Centralia: la vera Silent Hill brucia da 60 anni
(Centralia) Articolo scritto da Amelia Settele per Pillole di Cultura
Tra gli amanti dei videogiochi a tema horror survival, Silent Hill rappresenta uno delle serie videoludiche più apprezzate di sempre.
Il prodotto immesso sul mercato nel 1999 è riconosciuto come un vero e proprio Cult e viene ritenuto anche il perfetto antagonista di un altro classico del genere: Resident Evil, un ulteriore successo nel settore dei videogiochi.
Nel corso degli anni entrambi i titoli, hanno avuto trasposizioni cinematografiche di successo, l’ultima in ordine di tempo è il reboot di “Resident Evil” uscito al cinema nel 2021.
Mentre dal videogioco di Silent Hill sono stati prodotti e commercializzati oltre ai film anche: fumetti, libri e romanzi. Insomma, un vero e proprio multimedia franchise.
Centralia. Ma cosa ha decretato il successo di Silent Hill?
Prodotto da Konami, è una delle poche serie in cui il protagonista è una “persona qualunque”. Il giocatore ne prende il dominio, facendolo muovere tra le strade, le morti e le maledizioni della nefasta cittadina di Silent Hill.

Il gameplay di Silent Hill è molto semplice: si deve cercare di sopravvivere in questa ambientazione profondamente horror-gotica, provando a risolvere enigmi mentre si lotta per non farsi uccidere dalle forze del male che albergano tra gli edifici di questo lugubre centro urbano.
Uno degli elementi fondamentali che hanno decretato il successo della serie è, senza ombra di dubbio, la scenografia.
L’ambientazione infatti regala al giocatore (come allo spettatore del lungometraggio) uno scenario degno dei peggiori incubi: una tipica cittadina americana abbandonata e costantemente avviluppata nella nebbia più fitta che cela mistero, morte, segreti ed esecrazioni.
Centralia. E se Silent Hill esistesse davvero?
Ebbene sì cari lettori, Silent Hill non è solo frutto della fantasia degli ideatori del videogame! Si trova nello stato della Pennsylvania – più precisamente nella Contea di Columbia – e porta il nome di Centralia.
Ha una particolarità che l’ha resa spettrale e unica allo stesso tempo, Centralia è avviluppata nelle spire di un incendio che divampa e la consuma da 60 anni.
Centralia. La storia di Centralia
Centralia venne fondata intorno al 1750 da un gruppo di coloni, con il nome di Centerville. Essendo già presente nella zona un villaggio omonimo si decise – anche per ovviare a problemi di natura burocratica – di modificare il nome della cittadina in Centralia.
Durante la sua costruzione, i giacimenti minerari furono subito rilevati, ma le miniere iniziarono a essere aperte e sfruttate solo intorno al 1850.
È in questo periodo, infatti, che Centralia inizia a crescere e a fiorire a livello economico e demografico.

La capienza dei giacimenti minerari è molto estesa e importante tanto da autorizzare la costruzione di ben due linee ferroviarie per il trasporto del carbone estratto.
Nel corso dei decenni la città cresce, sino ad arrivare al 1960 con un conteggio demografico di circa 2000 abitanti.
Si poteva usufruire di un servizio postale, almeno due istituti bancari avevano le rispettive sedi in città.
Molti anche i negozi e gli Enti scolastici utili per la crescita e la formazione dei giovani -ad eccezione dell’Università.
Tre cimiteri, Chiese di culti diversi e ben due teatri.
Si sviluppa un centro cittadino di tutto rispetto che – grazie alle miniere – garantisce lavoro e prosperità.
Di pari passo all’accrescimento sociale e urbano di Centralia, si estende anche il suo sottosuolo. Epicentro del vero tesoro che la contraddistingue.
Si fa sempre più consolidata e ben collegata la rete di tunnel in grado di unire i diversi giacimenti aperti, per l’estrazione del carbone.
Centralia rappresenta la tipica cittadina americana degli anni 60 che assicura occupazione, servizi e tranquillità.
Sino al 1962, quando divampa un incendio in una delle miniere ormai in disuso che comprometterà per sempre la storia di questo luogo.
Centralia. L’incendio
Dell’incidente che modificò e compromise ineluttabilmente le sorti di questa cittadina, si conosce solo la datazione: 1962.
La storia narra che, su autorizzazione del comitato cittadino, un gruppo di volontari dei vigili del fuoco gettò dell’immondizia all’interno di una miniera chiusa e desueta, appiccando un incendio per poter smaltire il materiale.
Quello che non venne valutato fu che la portata delle fiamme all’interno di una miniera in disuso sì – ma comunque collegata alle altre – poteva alimentare senza sforzo un imponente incendio nel sottosuolo, adibito all’estrazione del carbone e ai tunnel di collegamento per il trasporto in superficie del minerale.
Una combustione che inizialmente sembrò essere domata dai pompieri cittadini, ma che in realtà continuò a fiammeggiare, arrivando anche nelle altre gallerie e nelle altre miniere.
Tutto il sottosuolo di Centralia fu investito dal calore alimentato dal suo stesso tesoro minerario.
Il terreno inizialmente coinvolto dalle fiamme raggiunse le zone adiacenti, ricche di antracite.
L’antracite è un carbone puro, con una presenza minima di acqua, zolfo, ossigeno e azoto.
Ha un elevato stadio di carbonizzazione, con una cospicua presenza di carbonio al suo interno).
…Una conflagrazione che aprirà voragini alle fiamme dell’Averno…
Le strade iniziarono ad aprirsi con crepe e baratri, eruttando fumo e calore.
Vennero inghiottite nel sottosuolo case private, edifici pubblici e auto. La vegetazione iniziò a seccarsi e morire, rendendo il paesaggio della cittadina sempre più tetro.
Molti abitanti fuggirono da quello che sembrava essere uno scenario spettrale. Centralia ardeva dalle sue fondamenta, modificando per sempre il suo aspetto e la sua storia.
Centralia. Due tentativi per spegnare l’incendio
Tentarono in diversi modi e in molte occasioni di spegnere l’incendio, ma non ci riuscirono in nessun modo.
Non tutti i cittadini decisero di lasciare subito le proprie abitazioni.
Alcuni resistettero fino a quando anche i fumi esalati dalla terra violata e sconquassata dall’incendio sottostante, non divennero tossici e pericolosi per i pochi abitanti rimasti.
Ma due vicende distinte e separate portarono alla fuga degli ultimi abitanti rimasti:
- La prima, nel 1979 quando: il proprietario di una pompa di benzina, avvertì un significativo aumento del calore del carburante dentro una delle cisterne di conservazione sotterranee. Misurandolo, arrivò a costatare che la temperatura del liquido sfiorava i 77°!!!
- La seconda, nel 1981 quando: il dodicenne Todd Tomboski, residente a Centralia, sprofondò dentro una voragine apertasi proprio sotto i suoi piedi. Fortunatamente le sue grida vennero ascoltate da un passante che riuscì a tirarlo fuori, giusto in tempo. Se Todd fosse rimasto ancora per pochi minuti incastrato in quel gorgo, sarebbe sicuramente deceduto per le esalazioni tossiche e l’estremo calore sprigionato dal terreno.
Queste due particolari cronache riportate nella storia della città, ci annunciano che di lì a poco, la cittadina rimase praticamente deserta.
Le autorità imposero l’evacuazione rendendo a tutti gli effetti Centralia inesistente.
Gli ultimi abitanti rimasti non superano la decina e nel corso degli anni, hanno avuto un permesso speciale per continuare a vivere lì; con l’obbligo di non poter lasciare in eredità a niente e nessuno, né la propria abitazione né la propria terra.
Centralia. La morte della città
Centralia è destinata a morire, ammantata tra i fumi densi e nocivi. Le voragini sul terreno hanno continuato a proliferare come ferite aperte in un paesaggio che è sempre più desolato e spaventoso.
Gli studi effettuati hanno dichiarato che l’incendio si protrae su 1600 mq di terreno e potrebbe continuare a rimanere vivo per oltre 250 anni!

C’è un’unica strada accessibile – che funge da entrata e uscita- la “Graffiti Highway” (denominata così per i disegni e le incisioni colorate lasciate dai turisti a ricordo del loro passaggio) che continua a condurre avventurieri e curiosi a visitare una delle città fantasma più famose d’America.
Tutte le altre vie di comunicazioni sono state chiuse e gli altri percorsi serrati con cumoli di terra.
Oltre alle poche abitazioni ancora in piedi, sopravvive alla tempra del calore una Chiesa, utilizzata tutt’oggi per le funzioni religiose.
Dal 2002 Centralia non ha più un proprio codice d’assegnazione postale, in pratica NON ESISTE!
Centralia. Misteriose presenze
Aleggiano su Centralia non solo i fumi di un incendio perennemente vivo, ma anche molte storie che la vedono protagonista di inquietanti vicende come quella narrata nel 1998 da Ruth Edderson, il quale dichiarò di aver visitato la città insieme ad alcuni suoi amici e di aver avvistato due bizzarri individui vestiti da minatori, apparire e svanire dinnanzi ai loro occhi, avvolti in un fumo denso e pesante.
Altri ancora affermano con sicurezza di aver avvertito presenze inquietanti durante il loro passaggio a Centralia, riportando sensazioni di turbamento e smarrimento.
Quel che è certo, è che la storia di questa cittadina opprime e ammalia nello stesso tempo. E mentre risuona l’eco del fuoco che brucia e del silenzio che aleggia, posso solo sussurrare:
Benvenuti a Centralia…Benvenuti a Silent Hill…
- Paesi Fantasma: Centralia, la vera Silent Hill
- GreenMe: Centralia, la città di Silent Hill esiste davvero
- Travel 365: L’incendio perenne di Centralia: la vera Silent Hill
- Orgoglio Nerd: La città di Silent Hill esiste davvero in Pennsylvania
- La scimmia pensa: La vera Silent Hill che brucia perennemente da 60 anni
- Wikipedia: Centralia
Dia de Los Muertos. La festa Messicana che celebra la vita
(Dia de Los Muertos) Articolo scritto da Amelia Settele per Pillole di Cultura
Il Dia de Los Muertos – il Giorno dei Morti – è la festa Messicana che per eccellenza è conosciuta e riconosciuta in tutto il mondo, come una tra le celebrazioni più affascinanti e sentite che accompagnano i giorni a cavallo tra la fine del mese di ottobre e i primi giorni di novembre.
SOMMARIO
- Dia de Los Muertos. È come la festa di Halloween?
- Dia de Los Muertos. Cosa rappresenta davvero per i Messicani?
- Dia de Los Muertos. Da dove nasce questa festività? tra storia e leggenda
- Dia de Los Muertos. Ma cosa accade?
- Dia de Los Muertos. Cos’è l’Ofrenda?
- Dia de Los Muertos. Le città si vestono a festa
- Dia de Los Muertos. La Catrina
Periodo destinato al culto e al ricordo dei defunti, in gran parte del mondo. Il Dia de Los Muertos è la notte delle Anime, le quali attraverso un antico rituale tornano dal mondo dei morti per far visita ai propri cari.
Le famiglie infatti si riuniscono e i cimiteri, le case si adornano con candele, cibo e allegria. Si festeggia la morte che è sacra come la vita.
Ma ora andiamo a conoscere nel dettaglio questa festa millenaria e magnetica, caro lettore, e partiamo subito.
Dia de Los Muertos. È come la festa di Halloween?
Mi preme subito fugare questo dubbio che spesso può sopraggiungere visto il tema che accomuna le due celebrazioni.
A tal proposito è opportuno evidenziare che, a differenza delle atmosfere gotiche e cupe di Halloween ricorrenza tipicamente Americana – anche se ormai la globalizzazione l’ha resa comune a molte altre aeree del mondo lontane dagli Stati Uniti per storia e cultura, divenendo di fatto quasi un fenomeno globale – o della Festa dei Morti tipica della religione Cristiana essenzialmente più spirituale e riservata, il Dia de Los Muertos rappresenta una vera e propria festa che onora la periodicità perfetta e ineluttabile tra due elementi come: l’inesorabile morte e la forza tangibile della vita.
Un rito che si concretizza con del buon cibo, altari adorni di fiori, ceri e tanta musica popolare.
Durante i giorni del Dia de Los Muertos non si celebra la morte nei suoi toni oscuri e macabri, ma la si avvicina ancora di più alla vita stessa; entrambe infatti sono facce della stessa medaglia che contraddistingue l’esistenza di tutti gli esseri umani.
Nelle celebrazioni del Dia de los Muertos, chi festeggia cerca concretamente un modo per permettere alle anime ospiti nel “mondo dei morti” di tornare tra i vivi, almeno per una notte l’anno, per ritrovarsi di nuovo insieme.
Dia de los Muertos. Cosa rappresenta davvero per i Messicani?
Il Dia de Los Muertos nell’America Latina, ma soprattutto in Messico, è un vero e proprio rito che travalica la religione e si mescola alla vita sociale e culturale del Paese, diventandone l’emblema del folklore stesso.
È la festa che più esprime il sincretismo tra il culto pagano preispanico e la religione Cattolica importata dai Conquistadores.
La passione con cui il popolo organizza, vive e affronta ogni anno tale ricorrenza ha oltrepassato i confini nazionali fino a diventare un fenomeno agli occhi del mondo, tanto che l’Unesco nel 2008 l’ha dichiarato: “Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità”.
Dia de los Muertos. Da dove nasce questa festività? tra storia e leggenda
Le origini del Dia de los Muertos si perdono nella notte dei tempi.
Elementi storici concreti ci dicono che ancor prima dell’arrivo dei Conquistadores Spagnoli, i popoli: Inca, Maya e Totonaca veneravano il legame imprescindibile che si cela tra la vita e la morte.
E i festeggiamenti organizzati già quei tempi volgevano al desiderio di far sentire i defunti ancora parte integrante della comunità.
Elemento ancora ben tangibile nelle commemorazioni moderne.
Sicuramente l’arrivo dei Colonialisti ha alterato le sfumature di tali riti, amalgamandole con materiale religioso e culturalmente diverso.
Ma a ben vedere, questo mix non ha fatto perdere il fascino al Dia de los Muertos anzi, l’ha spinto e concretizzato a tal punto da riuscire a cavalcare i secoli, permettendo ai Messicani di continuare ancora oggi a festeggiarlo e al resto del mondo di rimanere sempre più ammaliato da tale celebrazione.
Dia de los Muertos. Ma cosa accade?
Durante il Dia de los Muertos non si piange la morte, la si festeggia con rispetto, allegria e colore.
Generalmente i festeggiamenti hanno inizio il 28 Ottobre e terminano il 2 Novembre. Ogni singolo giorno è dedicato a una celebrazione particolare, ad esempio, il 28 Ottobre è la giornata in ricordo di chi è morto suicida o per incidente.
Mentre il 31, nella maggior parte delle comunità vengono onorate le morti dei bambini le cui anime, si crede, volino direttamente in cielo.
I restanti due primi giorni del mese di novembre, vengono consacrati per tutti gli altri defunti. L’attesa è talmente elevata che di solito le preparazioni alle celebrazioni, possono iniziare anche settimane prima.

Nel corso della notte delle anime i cimiteri “prendono vita”, i sepolcri vengono decorati con fiori dagli intensi profumi e dai colori caldi e decisi.
I fiori più usati sono quelli della Tagete, pianta erbacea appartenente alle graminacee che nasce e cresce in Messico e in America Centrale. Ai fiori di Tagete – chiamati anche Cempasuchil– dai brillanti petali arancioni e il profumo intenso e vibrante è legata una storia molto significativa, nella quale si sussurra siano proprio questi due elementi visivi e olfattivi talmente forti e impossibili da dimenticare da essere percepiti addirittura dalle anime stesse, le quali li utilizzano per seguire il sentiero tracciato dai vivi per far ritorno a casa.
In ogni abitazione che rispetti e festeggi il Dia de los Muertos, viene allestito un vero e proprio altare dedicato, che prende il nome di Ofrenda.
Dia de los Muertos. Cos’è l’Ofrenda?
L’Ofrenda (che tradotto, significa: Offerta, n.d.a.) è l’elemento cardine del Dia de Los Muertos, perché viene considerata il “portale” che permette al mondo dei vivi d’incontrare quello dei morti.
Sull’Ofrenda vengono posizionate ed esposte le foto dei defunti che s’intendono commemorare, ed è anche grazie a questo che le anime possono ritrovare la via di casa.
Ad arricchire l’altare ci sono sempre elementi simbolici che racchiudono significati specifici, come:
- l’incenso e il suo fumo che pervadono le stanze delle case, a simboleggiare le preghiere e la purificazione degli ambienti.
- le candele, che rappresentano il fuoco e la luce.
- le caraffe d’acqua per far rifocillare i defunti dopo il lungo viaggio di ritorno dall’aldilà, insieme a cibo prelibato e altre bevande semmai amate in vita, dal defunto.
- i semi di mais e cacao che interpretano sull’altare, la terra e i suoi frutti.
- i papel picado – carta velina ritagliata a forma di teschi – prettamente di colore giallo e viola a rappresentare il vento. Le cui tinte rispecchiano la dualità tra la vita e la morte.
- i fiori di Tagete.
In molte abitazioni oltre all’allestimento dell’Ofrenda, viene lasciata anche libera e pulita una camera da letto – nella maggior parte dei casi, quella padronale- dove le anime dei defunti possono riposare e riprendersi dalle fatiche del viaggio intrapreso.
I cibi e le bevande tipiche che si possono gustare sulle tavole imbandite sono:
i tradizionali “Pan de los muertos” -Pane dei Morti- e i “Calaveras” – Teschi di zucchero, dolci tipici che portano anche incisi i nomi dei defunti che si vogliono commemorare.
Inoltre tra i piatti serviti si possono anche assaggiare le famose empanaditas – fagottini di sottile pasta farcita solitamente con la zucca e aromatizzata all’anice, e i tamales – involtini di foglie di mais ripieni di carne macinata – già apprezzati ai tempi dei Maya e degli Atzechi.
Si può sorseggiare cioccolata calda, caffè e amaranto, degustare tequila e la famosa bevanda Mezcal meno conosciuta a livello internazionale della tequila, ma sicuramente più apprezzata e utilizzata dai messicani.
Quest’ultimi l’amano a tal punto da definirla, così: “el mezcal no te emborracha, te embruja”, ovvero: “il mezcal non ti ubriaca, ma ti strega”. Per secoli definita la “bevanda dei poveri”, è uno dei liquori più utilizzati durante le celebrazioni.
Anche la carismatica e iconica pittrice messicana Frida Kahlo si narra fosse molto amante del Mezcal, come della ricorrenza del giorno dei morti, tanto da celebrarla in modo solenne ogni anno.
Dia de los Muertos. Le città si vestono a festa
Le strade e i cimiteri delle grandi metropoli, come dei piccoli paesini, si popolano di colori, abiti eleganti e cappelli fantasiosi.
Copricapi che adornano i volti dei partecipanti spesso dipinti ad arte come se fossero delle “Calaca“(teschi), tornati a festeggiare.
Le Calacas inoltre sono figure da sempre presenti nella cultura Messicana, ce ne sono traccia già nelle incisioni dei Maya.
I Teschi vengono ritenuti simboli spirituali molto forti, messaggeri gioiosi e non funerei che testimoniano con il loro “sorriso” la pace e la serenità delle anime dopo il trapasso.
Un’altra figura a cui va tutta la nostra attenzione è la Calavera Catrina – la donna scheletro, Signora dei Morti- icona ufficiale del Dia de los Muertos.
Dia de los Muertos. La Catrina
Il personaggio della Calavera Catrina prende ispirazione dalla Signora dei Morti Atzeca. La sua creazione si deve al vignettista e illustratore messicano Jose Guadalupe Posada che, nel 1913, ne tratteggiò le iconiche sembianze per inserirla come soggetto nelle litografie di stampo satirico e politico.
La Calvera Catrina è rappresentata come un teschio ghignante e agghindato con un grande cappello appoggiato sul cranio e abiti sfarzosi in stile francese.
L’ispirazione da cui nasce questo personaggio ormai folkloristico, porta con sé un messaggio profondo e concreto, di stampo sociale e politico perché la Catrina inizialmente era stata disegnata come caricatura di una donna messicana dei primi dell’900 che rifiuta le sue origini native per cercare di omologarsi allo sfarzo e alle abitudini dell’aristocrazia europea.
Diventando di fatto una vera e propria provocazione satirica nei confronti di tutti quei Messicani che tentavano di imitare gli Europei.
C’è stato anche un altro messaggio che l’artista Jose G. Posada s’impegnò a promuovere attraverso la Calavera Catrina ovvero che: dinnanzi alla morte siamo tutti uguali e “Siamo tutti Teschi” (Cit.).
Dopo di lui anche il grande pittore Diego Rivera – marito di Frida Kahlo – dipinse in primo piano la Catrina. La inserì proprio tra lui e Frida, su uno dei murales più famosi di sempre: Sueño de una tarde dominical en la Alameda Central (sogno di una domenica pomeriggio nel parco di Alameda – 1948)
“La morte è democratica, perché alla fine, la madre, la bruna, i ricchi o i poveri, tutte le persone finiscono per essere teschi”
Attualmente la Calavera Catrina risulta essere la maschera più amata e utilizzata dalle donne messicane durante i festeggiamenti.
Al Dia de Los Muertos sono legate anche bellissime ballate e poesie spensierate che vengono insegnate ai bambini sin dalla più tenera età.
Aiutandoli così sin da piccoli a comprendere che la morte non va temuta, ma rispettata e amata tanto quanto la vita.
Quello che contraddistingue il Dia de los Muertos dalle altre celebrazioni simili o similari è il coinvolgimento umano e sociale volto alla condivisione più pura di un messaggio che sconfigge il tempo e rende immortale l’amore e la morte con la stessa entità e potenza.
Permettendoci di non dimenticare che dinnanzi al trapasso siamo tutti uguali, come diventiamo unici e indimenticabili agli occhi di chi ci ha amato davvero sia in vita che dopo la morte.
- Pimp my trip: “10 curiosità sulla festa dei morti in Messico”
- Mi prendo e mi porto via: ”Dia de los Muertos: storia e significato di una bellissima tradizione messicana”
- Esquire.com: ”Il Dia de los Muertos è molto più di un Halloween messicano”
- Wikipedia: ”Il giorno dei morti (America)”
- Stories.weroad: ”Dia de los Muertos: 8 curiosità sul giorno dei morti in Messico e dove festeggiarlo”
- Mame – estetica metropolitana: ”Il Dia de los Muertos, un momento di gioia e colori ricorda la meraviglia di essere vivi”
- Il Giornale del cibo: ”Mezcal ancestrale distillato messicano: origini, riti e differenze con la tequila”
- Il Giardino del tempo: ”Tagate: storia, simbologia e tradizioni popolari”
- Dubitinsider.com: ”La Catrina è il simbolo della Morte”
- SpazioFeu: ”Calavera Catrina volto del Dia de Los Muertos, Simposio morte e rinascita”