Residential Schools, un vergognoso genocidio dimenticato
(Residential Schools) Articolo scritto da Amelia Settele per Persone e Storie, Fatti e società e La Forza di indignarsi Ancora
Ascolta “La Forza di Indignarsi Ancora. Puntata 8 – Residential Schools, il genocidio dimenticato” su Spreaker.Un sistema scolastico volto a “civilizzare” i figli dei Popoli Indigeni Canadesi ovvero le Residential Schools.
SOMMARIO
- Residential Schools. Come sono nate
- Residential Schools. Cosa s’insegnava in quei collegi?
- Residential Schools. Oltre 150.000 bambini, 6.000 morte accertate
- Residential Schools. Thuth and Reconciliation Commission
- Residential Schools. Oltre il genocidio, il lucro
- Residential Schools. Una richiesta
Le prime Residential Schools vennero inaugurate in Canada nel 1876.
Per Residential Schools s’intende un sistema scolastico basato su una rete di collegi istituiti per “civilizzare” i figli dei Popoli Indigeni Canadesi: Inuit, First Nations, Metis.
In questi Istituti si è perpetrato un vero e proprio genocidio, sistematico e culturale.
Un genocidio, dimenticato dalla storia.
Residential Schools. Come sono nate
Le Residential Schools vennero fondate dall’Indigenous and Northern Affairs Canada, struttura governativa Canadese, dopo l’approvazione dell’Indian Act del 1876 – principale Legge canadese sugli Indiani, nella quale veniva definito chi fosse “indiano” e quali diritti e divieti avessero i nativi canadesi registrati.
Gli Istituti venivano amministrati e gestiti da alcune organizzazioni religiose come la Chiesa Cattolica Canadese, la Chiesa Anglicana Canadese e la Chiesa Unita del Canada.
Per la precisione le Residential Schools sul territorio Canadese erano 118 – di cui 79 dipendevano direttamente dalla Santa Sede.
Residential Schools. Cosa s’insegnava in quei collegi?
S’istruivano gli aborigeni a diventare dei “bravi occidentali”.
Si perpetrava una colonizzazione più che subdola e incisiva perché: obbligando i bambini a separarsi dalle rispettive famiglie, s’interrompeva di fatto ogni forma di coinvolgimento emotivo, educativo e culturale con le proprie radici.
S’impediva così la trasmissione e l’insegnamento della lingua, del patrimonio ancestrale di questi popoli alle loro nuove generazioni.
Tutto spacciato per “civilizzazione“, ma la storia che si nasconde tra quelle mura è di ben altra natura e sussurra, grida, scalcia per essere ricordata.
Perché nelle Residential Schools i bambini furono vittime di: umiliazioni verbali, abusi fisici, violenze sessuali, sperimentazioni di psicofarmaci, omicidi, sterilizzazioni.
Si millantava civilizzazione. Si attuavano nefandezze di ogni genere.
Residential Schools. Oltre 150.000 bambini, 6.000 morte accertate
Le informazioni raccolte e archiviate ci riportano ad un numero impressionante di piccole vittime.
Nel corso dei 120 anni in cui le Residential Schools furono operative, vennero allontanati dalle proprie famiglie più di 150.000 bambini.
6000 furono le morti accertate.
Circa 50.000 i bambini che invece scomparvero letteralmente nel nulla e più di 30.000 furono le cause inoltrate per abusi e violenze sessuali.
Nel 1907 la testata giornalistica “Montreal Star” pubblicò un’inchiesta nella quale si evidenziava che circa il 40% dei bambini ospitati nelle strutture moriva prima dei 16 anni.
Definì la situazione “una vergogna nazionale.”
Ma nulla mutò.
Anche nel 1912, Peter Bryce – medico e funzionario del Dipartimento della Salute in Ontario – denunciò quanto avveniva all’interno degli istituti, pubblicando il saggio: The Story of a National Crime: Being an Appeal for Justice to the Indians of Canada; the wards of the nation, our allies in the Revolutionary War, our brothers-in-arms in the Great War.
Ma nulla cambiò.
Residential Schools. Thuth and Reconciliation Commission
Perché nel corso di tutti questi anni, nessuno – dai familiari dei bambini, agli inservienti, alle istituzioni stesse, come alle figure religiose all’interno delle Scuole Residenziali – ha mai fatto nulla di concreto per fermare il genocidio?
Esplicativa è questa frase estratta dalla sintesi del rapporto finale della Truth and Reconciliation Commission (TRC: Commissione per la verità e la riconciliazione del Canada):
“Il governo canadese ha perseguito questa politica di genocidio culturale perché desiderava liberarsi dei suoi obblighi legali e finanziari nei confronti degli aborigeni e ottenere il controllo della loro terra e delle loro risorse. Se ogni persona aborigena fosse stata “assorbita nel corpo politico”, non ci sarebbero state riserve, trattati e diritti degli aborigeni.”
Ma voglio essere ancora più icastica per permettere alla verità di risaltare tra le pagine di questa storia, affermando che il sistema legislativo canadese non permetteva nessuna alternativa di miglioria o sospensione di questo programma, non tutelava le famiglie né tantomeno i bambini perché le vecchie normative canadesi dichiaravano che:
- Gli Aborigeni erano legalmente e moralmente inferiori (istituiva le Residential Schools anche per questo)- Federal Indian Act del 1874. Legge attualmente in vigore.
- Le famiglie indigene erano obbligate legalmente a firmare un documento che trasferiva i diritti di tutela suoi propri figli, alle scuole residenziali cristiane – Gradual Civilization Act, Legge del 1857. Inoltre chi rifiutava di firmare tale documentazione, veniva arrestato e perseguito con sanzioni economiche.
Il trasferimento legale dei diritti sui minori, comportava anche il trasferimento dei beni territoriali di quest’ultimi, in caso di morte.
Residential Schools. Oltre il genocidio, il lucro
Appena raggiunta la pubertà, molti gruppi di “ospiti” venivano sterilizzati.
Nel 1933 venne abrogata la Sterilization Law che ha permesso una poderosa e organizzata castrazione di massa dei ragazzi e ragazze nativi.
Nella British Columbia – provincia più Occidentale del Canada – la Sterilization Law è ancora attiva.
“Voglio sbarazzarmi del problema indiano. Non credo che il paese debba proteggere continuamente una classe di persone che sono in grado di stare da sole … Il nostro obiettivo è continuare fino a quando non ci sarà un solo indiano in Canada che non sia stato assorbito nel corpo politica e non c’è questione indiana, e nessun dipartimento indiano, questo è l’intero oggetto di questo disegno di legge.” Duncan Campbell Scott, Dipartimento degli affari indiani, 1920.
L’ultima Residential Schools venne ufficialmente chiusa nel 1996.
Il Governo Canadese ufficializzò le scuse alle Popolazione Indigene, per quanto accaduto nelle Residential Schools, solo nel 2008.
Istituendo anche la “Truth and Reconciliation Commission” – Commissione di Verità e Riconciliazione- che non essendo stata dotata di poteri legislativi e giudiziali sufficienti, non ha potuto indagare in modo concreto sugli abusi testimoniati, o agire con procedimenti legali efficienti per arrestare i colpevoli.
Nella legge finanziaria del 2010 il Governo Canadese s’impegnava a risarcire economicamente le vittime e le loro famiglie, supportandoli anche nel percorso psicologico ed emotivo.
A tutela delle testimonianze raccolte e visto il disaccordo nato tra le commissioni per i risarcimenti delle vittime, la Corte Suprema Canadese nel 2017 ha dichiarato che: le deposizioni raccolte durante i processi per il risarcimento su abusi e violenze, verranno conservate per 15 anni e poi distrutte.
A meno che, su esplicita richiesta dei legittimi interessati, la documentazione non venga archiviata e conservata.
La verità sulle Residential Schools ha lottato per essere scritta fra le pagine della Storia – tra denunce, tracce e tenacia – ma resta ancora oggi il fatto che nessun uomo o donna (mandante o esecutore) che abbia perpetrato questi crimini ne ha mai pagato le conseguenze.
È stata ammessa la verità, riconosciute le vittime, ma non perseguiti i carnefici.
I sopravvissuti ancora oggi portano cicatrici visibili sul corpo e quelle ancora più profonde nell’anima e non smettono di chiedere giustizia, anche in nome di chi ha perso la vita dentro quelle strutture.
Residential Schools. Una richiesta
Gli anziani del Consiglio hanno espressamente fatto questa richiesta:
[…] identificare il posto dove sono sepolti i bambini morti, affinché i loro resti vengano restituiti ai familiari per una degna sepoltura […], di identificare e consegnare le persone responsabili per queste morti […], di divulgare tutte le prove riguardanti questi decessi e i crimini commessi nelle scuole residenziali, consentendo il pubblico accesso agli archivi del Vaticano ed ai registri delle altre chiese coinvolte[…], di revocare le bolle pontificie Romanus Pontifex (1455) e Inter Caetera (1493), e tutte le altre leggi che sanzionarono la conquista e la distruzione dei popoli indigeni non-cristiani nel Nuovo Mondo[…], di revocare la politica del Vaticano che richiede che vescovi e preti tengano segrete le prove degli abusi subiti da bambini indigeni nelle loro chiese invitando le vittime al silenzio.
Dal 1876 al 1996…Tutto in nome della “civilizzazione“.
“Ho sempre incolpato la scuola residenziale per aver ucciso mio fratello. Dalton era il suo nome. Non li ho mai, mai, mai e poi mai perdonati. Non so se mio padre e mia madre abbiano mai saputo come è morto, ma non l’ho mai scoperto. Ma so che è morto laggiù. Mi hanno permesso di [andare] a vederlo una volta prima che morisse, e non mi conosceva nemmeno. Era un ragazzino, sdraiato nel letto in infermeria, morente, e non lo sapevo finché non è morto. Sai, quella fu la fine della mia educazione.” Ray Silver, da “The Survivors Speak: A Report of the Truth and Reconciliation Commission of Canada
Fonti:
- Ytali: il genocidio dimenticato
- Indigenous Peoples Atlas of Canada: History of Residential Schools
- Il mondo degli archivi: il complesso retaggio delle Residential Schools in Canada
Uluru, la montagna sacra degli aborigeni australiani
(Uluru) Articolo scritto da Amelia Settele per Pillole di Cultura e Misteri e Leggende incredibili
Australia terra selvaggia, impervia, atavica e primitiva è la custode del monolite più famoso al mondo: Uluru -noto anche come Ayers Rock. Il massiccio dall’intenso colore rosso che incute rispetto e ammalia chi lo osserva, imperiale e mastodontico domina il paesaggio del Parco Nazionale di Uluru-Kata Tjuta, nel Territorio del Nord dell’Australia (Oceania).
È il monolite più grande al mondo, alto 348 metri con una circonferenza di 9.4 km, è una vera e propria icona naturale australiana. Uluru sembra immensa, ma nella realtà è solo la parte di una formazione rocciosa monolitica emersa, la cui grandezza si estende in gran parte nel sottosuolo.
Uluru. Un monolite “strano” già nel nome
Ha sempre attirato migliaia di visitatori ed è da sempre (e per sempre) un luogo sacro agli aborigeni.
Il suo caratteristico colore può mutare e variare dal blu, al viola, dall’ocra, al bronzo in base alla stagione e all’ora in cui il sole colpisce le sue pareti.
Ad esempio al mattino, la montagna si tinge di un rosso intenso e fiammeggiante, quando il sole torna a sorgere e a colpire la sua terra magnetica.
Se la si osserva da lontano, la sua superficie sembra liscia e perfetta, ma più ci si avvicina e più risaltano agli occhi pozzi, caverne, sorgenti e antichi dipinti.
Molti elementi del sito sono segreti ai piranypa -i non-aborigeni- e custoditi stoicamente dagli indigeni.
Il nome Uluru deriva probabilmente dal nome aborigeno “ulerenye” che significa “strano”, nella lingua Arrernte.
Aleggiano sulla montagna sacra pagine di storia come di leggende. Si narra che chiunque si avvicini ad Uluru, ne osservi la bellezza e magnificenza, percependone il potere mistico, non sarà mai più lo stesso.
Le leggende più note degli aborigeni ci narrano che da Uluru tutto ebbe inizio, che le donne siano legate indissolubilmente a questo luogo magico e ancestrale.
Al suo interno si troverebbero le così dette “grotte della fertilità” dove è facile notare alcuni elementi chiaramente riconducibili ai genitali umani.
Uluru. La neonata scomparsa
Nel 1980 Uluru fu teatro di una scomparsa improvvisa quanto drammatica, di una neonata di nome Azaria Chamberlain.
La piccola di appena 2 mesi, svanì nel nulla proprio nelle vicinanze del monolite dove i genitori campeggiavano insieme a lei e ai suoi altri due fratelli, Aidan e Reagan.
La madre Lindy dichiarò subito che la figlia era stata rapita da un dingo (un mammifero canide, molto simile ad un lupo).
Lo sconcerto e la pressione che ne scaturì sull’opinione pubblica riguardo la sparizione della piccola, diede inizio al processo più celebre di tutta la storia australiana.
Dopo le indagini e il procedimento penale, la madre di Azaria venne dichiarata colpevole di infanticidio e condannata all’ergastolo, mentre il padre Michael venne condannato per favoreggiamento.
Solo nel 2012, la giustizia australiana ribaltò la sentenza dichiarando che Lindy aveva detto la verità: Azaria era stata rapita da un dingo e morta proprio a causa dell’attacco dell’animale.
Uluru. La restituzione agli aborigeni
Uluru per decenni fu sottratta agli aborigeni e sfruttata dai colonizzatori, che non rispettarono mai il sito come sacro agli indigeni.
Solo nel 1985 il governo australiano riconsegnò formalmente l’area naturale agli aborigeni.
Dal 26 ottobre 2019 le autorità aborigene degli Anangu decretarono il divieto di scalare il massiccio roccioso, delimitandone i sentieri percorribili e le zone da visitare.
Per gli Anangu è importante che il sito venga visitato anche da chi non crede nel potere di questo monolite e nelle energie che esso celerebbe, perché Uluru sembrerebbe in grado d’influenzare chiunque lo veda.
Ma anche un fatto di sicurezza ha spinto gli aborigeni a questa decisione, visto che dal 1940 al giorno del divieto di scalare il massiccio, sono circa 40 le persone morte nel tentativo di arrivare alla sua sommità.
Il magnetismo, come l’enigma che sembra celarsi dietro il fascino che sprigiona il monolite, sono da sempre fonti di discussioni e confronti tra chi vorrebbe imporre la razionalità, al puro misticismo che scaturisce da questo luogo.
L’unico elemento che non si può di certo escludere è che Uluru sia un monumento naturale non comune ad altri e che celi una forza incisiva ed intensa che lascia il segno.