Per questo il re del Belgio tramò a livello europeo affinché le inimicizie fra Francia, Inghilterra e Germania, oltre al Portogallo, gli garantisse il possesso di quel territorio.

Con la conferenza di Berlino del 1884, grazie all’appoggio di Bismarck, Leopoldo II ottenne per sé 2.344.000 km² sul bacino del Congo.

Furono assegnati a lui personalmente e non allo stato Belga o a Leopoldo II in quanto sovrano del Belgio.

Il 5 febbraio del 1885 il monarca belga fondò dunque lo Stato Libero del Congo che vide la luce ufficiale il 30 aprile dello stesso anno.

Leopoldo. Colonialismo della peggior specie

Il nuovo stato costituito sul bacino del Congo era di proprietà personale del re del Belgio.

Era soggetto al alcuna legge se non al volere stesso del monarca, ma in quanto persona fisica e non carica istituzionale.

Questo fece sì che abusi e soprusi fossero all’ordine del giorno in quel territorio dimenticato dagli uomini e dalla società.

Fu quella una delle pagine più violente e becere del colonialismo europeo in Africa.

E il fatto che tutto rispondesse al volere di un solo uomo senza alcun controllo istituzionale non fece che peggioare la situazione.

Per averne un’idea è sufficiente leggere uno dei romanzi più famosi dello scrittore naturalizzazione inglese Joseph Conrad.

Cuore di tenebra narra appunto di un viaggio lungo il fiume Congo compiuto dal narratore Charles Marlowe.

E ancora oggi, rileggendo quelle pagine, viene la pelle d’oca scoprendo i misfatti compiuti in quel territorio.

Tenendo presente che quanto raccontato nel libro non era che una minima parte di ciò che accadde nello Stato Libero del Congo.

Leopoldo. Indignazione popolare a annessione

Anche grazie a libri come quello di Conrad la verità su quanto accadeva nello Stato Libero del Congo cominciò ad emergere.

In Belgio crebbe un movimento d’opinione pubblica scandalizzato di ciò che avveniva in quel territorio lontano.

Ancor di più perchè responsabile ultimo di tutta quella vergogna era proprio il re del Belgio, sebbene agisse per proprio conto e non in nome della nazione.

Fu così che nel 1908, il 15 novembre, lo Stato Libero del Congo venne annesso allo stato belga.

L’intenzione era quella di porre fine ai soprusi e alle vessazioni in Africa, ma realtà risultò essere un tantino differente rispetto alle aspettative.

Sebbene non si sia più toccato l’apice di crudeltà del periodo dello Stato Libero del Congo nel neonato Congo Belga di certo non regnava la giustizia e l’equità.

Per questo nel 2020, il 30 giugno, re Filippo del Belgio ha inviato una lettera al presidente congolese per esprimere il suo rammarico

Sia per quanto fatto dal suo predecessore Leopoldo II, sia per le colpe dello stato belga.

Foto di WikiImages da Pixabay

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