Operazione Babylift. Scatole da scarpe e bambini Vietnamiti

Operazione Babylift. Scatole da scarpe e bambini Vietnamiti

(Operazione Babylift) Articolo scritto da Amelia Settele per Persone e StorieFatti e società e La Forza di indignarsi Ancora

Ascolta “La Forza di Indignarsi Ancora. Puntata 7 – L’operazione Babylift” su Spreaker.

Tra il 3 e il 26 Aprile 1975 venne attuata l’operazione di evacuazione denominata “Babylift” (ascensore per bambini).

SOMMARIO

La guerra del Vietnam fu un conflitto cruento molto lungo che durò circa vent’anni: dal 1 Novembre 1955 (data di costituzione del Fronte  di Liberazione  Nazionale Filo-Comunista) al 30 Aprile 1975 (caduta di Saigon)  che vide l’esercito Americano supportare il governo del Vietnam del Sud e combattere  le milizie del Vietnam del Nord.

Uno scontro che ha delineato la storia di entrambi i paesi coinvolti e per il quale sotto alcuni aspetti il mondo ancora oggi, ascolta    gli echi e vive le sue conseguenze.

In Vietnam il conflitto viene anche ricordato come: “Guerra di Resistenza contro gli Stati Uniti”.

Operazione Babylift. Una costola di “Operation New Life”

La storia che sto per raccontarvi, si svolge pochi giorni prima del ritiro delle truppe statunitensi dal conflitto.

Esattamente tra il 3 e il 26 Aprile 1975 venne attuata l’operazione di evacuazione denominata “Babylift” – “ascensore per bambini”.

È subito importante sottolineare che l’operazione “Babylift” è una costola “preziosa” dell’altro  esodo vietnamita, promosso e organizzato dagli Americani , passato alla storia come Operation New Life”.   

Il quale    permise – attraverso un ponte aereo americano – l’espatrio di circa 110.000 civili verso l’Occidente.

Operazione Babylift. Solo neonati e bambini

Per la precisione, l’operazione “Babylift“ ebbe come protagonisti esclusivamente neonati e bambini (per lo più orfani) provenienti dal Vietnam del Sud.

Operazione Babylift

Ne furono imbarcati circa 3.300, ma il numero esatto non è mai stato reso pubblico o ufficializzato.

I contingenti americani permisero  un vero e proprio espatrio di massa volto ad allontanare i bambini dal proprio paese.

Al fine di essere messi al sicuro e adottati da famiglie in grado di accoglierli.

Va altresì sottolineato che il governo degli Stati uniti approvò e organizzò l’evacuazione sotto richiesta delle associazioni umanitarie che operavano sul territorio in quel periodo.

Associazioni come: International Orphans ” (oggi Childhelp), “la Fondazione Pearl S. Buck” e molte altre.

Le organizzazioni umanitarie vista la situazione del paese, credettero più giusto allontanare quanti più orfani e neonati possibili dagli scenari che si andavano a delineare all’orizzonte.

Convinte come erano di non essere più in grado di supportarli e crescerli come fino ad allora avevano fatto.

Ad accogliere tale richiesta fu il Presidente Gerald Ford.

Il quale dichiarò di aver progettato l’evacuazione organizzando 30 voli di grandi aerei da trasporto (come il C-5 A Galaxy).

Aerei che garantivano a un folto numero di piccoli passeggeri di arrivare verso luoghi sicuri come: l’America, il Canada, l’Australia e la Francia.

Per poter ricominciare una nuova vita con le famiglie d’adozione sparse per il mondo.

Operazione Babylift. Distacco doloroso

La maggior parte tra neonati e bambini arrivarono all’aeroporto internazionale mentre Saigon era sotto bombardamenti.

Tra gli ultimi devastanti atti di una guerra che sembrava non avere più fine, i giovani protagonisti di questa pagina storica vennero fatti salire a bordo, tra il rumore agghiacciante delle bombe e i sospiri di chi rimaneva a terra.

Oltre agli orfani, ad infoltire il numero di piccoli passeggeri inconsapevolmente pronti per essere imbarcati, ci furono anche molti bambini.

Questi ultimi lasciati tra le braccia dei militari dalle stesse famiglie d’origine.

La maggior parte di esse avevano appoggiato e supportato gli Americani e pertanto decisero di vivere questo sacrificio perché convinti di garantire un futuro migliore ai propri figli.

Migliore rispetto a quello che li avrebbe attesi se fossero rimasti con loro.

Infatti le ripercussioni per tanti sud-vietnamiti furono di una brutalità enorme.

Tra i passeggeri del ponte umanitario molti erano ancora in fasce, tanto da essere imbarcati e custoditi  dentro scatole di scarpe improvvisate come culle.

Un giaciglio inconsueto che però garantiva loro un riparo per affrontare il lungo viaggio aereo.

Operazione Babylift. Un disastro terribile

Purtroppo non tutto filò liscio e il primo aereo a decollare con a bordo i bambini rifugiati, ebbe un incidente.

Poco dopo le 16 del 4 aprile 1975, il Lockheed C-5 Galaxy decollò dall’aeroporto Saigon-Than Son Nhat per schiantarsi appena dodici minuti più tardi.

Si contarono 153 vittime, di cui 78 bambini.

La disgrazia colpì l’opinione pubblica in modo incisivo e saltò agli occhi anche l’urgenza di portare via a ritmo più serrato sia i bambini che gli altri rifugiati.

A seguito della tragedia e con lo scarseggiare dei veicoli militari utili per portare avanti l’emigrazione, tutta l’operazione ebbe un rallentamento.

Solo l’aiuto provvidenziale dell’uomo d’affari Robert Macauley che noleggiò – a proprie spese – un Boing 747 della compagnia Pan Am, permise di far partire più di 300 bambini.

Per far fronte a tutte le spese del viaggio, Macauley ipotecò la sua casa.

Operazione Babylift. Polemiche

Sin da subito l’operazione Babylift accese e fomentò molti dibattiti.

Anche se nata come “operazione umanitaria”, non tutti l’accolsero come unica soluzione possibile e giusta nei confronti di questi minori.

Sicuramente fu un corridoio umanitario senza precedenti fino a quel momento storico, che merita pertanto di essere ricordato.

Com’è anche vero che molti sud-vietnamiti che avevano appoggiato le truppe americane, pagarono un contraccolpo altissimo dopo l’abbandono statunitense.

Delineando un panorama che avrebbe reso difficile la sopravvivenza anche ai piccoli rifugiati, espatriati grazie all’operazione Babylift.

Operazione Babylift. Distacco doloroso

Oggi, molti di quei neonati che furono adagiati dentro scatole di scarpe, come alcuni di quei bambini ammassati nelle fusoliere dei grandi aerei americani sono cresciuti.

Alcuni di loro hanno fondato l’Operation Reunite – un’organizzazione senza scopo di lucro – che anche grazie alla rete ha permesso a molti di loro di ritrovare le proprie famiglie d’origine.   

Affidando ai test del Dna la possibilità concreta di ritrovare i parenti biologici.

Allontanati dal conflitto, cresciuti al sicuro, non hanno comunque mai abbandonato le loro radici e ancora adesso cercano la propria identità familiare e culturale.

Vista l’attuale situazione mondiale è difficile non rievocare L’operazione babylift come un vero e proprio dejà vu con il suo clamore e il suo dolore.

Capace di riflettere un’altra pagina storica da poco scritta che risalta agli occhi l’ennesimo ritiro delle truppe americane da una terra dilaniata da un conflitto ventennale, che porta il nome di Afghanistan.

La storia si ripete, ma l’uomo non impara.


Fonti:

  • Istorica: “L’Operazione Babylift, la grande evacuazione americana”
  • Vanilla Magazine: “Da Saigon in una Scatola da Scarpe: la rocambolesca Operazione Babylift alla fine della Guerra del Vietnam”
  • Wikipedia: “Operazione Babylift” e “Guerra in Vietnam”
AMELIA SETTELE

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Democrazia, il 2024 sarà l’ultima spiaggia?

(democrazia) Articolo scritto per Libri e Pillole di Cultura

Il 2024 è stato definito l’anno elettorale per eccellenza. Prendendo spunto da ciò E.T.A. Egeskov prova a fare alcune riflessioni sul tema della democrazia e sulla necessità di proteggerla e salvaguardarla.

SOMMARIO

Come spiega in modo chiaro e sintetico lo stesso autore, E.T.A. Egeskov, nell’introduzione del libro l’idea di scrivere questo volume gli è stata suggerita da alcuni fatti di cronaca.

O meglio, la spinta e l’urgenza di volerlo scrivere sono state dettate da episodi che hanno toccato la sensibilità dell’autore.

L’idea del volume invece fermentava nell’animo di E.T.A. Egeskov già da molto tempo, come ha lui stesso confessato.

democrazia. La crisi delle democrazie

Non è certo un segreto che il momento storico che stiamo vivendo sta mettendo a dura prova il concetto stesso di democrazia.

Gli avvenimenti degli ultimi anni, guerra in Ucraina, crisi di Gaza, situazione di Taiwan, hanno dato una forte spinta a un processo che era già in atto da tempo.

Nei decenni successivi alla Seconda Guerra Mondiale almeno nel mondo occidentale l’illusione che la democrazia come forma di governo fosse ineludibile.

Oggi tale convinzione non è più così salda e ferma.

Il volume prende in esame alcune situazioni nel mondo per usarle come metro di paragone e come spunto di riflessione.

democrazia. Il consenso elettorale

In uno dei capitoli l’autore pone un focus particolare sul tema del consenso elettorale.

In particolare E.T.A. Egeskov mette in rilievo come l’obiettivo primario di qualsiasi politico eletto sia di fatto essere rieletto alla successiva elezione.

Questo comporta l’impossibilità da parte di chi governa di poter fare scelte difficili e controcorrente (spesso però necessarie) proprio perché controproducenti in termini elettorali.

Di fatto questo aspetto potrebbe essere uno degli elementi di crisi delle democrazie, specie di quelle occidentali.

Ed è un tema sul quale l’autore invita a riflettere con alcune importanti osservazioni.

democrazia. I decreti legge

In uno degli ultimi capitoli del libro l’autore si sofferma su una specificità tutta italiana, ovvero quella dei decreti legge.

La tesi dell’autore è provocatoria, o forse molto di più (al lettore l’ardua sentenza) ma di sicuro fa riflettere per la profondità dell’argomento toccato.

Il tema dell’abuso dei decreti legge è stato sollevato più volte nel corso di questi ultimi decenni anche da illustri giuristi.

Che poi questo possa in qualche modo minare le fondamenta democratiche del nostro paese… occorre leggere il volume per scoprirlo!

Di sicuro è un aspetto sul quale vale la pena riflettere.

democrazia. I volumi sull’invasione russa in Ucraina

E.T.A. Egeskov non è nuovo agli instant book, avendone già proposti altri tre negli anni precedenti.

Partendo dal volume Invasione Russa in Ucraina del 2022, scritto poche settimane dopo il 24 febbraio 2022 quando ancora la situazione sul terreno sembrava disperata per il paese invaso.

Di pochi mesi successivo Russia vs. Europa, una riflessione a più largo spettro sul tema della Russia e del suo “zar” Valdimir Putin.

Un volume da rileggere anche oggi per le riflessioni in esso contenute che, nonostante siano passati quasi due anni, restano in gran parte ancora di grande attualità.

All’inizio del 2023 è uscito poi Invasione russa in Ucraina un anno dopo, una sorta di aggiornamento/prosecuzione del primo volume stante gli sviluppi bellici e geopolitici occorsi durante il primo anno di guerra.

democrazia. Gli altri volumi dell’autore

E.T.A. Egeskov non è però un autore classificicabile in un genere, nonostante il grande impegno profuso nel campo della geopolitica e della politica in generale.

Del 2022 il volume Tour de France 2022, un agile raccolta di momenti indimenticabili del Tour de France di quell’anno, raccontati quasi come in una radiocronaca messa per iscritto.

Da menzionare anche il volume Ho fatto 13, una raccolta di suggerimenti letterari un po’ fuori dal comune.

Di genere fantastico invece Tempesta di notte sulle falesie, un racconto ambientato nella cittadina normanna di Etretat che ha il sapore di altri tempi.

democrazia

Apollo 9, prova generale per l’allunaggio

(Apollo 9) Articolo scritto da E.T.A. Egeskov per Pillole di Cultura

Il 3 marzo 1969 partiva da Cape Canaveral la missione Apollo 9, la prima con tutti i moduli dell progetto Apollo, prova generale per l’allunaggio del luglio successivo.

SOMMARIO

Tutti quanti ricordiamo la data del 20 luglio 1969 perché per la prima volta un essere umano mise piede su un suolo alieno.

La missione Apollo 11 realizzò l’obiettivo dell’allunaggio e due uomini poterono calpestare la polvere della Luna.

Ciò fu possibile anche grazie alla buona riuscita della missione Apollo 9 del marzo 1969.

Praticamente la penultima prova generale prima dell’allunaggio.

Apollo 9. La sfida della conquista della Luna

I 25 maggio 1961 il presidente J.F. Kennedy annunciò che gli americani sarebbe andati sulla Luna prima della fine di quel decennio.

Lo fece di fronte al Congresso Americano riunito in sessione congiunta.

E fu in qualche modo una reazione d’orgoglio degli USA di fronte ai successi dei sovietici in campo spaziale.

Vide così la luce il progetto Apollo, già in qualche modo concepito durante la precedente presidenza Eisenhower.

L’obiettivo era molto ambizioso e il programma per realizzarlo fu una delle sfide tecnologiche più riuscite della storia.

Apollo 9. Mercury, Gemini e infine Apollo

Per colmare il gap in ambito spaziale che divideva gli americani dai russi fu varato un’ambizioso progetto spaziale.

Nel 1958 iniziò il programma Mercury che intendeva recuperare il divario accumulato con i sovietici.

Chiuso nel 1963 il programma Mercury seguì il programma Gemini, ovvero navicelle spaziali a due posti (contro quelle monoposto del Mercury).

Dal 1963 al 1966 i lanciatori Titan (Titan I e Titan II) lanciarono in orbita le navicelle Gemini (2 senza equipaggio e 10 con equipaggio).

Furono missioni importantissime per sviluppare la tecnologia necessaria al successivo programma Apollo.

Programma che vide la luce nel 1967 con il terribile incidente dell’Apollo 1 in fase di collaudo sulla rampa di lancio.

Veniva utilizzato il nuovo vettore Saturn e prevedeva tre uomini d’equipaggio.

L’obiettivo finale era far giungere due uomini a camminare sul suolo lunare.

Apollo 9

Apollo 9. La penultima prova generale per l’allunaggio

Dopo lo sfortunato incidente dell’Apollo 1 nel 1967 si dovette attendere sino all’ottobre del 1968 per il primo lancio con equipaggio.

Si trattava dell’Apollo 7 e nonostante avesse a bordo tutti e tre i membri dell’equipaggio mancava ancora il modulo lunare (LM).

Fu soltanto qualche mese più tardi, il 3 marzo 1969 che con la missione Apollo 9 furono lanciati in orbita sia il CSM che il LM.

Ovvero il Modulo di Comando e Servizio e il Modulo Lunare.

Durnate tale missione vennero sperimentati entrambi in vista della missione di luglio dove era previsto il primo allunaggio.

Fu dunque una missione importantissima, anche perché il tempo stringeva e il decennio stava per finire.

Se la missione Apollo 9 fosse fallita la possibilità allunare entro la fine degli anni ’60 come promesso da Kennedy sarebbe diventata quasi impossibile.

Apollo 9. Servì anche per Apollo 13

Furono svolte tutte le prove di accensione dei propulsori per la discesa sulla luna e successiva risalita.

Fu anche testato il rendez-vous spaziale fra i due moduli (per simulare il ritorno del modulo LM dalla Luna per aggangiarsi al modulo CSM).

Fu testata anche la possibilità di spingere i due moduli insieme grazie ai propulsori di discesa del modulo LM.

Era una prova svolta in vista di un possibile utilizzo d’emergenza in caso di guasto dei prosulsori del modulo CSM.

Caso volle che nella missione dell’aprile 1970 la navicella Apollo 13 abbia dovuto utilizzare proprio questa modalità per far rientro sulla Terra.

La vicenda dell’Apollo 13 è forse ancora più famosa di quella dell’Apollo 11 e dello sbarco anche grazie a un noto film che ne ha raccontato i drammatici momenti vissuti nello spazio.

Foto di Thomas G. da Pixabay

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Presidenziali USA, un rebus elettorale difficile da capire

(Presidenziali USA) Articolo scritto da E.T.A. Egeskov per Politica e Geopolitica

Ascolta “Politica e Geopolitica. Puntata 1 – Presidenziali USA, un rebus elettorale difficile da capire” su Spreaker.

Sono iniziate in questo mese di gennaio le primarie per la scelta dei candidati per l’elezione del presidente degli Stati Uniti d’America che fra poco meno di un anno si insedierà alla Casa Bianca.

SOMMARIO

Prima di cercare di dipanare la complessa matassa di come si svolgono le elezioni americane è doveroso precisare chi ha diritto al voto.

Contrariamente a quanto accade nella maggior parte degli stati democratici, Italia compresa, non è lo stato americano a inviare le tessere elettorali.

Sono invece i singoli cittadini che devono prendersi la briga di registrarsi nelle liste elettorali.

Pena l’impossibilità di votare a novembre per l’elezione del presidente degli USA.

Presidenziali USA. Democratici o Repubblicani?

Una delle caratteristiche peculiari del sistema politico americano è quello, di fatto, di essere diviso fra due soli partiti.

Il partito Democratico (che noi chiameremmo progressista) e quello Repubblicano (per noi conservatore).

Presidenziali USA

Diversamente da quanto accade in Italia i partiti americani non hanno un grande peso nella vita politica quotidiana.

Diventano però determinanti in vista delle elezioni presidenziali soprattutto per determinarne i candidati.

Presidenziali USA. Le primarie

Le primarie sono una caratteristica tipica del sistema elettorale americano.

Riguardano ciascuno dei due partiti e sono regolamentate in modo differente stato per stato.

Occorre ricordare che gli USA si compongono di 50 stati federati fra loro ma che mantengono ampie autonomie interne.

Compreso tutto ciò che riguarda il sistema elettorale.

Ogni stato designa suoi rapprentanti alle due convention nationali, quella democratica e quella repubblicana.

In ognuna delle due sedi i rappresentanti voteranno il candidato che dovrà gareggiare per la presidenza.

Sebbene la scelta non sia vincolante in modo assoluto è prassi che il candidato che vince nello stato sia quello che sarà votato dai rappresentanti di quello stato.

Il candidato democratico che otterrà più voti alla convention nazionale dei democratici sarà il candidato presidente per i democratici.

La stessa cosa avviene per i repubblicani che scelgono in modo analogo il loro candidato

Presidenziali USA. I Grandi Elettori

Pur essendo una democrazia presidenziale quella americana ha la peculiarità che il presidente non è scelto direttamente grazie al voto popolare.

Infatti gli elettori, stato per stato, votano per il candidato scelto.

Il candidato che ottiene il maggior numero dei voti ottiene il corrispettivo di Grandi Elettori spettanti a quello stato.

Almeno nella gran parte dei casi, salvo alcune piccole eccezioni.

Ma chi sono i Grandi Elettori?

In pratica è lo stesso principio delle primarie.

Ogni stato ha a disposizione un numero di Grandi Elettori proporzionale alla sua popolazione.

Se in uno stato vince il candidato democratico tutti i Grandi Elettori andranno al candidato democratico.

Inversamente se a vincere è il candidato repubblicano si prende tutti i Grandi Elettori di quello stato.

Presidenziali USA. Rosso o Blu?

Tradizionalmente i due partiti vengono identificati con un colore.

Rosso per i repubblicani, blu per i democratici.

Prima o poi a chiunque sarà capitato di vedere la mappa degli USA colorata di rosso e di blu, stato per stato.

Quella mappa indica la prevalenza di un partito o dell’altro in ogni singolo stato.

Dunque il vincitore della contesa elettore presidenziale non è detto che sia il candidato che ha ottenuto più voti ai seggi.

Infatti può capitare che un candidato ottenga meno voti popolari ma che sia eletto presidente degli USA.

Questo perché magari ha ottenuto la vittoria in alcuni stati molto popolosi che garantiscono un numero di Grandi Elettori maggiori.

E magari quelle vittorie a livello statale le ha ottenute per poche migliaia di voti.

Ma visto il sistema elettorale maggioritario assoluto chi vince si prende tutto.

Presidenziali USA. Solo per chi è nato cittadino americano

Per potersi candidare alla presidenza degli USA occorre aver compiuto 35 anni e risiedere negli Stati Uniti da almeno 14 anni.

Ma soprattutto occorre essere nati cittadini americani.

Chiunque non sia nato cittadino americano ma lo sia diventato in seguito è escluso dalla corsa alla presidenza.

Clamorosa fu l’accusa rivolta a Barak Obama di non essere nato cittadino americano.

Allora fu Donald Trump a fomentare i dubbi in proposito, dubbi che sono peraltro stati ampiamente fugati.

Sebbene molti sostenitori del partito conservatore ancora oggi dubitino che Obama fosse eleggibile.

D’altro canto proprio in giorni giorni lo stesso Donald Trump ha sollevato dubbi sulla cittadinanza americana dalla nascita di Nikki Haley, sua rivale alle primarie repubblicane.

Presidenziali USA. Elezioni che interessano il mondo intero

Va da sé che le elezioni in un paese importante come gli Stati Uniti d’America interessino un po’ tutto il mondo.

Varrebbe lo stesso per Russia e Cina se già non si conoscessero i vincitori a priori!

Quelle di quest’anno negli USA sono però elezioni particolarmente sentite.

Perché i due probabili contendenti dovrebbero essere, salvo soprese, Joe Biden e Donald Trump.

Se quattro anni fa Biden a sopresa battè il favorito Trump (allora presidente uscente) oggi i sondaggi sono a favore del repubblicano.

E vista la situazione politica internazionale con la crisi ucraina, quella di Gaza e la situazione a Taiwan le elezioni USA sono attese con trepidazione da molti.

La riconferma di Joe Biden alla Casa Bianca lascerebbe tutto più o meno com’è ora.

Mentre il ritorno di Donald Trump alla presidenza lascia aperti interrogativi ed incognite su cosa faranno gli USA in politica internazionale.

A partire dall’Ucraina che potrebbe anche essere “abbandonata” al suo destino.

Per non parlare della crisi di Gaza dove Trump non ha mai nascosto le sue simpatie per l’estrema destra israeliana.

C’è poi l’incognita Cina, contro la quale Trump ha sempre tuonato a parole ma con la quale ha intessuto rapporti finanziari anche personali piuttosto discutibili.

Presidenziali USA. Una lunga corsa, forse non priva di sorprese

Siamo solamente all’inizio di questa lunga corsa e solo dal mese di marzo, con il Super Tuesday, forse si potrà cominciare a capire qualcosa di più sulle forze in campo, su un fronte come sull’altro.

Ci sono poi le inchieste giudiziarie a pesare come macigni.

Donald Trump è già stato escluso dalla corsa elettorale in Colorado a seguito delle vicende del 6 gennaio 2021 (assalto a Capitol Hill).

Si attende il ricorso alla Corte Suprema e nel frattempo altri stati stanno decidendo in merito.

Vi sono poi processi per reati finanziari che vedono imputato l’ex presidente americano.

Il quale però dovrà temere più di tutto il processo proprio sull’assalto a Capitol Hill.

Se tale processo dovesse giungere a termine prima delle elezioni e lo vedesse condannato perderebbe il diritto a concorrere alla presidenza.

Non ci vuole un genio per prevedere cosa potrebbe accadere nelle piazze americane con una simile risultanza.

Sul fronte democratico Joe Biden rischia un impeachment (poco probabile) che potrebbe nuocergli sul piano elettorale.

Ma soprattutto sono i guai giudiziari del figlio ad avergli fatto perdere il favore di parte del suo stesso elettorato.

Per non parlare delle gaffe che spesso compie in pubblico e dell’età che non gioca a suo favore.

Quello dell’età è un problema anche di Donald Trump, così come delle gaffe e di certi spaesamenti che non lasciano ben sperare.

Pensare che il futuro del mondo e dell’arsenale atomico più agguerrito sia nelle mani di due “vecchietti” confusi non ci lascia tanto tranquilli.

E la democrazia a stelle e strisce non ne esce granché bene, comunque andrà a finire!

Foto di Larisa da Pixabay

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Diomede: poche bracciate di nuoto separano USA e Russia

(Diomede) Articolo scritto da E.T.A. Egeskov per Pillole di Cultura

Ascolta “Il crogiuolo. Puntata 5 – Isole Diomede, U.S.A. e Russia a poche bracciate di nuoto” su Spreaker.

Solo 3,8 chilometri separano le due isole Diomede, ma oltre ad avere 21 ore di fuso orario appartengono anche a due “mondi” differenti.

SOMMARIO

Quando si pensa alla Guerra Fredda fra Stati Uniti e Unione Sovietica il pensiero va subito al muro di Berlino.

Al ponte delle spie e alla Cortina di Ferra che divideva in due l’Europa, a Ovest con gli Usa, a est con l’URSS.

Pochi sanno che le due superpotenze si spiavano vicendevolmente da pochi chilometri di distanza.

Meno di quattro per l’esattezza, ma da tutt’altra parte del mondo rispetto all’Europa.

Diomede. Lo stretto di Bering

Fino al 1648 nessuno sapeva dell’esistenza di un braccio di mare che separava il continente nordamericano da quello asiatico.

Fu il comandante Semen Dežnëv che esplorò l’estremità orientale della Siberia per conto dello zar a scoprire per primo il braccio di mare.

Ma a quel punto nemmeno se ne rese conto e la scoperta non fu mai dichiarata come tale.

Almeno sino al 1728 quando il comandante Vitus Bering bordeggiò le coste della Kamckacta.

Per questo motivo più tardi a lui fu intitolato lo stretto che porta il suo nome.

Quello stretto braccio di mare (meno di 100 km) risultava spesso ghiacciato e per questo motivo non se ne conosceva l’esistenza.

Diomede. L’Alaska russa

Quello che oggi è lo stato più settentrionale degli USA fino al 1867 era in realtà territorio dell’Impero Russo.

Fu lo zar Alessandro II a vendere l’immenso territorio ghiacciato dell’Alaska agli Stati Uniti.

Quello che nell’Ottocento parve ai russi un affarone potrebbe essere stato l’affare più fallimentare della storia fra nazioni.

Diomede
Diomede Grande (a sinistra) e Diomede Piccola (a destra)

Infatti solo più tardi si sarebbe scoperto che quell’immenso territorio inospitale custodiva nel suo sottosuolo immense ricchezze.

Dall’oro al petrolio, ancora oggi il 49° Stato dell’Unione è uno dei più ricchi nonostante sia soltanto il 48° per numero di popolazione.

Davanti solo a Vermont e Wyoming oltre al District of Columbia.

Diomede. Le isole

Proprio nel mezzo dello stretto di Bering sono poste due piccole isole rocciose.

Una, chiamata Diomede Grande, ha una superficie di circa 29 km².

L’altra, invece, nominata Diomede Piccola, consta di soli 6 km².

Il loro nome non è un omaggio alla mitologia classica ma al martire omonimo di Tarso.

Ricorrenza che gli ortodossi festeggiano il 17 agosto.

E proprio in quella data il comandante Bering documentò l’esistenza delle isole che pertanto furono battezzate con il nome del martire.

Estremamente inospitali le due isole non offrono granché, vista anche la latitudine alla quale sono poste.

Esse sono infatti prossime al Circolo Polare Artico.

Diomede. Divise dalla Guerra Fredda

Quando nel 1867 lo zar Alessandro II vendette agli Stati Uniti d’America il territorio dell’Alaska fu deciso che le due isole fossero separate.

Così l’isola più occidentale, chiamata Diomede Grande, restò alla Russia.

Mentre l’isola più orientale, denominata Diomede Piccola, andò con l’Alaska continentale agli Stati Uniti.

In mezzo fra le isole uno stretto di mare largo circa 3,8 chilometri che le separa.

Quando dopo la seconda Guerra Mondiale scoppiò la cosidetta Guerra Fredda anche le due isole furono coinvolte.

Essendo ognuna delle due isole il territorio “nemico” più vicino per ciascuna nazione entrambe divennero un punto strategico.

Su ognuna delle due isole furono installate apparecchiature di sorveglianza e installazioni militari.

Per questo motivo i nativi Yoruk, che popolavano l’isola russa, furono costretti dal governo sovietico ad abbandonarla.

Essendo diventata l’isola un luogo esclusivamente militare.

Diomede. Così vicine, così lontane

Le due isole distano così poco che un’americana di nome Lynne Cox raggiunse l’altra isola dopo solo due ore di nuotata.

Ma per un certo verso sono anche così lontane giacché sono separate da ben ventuno ore di fuso orario.

Perché quella Grande (russa) è a ovest della Linea del Cambiamento di Data.

Mentre quella Piccola (americana) è a est della medesima linea immaginaria che stabilisce la nascita del nuovo giorno.

Infatti le isole, essendo situate a 169° Est, risultano essere le terre più a Oriente del Meridiano di Greenwich.

Anche se come abbiamo visto a separarle passa la linea immaginaria del cambiamento di data.

Così se quella Piccola è mezzogiorno di sabato su quella Grande saranno le nove del mattino di domenica.

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