Huldufólk, il piccolo popolo islandese nascosto

Huldufólk, il piccolo popolo islandese nascosto

(Huldufólk) Articolo scritto da Amelia Settele per Pillole di Cultura

Ascolta “Misteri e leggende incredibili. Puntata 2 – La leggenda islandese degli Huldufólk” su Spreaker.

L’Islanda è un’isola magnetica e suggestiva tanto da riuscire a preservare una storia unica e particolare che narra degli Huldufólk.

SOMMARIO

Ovvero il popolo nascosto e invisibile agli occhi degli umani che abita da sempre le sue gelide e primitive terre.

Ancora oggi l’80% della popolazione islandese crede fermamente nella loro esistenza e il restante 20% non la esclude.

Huldufólk. Chi sono

Sono folletti che possono manifestarsi agli uomini qualora lo volessero o perché disturbati.

Vivono tra le rocce, nei campi di lava, o nelle piccole case che gli Islandesi costruiscono per loro.

E che i turisti possono trovare sia in mezzo a lande sperdute – incastrate in paesaggi mozzafiato – oppure negli agglomerati urbani come la capitale Reykjavik.

Huldufólk

Gli Huldufólk hanno una storia antichissima che attinge da varie fonti, dalla tradizione pagana a quella cristiana che vede protagonisti Adamo ed Eva.

Si narra infatti che quando Dio andò a trovarli, Eva gli nascose i suoi figli sporchi e non lavati, omettendo addirittura la loro esistenza.

Pertanto Dio sentenziò: “Ciò che l’uomo nasconde a Dio, Dio nasconderà all’uomo”.

Secondo altre fonti gli Huldufólk sono i figli di Lillith.

Una figura della mitologia ebraica che viene descritta come un potente demone della notte che rapisce i bambini nell’oscurità.

Oppure Angeli caduti costretti a vivere tra il paradiso e l’inferno.

Certo è, che sono molto considerati dagli Islandesi i quali cercano da sempre una convivenza pacifica tra il loro mondo e quello degli esseri invisibili.

Huldufólk. Come vivono

I piccoli elfi vivono in totale simbiosi con la natura e ne sono i suoi guardiani più attenti.

Gli Islandesi stessi prima di costruire un edificio o una strada, studiano attentamente il sito.

Perché se si manifestasse il dissenso da parte degli Huldufólk, quest’ultimi renderebbero palese il loro disaccordo.

Producendo, ad esempio incidenti o malfunzionamenti dei macchinari impegnati sul cantiere in apertura.

Se dovessero verificarsi simili accadimenti imputabili ai folletti, tutto si fermerebbe per rispetto della loro volontà.

Il caso più famoso fu quello del 2014 quando venne interrotta la costruzione di una strada di collegamento perché si ritenne che la terra sottoposta ai lavori fosse abitata dagli Huldufólk.

Nel 2004 invece, una multinazionale Americana che aveva la concessione per l’edificazione di una nuova fabbrica, dovette aspettare il beneplacito del funzionario locale.

Il quale aveva l’impegno di controllare che il sito in questione non fosse abitato dal popolo invisibile.

Qualora se ne fosse accertata la presenza, il sito sarebbe stato isolato e i lavori bloccati, perché sia chiaro: gli Huldufólk odiano essere disturbati!

Molti islandesi dicono di sognarli spesso e gli elfi appaiono con i vestiti tipici islandesi del XIX secolo sempre e solo di colore verde.

Huldufólk. Amano le feste

Di questo misterioso popolo si narra anche che amino stare in compagnia e fare baldoria, convolare a nozze e non trovarsi mai ad un incrocio.

Prediligono alcune feste comandate degli umani, come il Capodanno.

Infatti molti islandesi, durante i festeggiamenti dell’ultimo dell’anno, lasciano appositamente del cibo e delle candele fuori le loro abitazioni, per aiutare gli elfi a trovare sostentamento e nuovi luoghi dove abitare.

Leggende e folklore così lontani da noi e dalla nostra cultura, rendono ancora più magica questa storia.

La quale ha i contorni sfumati come se fosse sfiorata dalla polvere delle fate e il tintinnare perenne dei cappelli verdi degli elfi.

Curioso pensare che sia quasi sacrilego lanciare una pietra in Islanda perché si teme di poter ferire un elfo invisibile.

Come è suggestivo perdersi tra le pagine di questi racconti, immaginando di essere proprio lì dove tutto ha avuto inizio e dove nessuno teme di sognare ancora mondi paralleli e amici invisibili.

Certo è che queste narrazioni, soprattutto durante il periodo Natalizio, rendono ancora più magica l’atmosfera.

Fonti:

  • Wikipedia: Gli Huldufòlk
  • Federico Lucchesi.com: Gli Huldufòlk, il Popolo nascosto
  • Bellascandinavia.com: Huldufòlk, il Popolo nascosto

Foto di Wolfgang Eckert da Pixabay

AMELIA SETTELE

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Fumone, ghost and legend in the castle

(Fumone) Articolo scritto da Amelia Settele per Pillole di Cultura e Misteri e Leggende incredibili

Famoso è il suo Castello che ha tutti gli ingredienti per definirsi “magico”, non solo per bellezza strutturale ma anche perché intriso di storia, leggende e… fantasmi!

SOMMARIO

Fumone è un piccolo paese in provincia di Frosinone.

Il centro storico è situato su un colle rialzato e ben visibile anche da notevoli distanze.

Tanto che nelle giornate di cielo terso e limpido si possa ammirare un panorama spettacolare.

Si riesce a scorgere Roma e (addirittura) il profilo del Vesuvio. 

È “incastrato” tra Fiuggi e Alatri e le sue origini sono antichissime.

Fonti attendibili narrano che la sua fondazione risalga a Tarquinio Il Superbo (V secolo a.C.) il quale vi trovò rifugio, dopo essere stato bandito da Roma.

Fumone. Castello in posizione strategica

La sua posizione rialzata (e privilegiata) permise ai suoi abitanti di avere un ruolo fondamentale nella difesa del territorio circostante.

Tanto da venir forgiato un antico detto popolare che racconta l’importanza strategica che nei secoli, ha avuto questo luogo:

«Se Fumone fuma, tutta la Campagna trema!»

A voler significare che all’avvistare del fumo – messaggero esiziale di devastazione e pericolo – dalle alte torri del paese, le città vicine dovevano prepararsi a difendersi.

Fumone

Per Campagna – in latino: Campaniæ Maritimæque provincia – invece, s’intende una divisione amministrativa dello Stato Pontificio.

Famoso è il suo Castello che ha tutti gli ingredienti per definirsi “magico”.

Non solo per bellezza strutturale ma anche perché intriso di storia, leggende e… fantasmi!

Il Castello Longhi è infatti il luogo più noto del paese e attira da anni molti turisti e curiosi.

Visitatori che s’inoltrano tra le stanze della fortezza accompagnati da guide preparate e competenti in grado di portare il visitatore tra i luoghi della roccaforte come se fossero a spasso nel tempo”.

Fumone. Le origini

Le origini del Castello sono avvolte nel mistero e cavalcano la storia.

Nel X secolo d.C. attraverso la donazione dell’Imperatore di Germania – Ottone I – la Santa Sede, nella persona dell’allora Pontefice Giovanni XII, divenne proprietaria della Rocca.

Per oltre 500 anni, il Castello fu adibito e usato come prigione Pontificia per prigionieri politici e avamposto militare di controllo. 

Tra i molti (sfortunati) reclusi ci furono: Maurizio Bordino – antipapa noto con il nome di Gregorio VIII – giustiziato e sepolto nel Castello, il cui suo corpo non fu mai ritrovato.

Il più celebre prigioniero fu Papa Celestino V (conosciuto anche come Pietro l’eremita da Morrone) che venne fatto prigioniero nel 1295.

Fumone

L’anziano Pontefice – eletto alla veneranda età di 86 anni – per un puro gioco di potere tra le famiglie cardinalizie dei Colonna e gli Orsini, si arrese presto alla pressante vita da vicario di Cristo e decise di abdicare.

Non era mai accaduto prima nella storia della Chiesa.

Al suo posto venne eletto Papa Bonifacio VIII, il quale presto si rese conto che la sua elezione era illegittima e pertanto trovò come unica soluzione l’arresto dell’anziano Pontefice.

Celestino V visse in una cella angusta, quasi murato vivo e perì il 12 Maggio 1296. Da allora il Castello non venne identificato solo come fortezza militare, ma anche come luogo spirituale vista la presenza della tomba di Celestino.

Fumone. La famiglia Longhi

Col tempo la roccaforte perse prestigio e la trascuratezza iniziò ad essere visibile su tutta la struttura.

Solo nel 1584, Papa Sisto V decise di affidare il Castello ai Marchesi Longhi, famiglia aristocratica romana.

Fumone

I nuovi proprietari decisero di apportare migliorie al Castello.

Crearono un bellissimo e grandissimo giardino pensile (secondo per estensione e primo in altezza, in Europa).

Il bellissimo “giardino sospeso” ha al suo centro una pietra che se calpestata si narra, porti fortuna.

Il Castello Longhi custodisce ed espone anche un bozzetto della statua di Paolina Bonaparte, lavorato dal Canova.

Fumone. La leggenda del marchesino e di sua madre

Se visita il Maniero si passeggia nella storia e nelle leggende, come quella del Marchesino Francesco Longhi e della madre Emilia.

Nel 1851, i Marchesi Giovanni Longhi ed Emilia Caetani subirono la perdita del loro amatissimo ultimogenito, Francesco.

Il piccolo – di appena 3 anni – perì nel suo letto dopo atroci sofferenze senza nessuna diagnosi certa.

La madre, folle di dolore, impedì la classica sepoltura perché impensabile per lei allontanarsi da quel corpicino esanime.

Lo fece imbalsamare e il dolore la lacerò fino alla morte.

Fumone

Tutt’oggi il corpo del piccolo riposa in una teca, ben conservato, insieme ai suoi giocattoli preferiti.

Solo successivamente si scoprì che a uccidere il Marchesino non fu nessuna malattia, ma la cattiveria e l’invidia delle sorelle più grandi.

Per questioni d’eredità decisero di avvelenarlo, contagiando il cibo del fratellino con piccole dosi di veleno e frammenti di vetro finemente sminuzzato.

Una morte inspiegabile e atroce accompagna la leggenda del suo fantasma che si manifesterebbe ancora all’interno del castello.

Alla perenne ricerca dell’amata mamma Emilia.

Testimonianze raccontano che anche il fantasma di quest’ultima si aggiri ogni notte tra le mura del maniero per far visita al corpo del figlio.

Per accudirlo e proteggerlo.

Avendo avuto il privilegio di visitarlo posso scrivere con certezza che tra quelle mura il mistero come l’austerità della storia, non lasciano indifferenti nessun visitatore che entra cosciente di fare un salto nel tempo tra magia e spiritualità.

AMELIA SETTELE

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Alga Marimo e la sua leggenda. Discover the secrets in the world

(Marimo) Articolo scritto da Amelia Settele per Pillole di Cultura

Ascolta “Il crogiulo. Puntata 1 – L'Alga Marimo e la sua leggenda” su Spreaker.

La storia che sto per raccontarvi affonda – letteralmente – le sue radici in un lago. Protagonista di questa leggenda è una simpatica alga a forma sferica dall’intenso colore verde scuro, comunemente conosciuta col nome di Marimo.

SOMMARIO

Marimo in lingua giapponese significa biglia (Mari: biglia, Mo: pianta acquatica), appellativo datole intorno al 1820 dal botanico giapponese Tetsuya Kawakami.

Scientificamente appartiene alla famiglia delle Cladophoraceae, il cui nome per inciso è: Cladophora Aegagropila.

Marimo. Alga palla

L’alga palla oltre al suo intenso colore, è formata da sottilissimi e morbidi fusti che assorbono nitrati e nitriti presenti nell’acqua, convertendoli in ossigeno.

Proprio durante il processo di fotosintesi clorofilliana- se osservata alla luce – si possono notare piccole sfere di ossigeno attaccate ai fusti, che vengono emesse dall’alga.

Durante la fotosintesi l’alga palla si lascia fluttuare nell’acqua, come se danzasse. Questo ondeggiare ipnotico prende il nome di “Danza del Marimo”, particolare che la rende ancora più affascinante. 

Ha una crescita lentissima che non supera i 5mm l’anno e la grandezza dei suoi esemplari di solito si aggira tra i 3 e i 10 cm.

È una pianta acquatica davvero longeva, può arrivare a vivere oltre 200 anni!

Marimo. Tesoro Naturale Giapponese

Solo tre laghi al mondo, hanno l’habitat perfetto per ospitare le colonie di questa alga e si trovano in: Giappone, Estonia e Islanda. Vive sui fondali temendo la luce diretta del sole e non paventa le temperature fredde.

Marimo

Fu scoperta intorno alla prima metà del 1800.

Proprio dal botanico che le diede anche il nome – Tetsuya Kawakami – sulle sponde del lago Akan.

Il suo eccezionale rinvenimento, divenne ben presto d’interesse nazionale.

Nel 1921 il Governo Nipponico dichiarò il Marimo Tesoro Naturale Giapponese” e specie protetta.

Inaugurando anche un museo dedicato all’alga palla e alla sua storia.

Troppe persone spinte dalla curiosità e dalla leggenda ad esso legata, si riversarono sulle rive del lago per cercare di appropriarsi (anche in modo non legale) di un esemplare di questa alga.

Procurando di fatto, un grave danno all’ecosistema delle colonie, che vennero colpite duramente anche dalla costruzione di una centrale idroelettrica poco distante dallo specchio d’acqua, sempre in quegli anni dei primi del 900.

Intorno alla metà del secolo scorso invece, proprio gli abitanti del luogo compresero il grave pericolo in cui riversavano le colonie si attivarono per proteggerle e salvaguardarle il più possibile.

Venne così istituto anche il Festival del Marimo.

Famoso e celebrato, ancora oggi (pandemia permettendo).

Marimo. Simbolo di buon auspicio

Da sempre il Marimo oltre alla sua importanza nell’ecosistema dei luoghi dove si sviluppa, è simbolo di buon auspicio e di amore eterno.

Viene donato solo a chi si vuole bene – infatti vista la sua secolarità, le famiglie lo tramandato di generazione in generazione – come se fosse un talismano in grado di favorire la longevità e l’abbondanza.

È considerato un potente portafortuna e sembrerebbe riuscire a esaudire i desideri di chi lo dona e di chi lo riceve.

Marimo

Sopra ogni cosa, a quest’alga è legata una leggenda giapponese bellissima e struggente che voglio raccontarvi e inizia, così:

C’erano una volta due giovani perdutamente innamorati. Le famiglie di entrambi però, osteggiavano il loro rapporto. Un giorno la coppia decise di fuggire lontano, ritrovandosi sulle sponde del Lago Akan. Sulle rive del lago i due ragazzi si giurarono amore eterno e i loro cuori si trasformarono in due Marimo, così da poter vivere uno accanto all’altra per l’eternità…”

La leggenda dei due innamorati ha permesso a questa pianta di diventare il simbolo di chi si ama. 

Il Marimo infatti viene donato solo a chi si vuole veramente bene, perché emblema di un rapporto profondo e duraturo.

marimo

Marimo. Regole per il mantenimeno

Adottare o ricevere in dono un Marimo, comporta il rispetto di semplici e basilari regole:

  • Mantenerlo sempre in un recipiente rigorosamente di vetro e immerso nell’acqua
  • Non esporlo alla luce diretta del sole e ospitarlo in un luogo fresco
  • Cambiare l’acqua ogni due settimane circa, aggiungendo di tanto in tanto dell’acqua frizzante per agevolarne “la danza” e la fotosintesi clorofilliana.
  • Pulire il contenitore con attenzione per rimuovere (eventuali) residui di calcare
  • Rigirare saltuariamente e con delicatezza il contenitore come a simulare il ritmo delle onde.

Le semplici e basilari regole per una buona manutenzione del proprio Marimo, hanno facilitato l’arrivo dell’alga palla in molte case (compresa la mia!).

Certo è che questa pianta acquatica è entrata nell’immaginario collettivo per molteplici fattori, dalla leggenda a cui è legato, alla dolce e ammaliante danza che dona splendore al suo “abbraccio” con l’acqua e al perenne ricordo di un amore immortale.

Offrendo un tocco di originalità che cattura e incanta sia chi lo dona e chi lo riceve…


Fonti:
  • Casa Natura: L’alga degli innamorati
  • Inspirando: Marimo, l’alga palla che arriva dal Giappone
  • Fatti strani: La soffice alga marino si sviluppa…
AMELIA SETTELE

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Roopkund, il lago degli scheletri

(Roopkund) Articolo scritto da Amelia Settele per Pillole di Cultura e Misteri e Leggende incredibili

Per narrarvi i misteri di questa storia dovete accompagnarmi sull’Himalaya e più precisamente nello Stato Indiano di Uttarakhand. Qui si trova il Lago Roopkund, denominato anche il lago degli scheletri e dei misteri.

SOMMARIO

Situato nel ventre del massiccio di Trishul, è di origini glaciale e si trova a circa 5020 metri di altitudine.

Pur essendo stato classificato come lago, per la capienza e la profondità (che non supera i 3 metri) ha le caratteristiche più vicine a quelle di uno stagno. 

La zona è completamente disabitata e impervia, la natura domina il sito tra ghiaccio, rocce e … scheletri.

La particolarità del Lago è nell’essere custode di centinaia di ossa umane e arcani enigmi.

Quando il ghiaccio si scioglie, il Lago riporta alla luce centinaia di ossa.

È in questa capsula di ghiaccio, quasi perennemente abbracciata dalla neve, che riposano decine e decine di antichi resti umani.

Roopkund. La scoperta

Sebbene si abbiano notizie sullo Skeleton Lake – il lago degli scheletri – già dal IX secolo, l’ufficialità della scoperta viene datata nel 1942 quando il ranger Hari Kishan Madhwal scoprì i resti ossei che fluttuavano sul pelo dell’acqua.

Con il passar dei giorni e con il maggiore scioglimento del ghiaccio, il lago continuò a restituire altri resti umani, insieme a schegge di lance, manufatti in legno e anelli, brandelli di tessuto umano e capelli, vestiti e pantofole di cuoio.

Le autorità Britanniche – visto il periodo storico – inizialmente ipotizzarono che fossero cadaveri di soldati Giapponesi morti durante il tentativo di valicare i confini Indiani, per cercare di attuare una vera e propria invasione.

Terrorizzato da tale supposizione, il Governo Inglese avviò un’indagine inviando degli esperti sul luogo della scoperta.

Quest’ultimi decretarono che le ossa erano molto antiche e non potevano appartenere ai soldati nipponici.

Da quel momento il lago divenne il fulcro di misteriose storie, scarse prove concrete e la certezza della sua unicità.

Un cimitero tra i ghiacci che per circa 300 persone – senza un motivo apparentemente sensato – fu luogo di morte tra gelo e pietre.

Roopkund

Perché si erano recate in questo posto così proibitivo e pericoloso?

Come erano decedute?

Dal 1950 ai giorni nostri sono state diverse le spedizioni organizzate da team di studiosi sul lago Roopkund.

Esplorazioni volte ad analizzare i resti, per trovare risposte realistiche così da poter dissipare l’alone di mistero e folklore che aleggia su questo sito, così unico e particolare.

Roopkund. Le diverse supposizioni

All’inizio si ipotizzò che tutti i cadaveri rinvenuti fossero morti nello stesso momento e per la stessa causa. 

Poi si suppose che il lago Roopkund era stato per millenni una fossa comune, che aveva dato eterno riposo alle vittime di un’ipotetica epidemia, o di un suicidio collettivo.

Altri invece sostenevano che il Lago fosse un luogo sacro, utilizzato per sacrifici religiosi.

Le vittime di tali riti venivano condotte sin lassù per immolarsi durante le cerimonie.

Altre tesi spingono a credere che il Lago sia invece solo un luogo di passaggio per arrivare a compiere il pellegrinaggio al Nanda Devi – considerata una delle montagne più sacre dell’India.

Sin dalla notte dei tempi, a questa montagna sono legate storie demologiche e potenti energie, in grado di richiamare molti pellegrini per visitarla. 

L’atmosfera che aleggia sul Nanda Devi (in italiano: Dea dispensatrice di Beatitudine- Dea della Gioia) sembrerebbe donare concentrazione e vigore utili per la meditazione.

Il Governo Indiano non ha mai rilasciato facilmente autorizzazioni per scalarla e/o per compiere il pellegrinaggio alla montagna, a causa dei rapporti tesi con la Cina.

È necessario ricordare che questa barriera Himalayana è considerata un territorio molto delicato, perché confina a Nord con l’altopiano del Tibet e a Sud con la pianura del Gange.

Roopkund. Cosa scoprirono gli studiosi

Certo è che per i circa 300 resti umani ritrovati, poche erano le certezze e troppe le supposizioni. Utili e concreti sarebbero stati solo e soltanto gli studi e le ricerche sui reperti.

Purtroppo c’è da dire che oltre i ricercatori- in tutti questi anni – spesso si sono succeduti anche curiosi poco attenti che, per toccare i resti che l’acqua ha restituito alla storia, hanno alterato di fatto la zona dei ritrovamenti. 

Inoltre diversi scheletri sono stati utilizzati per creare delle inquietanti composizioni ossee (ancora visibili accanto alle sponde del lago) e altri, depredati. 

Queste alterazioni portate avanti da mani inesperte non solo hanno concretamente influenzato lo scenario originale del lago, ma anche influenzato negativamente il risultato su alcuni esami effettuati.

Roopkund

Analisi che sono emerse alterate proprio a causa di queste manipolazioni avvenute sulle spoglie.

Tanto da compromettere la conservazione naturale del sito stesso.

Dopo questa doverosa precisazione posso tornare a rivelarvi cosa gli studiosi sono riusciti a scoprire sugli scheletri.

Si è rinvenuto che in realtà nel lago riposavano due gruppi etnici distinti. Separati non solo per razza, ma anche per periodo storico, infatti:

  • sul primo gruppo di scheletri analizzati, gli studi hanno affermato che provenivano dall’Asia Meridionale (India, Bangladesh, Nepal) e incontrarono la morte nei pressi del Roopkund tra il VII e il X secolo. (Solo uno scheletro venne identificato come appartenente alla zona più Orientale dell’Asia – Giappone, Cina, Indonesia)
  • Mentre il secondo gruppo proveniente dal Mediterraneo (Grecia, Iran e Creta) sopraggiunse nei pressi del lago per incontrare il proprio triste destino, tra il XVI e il XIX secolo.

In entrambe le compagnie erano presenti sia donne che uomini.

Sono tutti morti nello stesso luogo, ma con uno “scarto temporale” di circa 1000 anni gli uni dagli altri.

Le analisi hanno rilevato anche l’assenza di agenti patogeni utili per confermare un’epidemia.

Quello che invece è sopraggiunto all’attenzione dei ricercatori sul “gruppo Asiatico” sono state delle lesioni riportate solo sul cranio e sulle spalle degli scheletri.

Compatibili con dei colpi “tondeggianti” sferrati dall’alto.

Una tesi che si è andata concretizzando nel tempo e ipotizza che la causa del decesso sia attribuibile a una violenta grandinata.

In pratica sulle teste di questi uomini, sarebbero letteralmente piovute dal cielo delle schegge di ghiaccio. 

Un profluvio di proporzioni impressionanti tanto fulmineo e veloce, da riuscire a ferirli fino a ucciderli.

Una tempesta di grandine che li avrebbe investiti e portati a una morte lenta e dolorosa.

Anche perché impossibilitati a trovare un rifugio utile per aver salva la vita.

Roopkund. La leggenda himalayana

A impreziosire questa teoria c’è un’antica leggenda tramandata tra le donne dell’Himalaya.

Leggenda che narra della furia di una Dea (Nanda Devi) che decise di castigare alcuni estranei che stavano profanando il suo Santuario.

Sussurrò l’anatema maledetto: “Farò piovere la morte su di loro”.

Scatenando così un temporale funesto con chicchi di pioggia duri come frammenti di ferro.

Casualità o strane coincidenze?

Quello che accomuna la leggenda con la tesi dichiarata dagli scienziati, non fa che rendere questo luogo ancora più enigmatico e oscuro.

Luogo dove il ghiaccio, il silenzio e il mistero custodiscono gli scheletri e le loro verità…


Fonti:

  • Storie Notturne Insieme: “Roopkund, il lago degli scheletri”
  • Fatti strani: “Il Lago Roopkund, l’inquietante specchio d’acqua colmo di scheletri…”
  • Focus: “I misteri di Roopkund”
  • Krishnadas: “Il Santuario del Nanda Devi”
  • Montagna.tv:” Roopkund. Il misterioso lago degli scheletri che non…”
AMELIA SETTELE

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