30 febbraio 1712, è esistito davvero ma solo in Svezia!

30 febbraio 1712, è esistito davvero ma solo in Svezia!

(30 febbraio 1712) Articolo scritto da E.T.A. Egeskov per Pillole di Cultura e Il crogiuolo

Il 30 febbraio non è un errore di battitura ma un unicum nella storia, accaduto nel 1712 e soltanto in Svezia.

SOMMARIO

In un precedente articolo abbiamo raccontato di un giorno che non è mai esistito.

Si trattava del 30 dicembre 2011 e l’evento aveva riguardato le isole Samoa e le Tokelau.

In quel caso si era trattato di spostare la linea del cambiamento di data e per farlo nelle due nazioni del Pacifico era stato cancellato un giorno.

Nel caso svedese, invece, è stato aggiunto eccezionalmente un altro giorno a febbraio.

Trattandosi di un anno bisestile al 29 febbraio non è seguito il 1 marzo come da consuetudine ma un eccezionale 30 febbraio.

30 febbraio 1712. I giorni di febbraio

Tutti quanti ricordiamo la filastrocca dei mesi imparata sui banchi di scuola delle elementari.

30 giorni a novembre con april, giugno e settembre, di 28 ce n’è uno, tutti gli altri ne han trentuno.

E il mese che ha 28 giorni lo sappiamo tutti è febbraio, anomalo rispetto a tutti gli altri per la sua lunghezza (o per quanto è corto se volete!).

Sappiamo anche che negli anni bisestili febbraio si allunga e finisce con l’avere 29 giorni, proprio come capita in questo 2024.

Perché ogni quattro anni (periodo bisestile) febbraio ha un giorno in più?

Per compensare il calcolo dei giorni che compongono un anno.

Noi diciamo che un anno ha 365 giorni, ma ci dimentichiamo delle ore e dei minuti.

Dunque ogni quattro anni aggiungiamo un giorno per fare in modo che il calendario umano corrisponda con quello astronomico.

30 febbraio 1712. Calendario Gregoriano e Calendario Giuliano

Quello che utilizziamo oggi in quasi tutto il mondo (almeno in quello occidentale) è il calendario definito Gregoriano.

Ovvero quello varato da Papa Gregorio XII dal quale ha preso il nome.

Nel 1582 il papa si accorse che il calendario umano non era più allineato con quello astronomico e decise quindi di riallinearli.

Il precedente calendario utilizzato era quello detto Giuliano, ovvero quello varato da Giulio Cesare circa sedici secoli prima.

Con l’andare del tempo il Calendario Giuliano era andato avanti di 10 giorni rispetto a quello astronomico.

Questo perché in realtà l’anno solare dura 365 giorni, 5 ore e 49 minuti e 16 secondi.

Aggiungendo un giorno ogni quattro è come se si dicesse che mediamente ogni anno dura 365 giorni e 6 ore esatte.

Va da sé che ogni anno si guadagnano 10 minuti e 44 secondo che moltiplicati per circa 1600 anni fanno grossomodo 10 giorni.

Per questo motivo papa Gregorio XII decretò dopo il 4 ottobre del 1582 anziché seguire come di consueto il giorno 5 ci fosse invece il giorno 15 ottobre.

In questo modo vennero riallineati i due calendari, umano e astronomico.

30 febbraio 1712. La resistenza protestante

Se in tutti i paesi a maggioranza cattolica venne immediatamente adottato il Calendario Gregoriano altrettanto non avvenne nei paesi protestanti.

Per ragioni di opportunità politica in tanti stati si preferì mantenere, almeno per un po’ il vecchio Calendario Giuliano.

Con il tempo e la necessità di raccordare le date anche per via dei commerci sempre più fitti fra nazioni molti stati prostentanti passarono al Calendario Gregoriano.
Ognuno lo fece in medi e modi differenti.

Il caso della Svezia rimane unico e irripetibile.

30 febbraio 1712

30 febbraio 1712. Il pasticcio svedese

In Svezia nel 1699 si decise dunque di abbandonare il Calendario Giuliano per adottare quelle Gregoriano.

Contrariamente a quanto fatto nei paesi cattolici non si optò per la soluzione di cancellare 10 giorni dal calendario saltandoli a piè pari.

Si preferì invece un approccio più morbido cancellando soltanto il giorno 29 febbraio degli anni bisestili dal 1700 al 1740.

Ovvero un giorno ogni 4 anni per un totale di 10 giorni in 40 anni.

Così nel 1700 si passò dal 28 febbraio al 1 marzo saltando il 29 febbraio.

Purtroppo nel 1704 e nel 1708 gli svedesi, presi da faccende belliche, si dimenticarono di saltare il 29 febbraio (erano entrambi anni bisestili).

In questo modo si sarebbe dovuto allungare il tempo di cancellazione del 29 febbraio sino al 1748 per far quadrare i conti.

30 febbraio 1712. Aggiungere il giorno tolto

Avendo constatato la difficoltà ad adottare il Calendario Gregoriano in Svezia di decise dunque di tornare al Calendario Giuliano.

A quel punto però il calendario svedese era sfasato di un giorno rispetto al Calendario Giuliano universalmente adottato.

Questo perché nel 1700 aveva saltato il 29 febbraio.

Si decise dunque che nel 1712 si sarebbe recuperato il giorno perso e si decise che quell’anno febbraio avrebbe avuto 30 giorni.

Essendo infatti il 1712 un anno bisestile febbraio avrebbe già avuto 29 giorni, aggiungendone un altro si arrivava dunque a 30.

E fu così che per una sola volta nella storia della Svezia febbraio si compose di 30 giorni, restando un unicum irripetibile per sempre.

Per la cronaca gli svedesi si pentirono presto di tale decisione e già nel 1753 tornarono sui loro passi adottando il Calendario Gregoriano.

Memori dei pasticci degli inizi XVIII secolo decisero di passare dunque dal 18 al 28 febbraio di quell’anno.

30 febbraio 1712. Febbraio da 30 giorni già nella R|oma antica?

Per quanto possa sembrare incredibile il caso svedese non è l’unico ad aver annoverato un 30 febbraio sul calendario.

In Unione Sovietica nel 1929 si decise di adottare il Calendario Rivoluzionario Sovietico.

Si trattava di un calendario composto da 12 mesi di 30 giorni ciascuno più 5 (o 6 nel caso di anni bisestili) festività che non rientravano in alcun mese.

Nel 1930 e nel 1931 vi fu dunque un 30 febbraio nel calendario sovietico, salvo poi fare retromarcia immediatamente.

Infatti dal 1932 anche l’Unione Sovietica tornò ad adottare il calendario standard con febbraio di 28 giorni (29 in caso di anno bisestile).

Anche il Calendario Copto si compone di 12 mesi da 30 giorni ciascuno.

A questi va aggiunto un breve mese intercalare alla fine dell’anno composto da 5 giorno (o 6 nel caso di anno bisestile).

Simile a quello Copto fu anche il Calendario Rivoluzionario Francese che però ebbe vita breve (dal 1792 al 1805).

30 febbraio 1712. Quello svedese non è stato l’unico 30 febbraio

Stando a quanto affermato dallo studioso Sacrobosco nel 1235 nell’antico calendario giuliano il mese di febbraio avrebbe avuto 29 giorni.

Ovvero 30 giorni negli anni bisestili, praticamente un giorno in più rispetto a quello del nostro calendario moderno.

Secondo lo studioso medievale fu l’imperatore Augusto a togliere un giorno a febbraio per “donarlo” al mese Sextilis che venne rinominato agosto.

Difatti Sextilis divenne Augustus proprio per onorare l’imperatore, così come Iulius fu chiamato così in onore di Giulio Cesare.

Avendo agosto in origine, secondo il Sacrobosco, solo 30 giorni l’imperatore Augusto decise di portarlo a trentuno.

Aggiunse dunque un giorno, secondo questa teoria, per renderlo lungo uguale al mese di luglio (dedicato a Giulio Cesare).

Per fare ciò tolse un giorno da febbraio riducendo quest’utiltmo da 29 a 28 giorni.

Dunque da 30 a 29 negli anni bisestili.

Va sottolineato come però questa teoria del Sacrobosco non abbia mai trovato alcuna conferma documentale.

Foto di Unif da Pixabay

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Rubicone: Alea iacta est o iacta alea est?

(Rubicone) Articolo scritto da Mos Maiorum per Pillole di Cultura

A gennaio dell’anno 49 a.C. Caio Giulio Cesare rompeva gli indugi e varcando il Rubicone in armi dava il via ufficiale alla guerra civile.

SOMMARIO

È senza dubbio uno degli episodi più celebri della storia tanto che è conosciuto anche da chi di storia non se ne intende proprio.

Nella notte fra il 10 e l’11 gennaio (o fra l’11 e il 12 gennaio secondo altre fonti) del 49 a.C. Giulio Cesare varcò il fiume Rubicone.

Con quel gesto all’apparenza insignificante cambiò il suo destino, quello di Roma e del mondo intero.

Rubicone. Un confine invalicabile

Nel I secolo a.C. Roma occupava ormai gran parte del Mediterraneo e tutta la penisola italiana era ormai romanizzata.

Anche se una parte dell’attuale Italia era ancora suddiva in province (ad esempio la Gallia Cisalpina).

Il confine fra la provincia a nord e il territorio “urbano” di Roma era considerato sacro e inviolabile.

E soprattutto non valicabile dai generali in armi con i loro eserciti.

Questo a difesa della città di Roma in modo che nessun generale potesse entrarvi armato con la tentazione di prenderne possesso.

A Roma era ancora fresca la memoria di quanto accaduto solo qualche decennio primo ai tempi di Mario e di Silla!

A ridosso della Via Aemilia scorreva un piccolo corso d’acqua torrentizio chiamato Rubicone.

Un piccolo fiume che nasceva dalle colline romagnole (intorno a Sogliano) e sfociava nel mar Adriatico.

Quel piccolo corso d’acqua di chiamava Rubicone e segnava il confine fra Roma e la provincia della Gallia Cisalpina.

Rubicone. Un gesto eclatante

Ricordiamo che all’inizio di quel 49 a.C. Giulio Cesare era in aperto contrasto con il Senato di Roma.

Quest’ultimo gli aveva intimato di cedere il controllo della Gallia Cisalpina e di fare ritorno a Roma da semplice cittadino.

Rubicone

Cesare, trionfatore dei Galli, aveva ben altri progetti e rifiutò l’ordine del senato accampandosi nei pressi di Cervia.

Proprio a nord del fiume che segnava il confine fra la provincia della Gallia Cisalpina e Roma.

Dopo aver riflettuto a lungo sul da farsi proprio ai primi di gennaio il generale romano ruppe gli indugi varcando il Rubicone.

Ciò significava andare contro il Senato di Roma e di fatto iniziare una guerra civile.

Rubicone. Il dado è tratto

Alea iacta est (o come riporta Svetonio “iacta alea est”) non è altro che una traduzione latina della frase pronunciata in greco da Giulio Cesare.

In italiano può essere tradotta correttamente con “il dato è stato lanciato”.

O nella formulazione più comune con la frase “il dado è tratto”.

Il riferimento ovvio è quello al gioco dei dadi dove si poteva scommettere finché i dadi non venivano lanciati.

A quel punto non si poteva far altro che aspettare che i dadi si fermassero per valutarne il punteggio.

Così fu per quel gesto, compiuto il quale non vi era più possibilità di ripensamenti o di ritorno allo status quo.

Qualunque cosa fosse successa poi, Cesare non sarebbe più potuto tornare quello di prima.

O avrebbe vinto lui oppure il Senato.

Tutti sappiamo come finì, ma in quella fredda notte di gennaio fu davvero come lanciare i dadi in una partita che per lui aveva il valore della vita.

Rubicone. Si ma quale?

Quasi ventuno secoli dopo quella notte ancora oggi è impossibile stabile con certezza dove scorresse il fiume varcato da Cesare.

Sulle cartine dell’Emilia Romagna è segnato un fiume dal nome Rubicone ma secondo molti non si tratta di quello attraversato da Giulio Cesare.

Piuttosto l’antico fiume dovrebbe essere rintracciato nell’odierno Pisciatello (un piccolo corso d’acqua che scorre a fianco del Rubicone).

Il problema è che le fonti di allora non possono essere così precise da non lasciare dubbi.

E in oltre due millenni i fiumi hanno subito variazioni dovute a straripamenti e piene che ne hanno mutato gli alvei.

E a volte anche spostato il letto in modo significativo.

Dunque a tutt’oggi non v’è certezza se il fiume storico corrisponde al fiume che oggi ne porta il nome, al Piasciatello o a un altro corso d’acqua che scorre nei pressi.

Ma poco importa, si tratterebbe solo di posizionare il punto del passaggio del Rubicone di qualche chilometro più in qua o più in là.

Rubicone. Per sempre nella storia

Ciò che conta è il gesto e il suo significato simbolico, tanto da essere entrato per sempre nella storia e nella cultura popolare.

Ancora oggi si usa l’espressione varcare il Rubicone per indicare il compimento di un’azione che ha più vie di ritorno.

Un passo decisivo che non può in alcun modo essere cancellato.

Persino nella lingua inglese è rimasta traccia di quella notte così lontana dalla terra d’Albione.

To cross the Rubicon” significa appunto varcare un punto di non ritorno.

Andare oltre significa non poter più tornare indietro.

Foto di Clemens van Lay su Unsplash

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Capodanno, perché si festeggia il 1 gennaio?

(Capodanno) Articolo scritto da E.T.A. Egeskov per Pillole di Cultura

Il 1 gennaio nel mondo occidentale, e non solo ormai, è ufficialmente l’inizio del nuovo anno. Ma da quando è così? e chi lo ha stabilito?

SOMMARIO

Il 1 gennaio è sicuramente una delle feste più diffuse e condivise del pianeta.

Iniziare un nuovo anno è certamente un momento simbolicamente importante.

E meritevole di festeggiamenti.

Ma chi ha deciso che il capodanno dovesse essere proprio il 1 gennaio?

Capodanno. Il Calendario Giuliano

Secondo la tradizione fu Giulio Cesare che nel 46 a.C. riformò il calendario dando vita a quello che sarebbe stato conosciuto come Calendario Giuliano.

Fu proprio in quell’occasione che il dittatore Cesare volle far coincidere l’inizio dell’anno con l’entrata in carica dei consoli.

Infatti occorre ricordare che i consoli romani entravano in carica il 1 gennaio.

L’anno però iniziava il 1 marzo.

Giulio Cesare decise dunque di far coincidere l’entrata in carica dei consoli con il primo giorno dell’anno.

Capodanno

Capodanno. Il mese di Giano

Il nome romano del mese di gennaio deriva dal dio Giano, la divinità bifronte.

Secondo alcuni studiosi è proprio grazie al dio Giano che il 1 gennaio è stato scelto come primo giorno dell’anno.

Giano, essendo bifronte, guarda sia avanti che indietro.

Si rivolge dunque al passato come al futuro.

Quale miglior modo per iniziare l’anno se non con il primo giorno del mese dedicato a Giano dunque?

Capodanno. Il caos medievale

Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente non vi fu solo l’imbarbarimento dei costumi.

Ne fecero le spese anche le infrastrutture, le città e le strade.

I collegamenti divennero più ardui e la nascita dei comuni portò a volersi distinguere gli uni dagli altri.

Anche nel modo di conteggiare i giorni e dunque persino nello stabilire il primo giorno dell’anno.

A Venezia si riprese l’antica usanza della Roma Repubblicana facendo iniziare l’anno il 1 marzo.

A Pisa e Firenze l’anno iniziava il 25 marzo (ipotetica data del concepimento di Gesù Cristo).

Nell’Impero Romano d’Oriente (e poi anche in Russia e in altre luoghi d’Europa) l’anno iniziava il 1 settembre.

In Francia si usava la data della Pasqua come inizio d’anno.

A tal proposito bisogna tener presente che la ricorrenza pasquale non cade ogni anno nello stesso giorno.

Pertanto la lunghezza degli anni francesi era molto variabile a seconda di come “cadeva” la Pasqua di volta in volta.

Vi era poi chi faceva iniziare l’anno il 25 dicembre, ovvero nel giorno di Natale.

Capodanno. Il Calendario Gregoriano mette tutti d’accordo

Come si è visto durante il medioevo a anche successivamente l’anno iniziava in tempi diversi a secondo dei luoghi.

Questo comportava notevoli problemi man mano che i commerci si intensificavano e le varie nazioni o città interagivano sempre più frequentemente.

La data spartiacque per un riordino generale in merito al Capodanno fu il 1582 con l’adozione del Calendario Gregoriano.

Avendo riallinetato il calendario umano con la posizione astronomica della terra si passò dal 4 al 15 ottobre 1582.

Nel contempo fu stabilito che l’anno sarebbe iniziato il 1 gennaio per tutta la cristianità (almeno quella cattolica).

Progressivamente quasi tutti i paesi si adattarono e di fatto il 1 gennaio è diventato universalmente il primo giorno dell’anno.

Foto di Flash Alexander da Pixabay

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