Presidenziali USA, un rebus elettorale difficile da capire

Presidenziali USA, un rebus elettorale difficile da capire

(Presidenziali USA) Articolo scritto da E.T.A. Egeskov per Politica e Geopolitica

Ascolta “Politica e Geopolitica. Puntata 1 – Presidenziali USA, un rebus elettorale difficile da capire” su Spreaker.

Sono iniziate in questo mese di gennaio le primarie per la scelta dei candidati per l’elezione del presidente degli Stati Uniti d’America che fra poco meno di un anno si insedierà alla Casa Bianca.

SOMMARIO

Prima di cercare di dipanare la complessa matassa di come si svolgono le elezioni americane è doveroso precisare chi ha diritto al voto.

Contrariamente a quanto accade nella maggior parte degli stati democratici, Italia compresa, non è lo stato americano a inviare le tessere elettorali.

Sono invece i singoli cittadini che devono prendersi la briga di registrarsi nelle liste elettorali.

Pena l’impossibilità di votare a novembre per l’elezione del presidente degli USA.

Presidenziali USA. Democratici o Repubblicani?

Una delle caratteristiche peculiari del sistema politico americano è quello, di fatto, di essere diviso fra due soli partiti.

Il partito Democratico (che noi chiameremmo progressista) e quello Repubblicano (per noi conservatore).

Presidenziali USA

Diversamente da quanto accade in Italia i partiti americani non hanno un grande peso nella vita politica quotidiana.

Diventano però determinanti in vista delle elezioni presidenziali soprattutto per determinarne i candidati.

Presidenziali USA. Le primarie

Le primarie sono una caratteristica tipica del sistema elettorale americano.

Riguardano ciascuno dei due partiti e sono regolamentate in modo differente stato per stato.

Occorre ricordare che gli USA si compongono di 50 stati federati fra loro ma che mantengono ampie autonomie interne.

Compreso tutto ciò che riguarda il sistema elettorale.

Ogni stato designa suoi rapprentanti alle due convention nationali, quella democratica e quella repubblicana.

In ognuna delle due sedi i rappresentanti voteranno il candidato che dovrà gareggiare per la presidenza.

Sebbene la scelta non sia vincolante in modo assoluto è prassi che il candidato che vince nello stato sia quello che sarà votato dai rappresentanti di quello stato.

Il candidato democratico che otterrà più voti alla convention nazionale dei democratici sarà il candidato presidente per i democratici.

La stessa cosa avviene per i repubblicani che scelgono in modo analogo il loro candidato

Presidenziali USA. I Grandi Elettori

Pur essendo una democrazia presidenziale quella americana ha la peculiarità che il presidente non è scelto direttamente grazie al voto popolare.

Infatti gli elettori, stato per stato, votano per il candidato scelto.

Il candidato che ottiene il maggior numero dei voti ottiene il corrispettivo di Grandi Elettori spettanti a quello stato.

Almeno nella gran parte dei casi, salvo alcune piccole eccezioni.

Ma chi sono i Grandi Elettori?

In pratica è lo stesso principio delle primarie.

Ogni stato ha a disposizione un numero di Grandi Elettori proporzionale alla sua popolazione.

Se in uno stato vince il candidato democratico tutti i Grandi Elettori andranno al candidato democratico.

Inversamente se a vincere è il candidato repubblicano si prende tutti i Grandi Elettori di quello stato.

Presidenziali USA. Rosso o Blu?

Tradizionalmente i due partiti vengono identificati con un colore.

Rosso per i repubblicani, blu per i democratici.

Prima o poi a chiunque sarà capitato di vedere la mappa degli USA colorata di rosso e di blu, stato per stato.

Quella mappa indica la prevalenza di un partito o dell’altro in ogni singolo stato.

Dunque il vincitore della contesa elettore presidenziale non è detto che sia il candidato che ha ottenuto più voti ai seggi.

Infatti può capitare che un candidato ottenga meno voti popolari ma che sia eletto presidente degli USA.

Questo perché magari ha ottenuto la vittoria in alcuni stati molto popolosi che garantiscono un numero di Grandi Elettori maggiori.

E magari quelle vittorie a livello statale le ha ottenute per poche migliaia di voti.

Ma visto il sistema elettorale maggioritario assoluto chi vince si prende tutto.

Presidenziali USA. Solo per chi è nato cittadino americano

Per potersi candidare alla presidenza degli USA occorre aver compiuto 35 anni e risiedere negli Stati Uniti da almeno 14 anni.

Ma soprattutto occorre essere nati cittadini americani.

Chiunque non sia nato cittadino americano ma lo sia diventato in seguito è escluso dalla corsa alla presidenza.

Clamorosa fu l’accusa rivolta a Barak Obama di non essere nato cittadino americano.

Allora fu Donald Trump a fomentare i dubbi in proposito, dubbi che sono peraltro stati ampiamente fugati.

Sebbene molti sostenitori del partito conservatore ancora oggi dubitino che Obama fosse eleggibile.

D’altro canto proprio in giorni giorni lo stesso Donald Trump ha sollevato dubbi sulla cittadinanza americana dalla nascita di Nikki Haley, sua rivale alle primarie repubblicane.

Presidenziali USA. Elezioni che interessano il mondo intero

Va da sé che le elezioni in un paese importante come gli Stati Uniti d’America interessino un po’ tutto il mondo.

Varrebbe lo stesso per Russia e Cina se già non si conoscessero i vincitori a priori!

Quelle di quest’anno negli USA sono però elezioni particolarmente sentite.

Perché i due probabili contendenti dovrebbero essere, salvo soprese, Joe Biden e Donald Trump.

Se quattro anni fa Biden a sopresa battè il favorito Trump (allora presidente uscente) oggi i sondaggi sono a favore del repubblicano.

E vista la situazione politica internazionale con la crisi ucraina, quella di Gaza e la situazione a Taiwan le elezioni USA sono attese con trepidazione da molti.

La riconferma di Joe Biden alla Casa Bianca lascerebbe tutto più o meno com’è ora.

Mentre il ritorno di Donald Trump alla presidenza lascia aperti interrogativi ed incognite su cosa faranno gli USA in politica internazionale.

A partire dall’Ucraina che potrebbe anche essere “abbandonata” al suo destino.

Per non parlare della crisi di Gaza dove Trump non ha mai nascosto le sue simpatie per l’estrema destra israeliana.

C’è poi l’incognita Cina, contro la quale Trump ha sempre tuonato a parole ma con la quale ha intessuto rapporti finanziari anche personali piuttosto discutibili.

Presidenziali USA. Una lunga corsa, forse non priva di sorprese

Siamo solamente all’inizio di questa lunga corsa e solo dal mese di marzo, con il Super Tuesday, forse si potrà cominciare a capire qualcosa di più sulle forze in campo, su un fronte come sull’altro.

Ci sono poi le inchieste giudiziarie a pesare come macigni.

Donald Trump è già stato escluso dalla corsa elettorale in Colorado a seguito delle vicende del 6 gennaio 2021 (assalto a Capitol Hill).

Si attende il ricorso alla Corte Suprema e nel frattempo altri stati stanno decidendo in merito.

Vi sono poi processi per reati finanziari che vedono imputato l’ex presidente americano.

Il quale però dovrà temere più di tutto il processo proprio sull’assalto a Capitol Hill.

Se tale processo dovesse giungere a termine prima delle elezioni e lo vedesse condannato perderebbe il diritto a concorrere alla presidenza.

Non ci vuole un genio per prevedere cosa potrebbe accadere nelle piazze americane con una simile risultanza.

Sul fronte democratico Joe Biden rischia un impeachment (poco probabile) che potrebbe nuocergli sul piano elettorale.

Ma soprattutto sono i guai giudiziari del figlio ad avergli fatto perdere il favore di parte del suo stesso elettorato.

Per non parlare delle gaffe che spesso compie in pubblico e dell’età che non gioca a suo favore.

Quello dell’età è un problema anche di Donald Trump, così come delle gaffe e di certi spaesamenti che non lasciano ben sperare.

Pensare che il futuro del mondo e dell’arsenale atomico più agguerrito sia nelle mani di due “vecchietti” confusi non ci lascia tanto tranquilli.

E la democrazia a stelle e strisce non ne esce granché bene, comunque andrà a finire!

Foto di Larisa da Pixabay

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Debra A. Haaland, donna simbolo del riscatto degli Indiani d’America

(Haaland) Articolo scritto da Amelia Settele per Persone e Storie

Debra Anne Haaland è la prima donna nativa americana ad essere scelta dal Presidente Biden come Segretario al Dicastero dell’Interno.

SOMMARIO

Dal 17 Dicembre 2020 – giorno dell’Inauguration Day – gestisce le risorse naturali, le riserve, i parchi e il patrimonio forestale. Ma soprattutto è a capo del ministero che ha il compito di tutelare le minoranze etniche e i programmi ad esse collegate. Sarà quindi la voce più consona al sostegno del 1.9 milione di nativi americani che vivono attualmente negli Stati Uniti, come anche per gli altri gruppi allogeni. Sotto la sua responsabilità passeranno anche le decisioni per cercare soluzioni concrete alla crisi climatica in atto, spesso trascurata nelle amministrazioni antecedenti.

Haaland. Emblema dei nativi americani

Eletta al Congresso degli Stati Uniti nel 2018, è l’emblema della rivincita delle tribù ed etnie native Americane. Joe Biden, anche attraverso la sua nomina, impronta la politica del nuovo governo verso un radicale cambiamento, volto all’integrazione e alla coesione di culture e razze diverse.

Debra Haaland è colei che dichiarò pubblicamente:

Un ex segretario del Dipartimento, che da oggi guiderò io, una volta proclamò “civilizzare o sterminarli”. Io sono la testimonianza vivente del fallimento di quell’orribile ideologia.”

Le sue parole ci riportano anche alla tremenda storia delle Residential Schools Canadesi, di cui mi ero occupata in precedenza (articolo qui), e del loro completo e profondo fallimento nella gestione e nell’integrazione tra i nativi americani e i colonizzatori.

Haaland. Le sue radici in Arizona

Debra infatti, nella sua vita ha sempre dovuto lottare per farsi valere come donna e come nativa.

Crescere nel villaggio di mia madre mi ha reso agguerrita. Sarò agguerrita per tutti noi, per il nostro pianeta, per le terre protette. Sono onorata e pronta a servire.”

Haaland

Nata in Arizona, i suoi genitori erano entrambi militari. La madre apparteneva alla tribù dei Laguna Pueblo- popolo che abitava i territori del New Mexico e dell’Arizona – mentre il padre di origini Norvegesi, era ufficiale dei Marines insignito della medaglia al valore per il suo contributo durante la guerra in Vietnam. Insieme ai suoi tre fratelli, ha sempre viaggiato molto a causa del lavoro dei genitori, ma le radici indiane hanno continuamente influenzato la sua vita. Madre single di una ragazza che ha cresciuto completamente sola, è riuscita a diplomarsi e poi laurearsi in Giurisprudenza alternando gli studi con il lavoro di vendita di prodotti alimentari.

Haaland. Nessuna voce come la sua

Donna forte e concreta, entrata in politica quasi per caso dopo non essere riuscita a superare l’esame d’avvocato. Incide con voce chiara e schietta la sua posizione e la sua volontà di portare le minoranze ad essere veramente ascoltate.

Sono Deb Haaland e il Congresso non l’ha mai sentita una voce come la mia…”

La sua nomina concretizza la sua posizione, divenendo essa stessa, strumento di propaganda per una nazione libera e capace di portare avanti un progetto d’uguaglianza e aggregazione. Come mai visto, finora.

Il Congresso, come il resto del mondo, non avevano mai ascoltato la sua voce. Ora è arrivato il momento di prestarle attenzione, per trarne ispirazione e stimolo.

Fonti:
  • Congresswoman Deb Haaland
  • Elle: chi è Debra Haaland, la prima nativa americana nominata da Joe Biden
  • IO Donna: chi è Debra Haaland, la prima nativa americana nominata in un governo Usa
  • Vanity Fair: Deb Haaland, la prima nativa americana nel governo degli Usa
AMELIA SETTELE

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