Volevo essere un supereroe della Marvel
(Marvel) Articolo scritto per Libri e Pillole di Cultura
Per tutti gli appassionati dell’Universo Marvel un agile volume imperdibile per conoscere un po’ di più storie, personaggi, retroscena e curiosità
SOMMARIO
- Marvel. Il libro
- Marvel. L’autore
- Marvel. Il libro su Star Trek
- Marvel. Star Trek anche in versione inglese
In questi ultimi decenni il mondo degli universi Marvel ha catalizzato il cinema con film di grande impatto.
Ma prima delle pellicole ci sono stati i fumetti (o comics che dir si voglia).
Andare a scoprire le origini degli Avengers, di Captain America o dei Fantastici Quattro è possibile.
Così come è possibile scoprire aneddoti e curiosità, anche divertenti sulla Marvel e i suoi personaggi, noti e meno noti.
Marvel. Il libro
Dopo il grande successo del libro dedicato al mondo di Star Trek il giovane Matsuteia si è dedicato all’universo Marvel.
Ha scelto alcuni temi per indagare a fondo sui personaggi, sulle storie, sulle curiosità.
Sia dei fumetti che dei film come delle serie televisive, anche quelle d’animazione.
Ovviamente Volevo essere un supereroe della Marvel non è un libro esaustivo sull’immenso universo ideato da Stan Lee.
Sarebbe impossibile racchiudere tutto in un unico volume.
Matsuteia ha scelto qua e là, proponendo chicche magari non proprio conosciute anche ai cultori del genere.
Un libro da leggere con la leggerezza di chi si vuol divertire, vuole scoprire e lasciarsi sorprendere.
Dopo aver letto questo volume assistere ai film, guardare le serie tv, leggere i fumetti non sarà più la stessa cosa.
Marvel. L’autore
L’autore non ama molto parlare di sé, preferendo farsi leggere piuttosto che raccontarsi.
Di lui sappiamo che è giovane (sotto i trenta), che ama ovviamente il mondo dei supereroi ma anche quello di Star Trek.
Matsuteia è appassionato di videogiochi e di musica e che prima o poi tornerà con un altro libro della serie.
Molto prima che poi, anche se per ora non ci è dato sapere quando né tantomeno su quale argomento si cimenterà.
Marvel. Il libro su Star Trek
Prima dell’universo dei fumetti Matsuteia si era dilettato anche a scavare a fondo nel mondo di Star Trek.
Anche in questo caso andando a caccia di aneddoti e curiosità sia sulle serie televisive, comprese quelle d’animazione, sia sui film.
Senza dimenticare tutto il resto del complesso mondo di Star Trek, comprese le parodie e alcune curiosità collegate da non perdere.
Volevo guidare l’Enterprise ma Kirk è arrivato prima è un agile volume da leggere tutto d’un fiato.
Fra aneddoti poco noti, curiosità strane e strampalate, con tanta ironia e in modo un po’ scanzonato il libro è una vera miniera di informazioni.
Adatto agli appassionati che possono trovare chicche poco note, è facilmente fruibile anche dai neofiti del genere.
Può infatti essere letto anche se non si è nerd di prima classe e se non si conosce la differenza fra Romulani e Klingon.
Marvel. Star Trek anche in versione inglese
Visto il grande successo anche oltre confine del volume Volevo guidare l’Enterprise ma Kirk è arrivato prima Matsuteia si è cimentato anche con la traduzione in inglese.
Il volume è infatti disponibile in tutto il mondo nella sua versione internazionale in lingua inglese.
E a quanto pare anche nei principali mercati mondiali, partendo da quello USA, il volume di Matsuteia piace e trova riscontri.
Star Trek anecdotes and curiosities è disponibile sui principali store online di tutto il mondo.
E per chi preferisce leggerlo in italiano c’è sempre Volevo guidare l’Enterprise ma Kirk è arrivato prima.
Foto di InspiredImages da Pixabay
Orchestra da Camera Fiorentina, stagione 2024
(Orchestra da Camera Fiorentina) Articolo scritto da E.T.A. Egeskov per Pillole di Cultura
Da marzo a ottobre oltre 80 concerti per la stagione 2024 dell’Orchestra da Camera Fiorentina.
SOMMARIO
- Orchestra da Camera Fiorentina. La stagione 2024
- Orchestra da Camera Fiorentina. 44 anni di successi
- Orchestra da Camera Fiorentina. Beethoven ma non solo
Torna l’appuntamento annuale con i concerti dell’Orchestra da Camera Fiorentina.
Anche per il 2024 il cartellone dei concerti è assolutamente imperdibile.
Oltre 80 concerti fra Toscana, Umbria e Lazio per chi ama la musica classica ma non solo!
Orchestra da Camera Fiorentina. La stagione 2024
Dal 16 marzo sino al 7 ottobre oltre 80 concerti in compagnia dell’Orchestra da Camera Fiorentina.
Appuntamenti nei luoghi più suggestivi del capoluogo toscano.
A partire dall’Auditorium di Santo Stefano al Ponte.
Ma anche il cortile di Palazzo Medici Riccardi, la Basilica di Santa Croce, cortile di Santa Maria Novella sempre a Firenze.
Per non dimenticare Villa Demidoff a Pratolino, luogo davvero unico per i concerti.
In estate appuntamenti anche fuori dalla Toscana con puntate in Umbria e Lazio.
Orchestra da Camera Fiorentina. 44 anni di successi
Nata nel 1981 grazie alla determinazione del M° Giuseppe Lanzetta in oltre 40 anni ha tenuto circa 1850 concerti.
Composta da circa 40 elementi è strutturata per potersi scomporre in agile formazioni cameristiche.
Così da poter eseguire un repertorio sempre più ampio e variegato.
Spaziando dalla classica al pop, con incursioni e commistioni di generi che rendono spesso unici i concerti della formazione.
Ha al suo attivo numerose collaborazioni con network internazionali, con una consolidata partnership con la RAI.
Considerata una delle migliori orchestre da camera europee ha ospitato negli anni i migliori direttori d’orchestra e solisti italiani e non solo.
Orchestra da Camera Fiorentina. Beethoven ma non solo
Ha un repertorio solido e strutturato nell’ambito della musica classica.
Prova ne sia che i due concerti di debutto del 2024 propongono la Sinfonia n. 8 in fa maggiore op. 93 e la Fantasia per pianoforte, soli, coro e orchestra in do minore op. 80 di Beethoven.
Il 16 aprile, per esempio, sarà interamente dedicato a un omaggio alle musiche dei Queen.
Il 21 maggio si sconfinerà nel mondo del pop con omaggi ai grandi del genere.
Il 30 giugno saranno di scena i grandi compositori dell’ultimo secolo.
Il 10 e l’11 luglio a tener banco saranno i grandi musical di Broadway.
Il 22 luglio da non perdere l’omaggio a Michael Jackson e via via di questo passo.
Senza dimenticare i numerosi appuntamenti con le musiche di Puccini e dei suoi contemporanei.
Foto per gentile concessione di Marco Mannucci
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Hugo Claus, nel 2008 la morte del romanziere fiammingo
(Hugo Claus) Articolo scritto da E.T.A. Egeskov per Pillole di Cultura
Il 19 marzo 2008 ci lasciava Hugo Claus, considerato unanimemente uno dei più grandi romanzieri di lingua fiamminga di tutti i tempi.
SOMMARIO
- Hugo Claus. La vita
- Hugo Claus. La carriera artistica
- Hugo Claus. Flamingant francofono
- Hugo Claus. La sofferenza del Belgio
Purtroppo non abbastanza conosciuto in Italia Hugo Claus è considerato uno dei più grandi autori di lingua fiamminga.
Come si sa in Belgio si parlano prevalentemente due lingue.
Quella francese e il fiammingo, originale lingua imparentata con l’olandese che si parla nelle Fiandre.
Hugo Claus. La vita
Nacque il 5 aprile del 1929 a Bruges, cittadina fiamminga nota per i suoi canali chiamata anche “Venezia del Nord”.
In giovane età abbondonò la casa paterna per svolgere lavori stagionali nel nord della Francia.
Si trasferì poi a Parigi dove conobbe il regista e drammaturgo Antonin Artaud che Claus elesse a padre putativo.
Nel dopoguerra partecipò attivamente alle avanguardie artistiche prendendo parte attiva al gruppo CO.BR.A.
In seguito soggiornò anche in Italia per far poi rientro in Belgio, nelle sue amate Fiandre.
Iniziò così la sua carriera di scrittore che gli valse numerosi riconoscimenti e premi.
Quando gli fu diagnostica la malattia di Alzheimer volle scegliere lui stesso il momento della sua morte.
Essendo in Belgio consentita l’eutanasia il romanziere fiammingo volle porre fine alla sua esistenza in tale maniera.
Il 19 marzo 2008 presso una clinica di Anversa morì dunque il drammaturgo e scrittore fiammingo più noto fra i contemporanei.
Hugo Claus. La carriera artistica
Considerarlo soltanto uno scrittore sarebbe decisamente troppo riduttivo.
Anche se quasi tutti lo ricordiamo per un suo romanzo, La sofferenza del Belgio, che ci è valsa la fama internazionale.
Fu anche drammaturgo (con 31 opere teatrali realizzate) ma anche traduttore di teatro dalle lingue straniere.
È conosciuto anche come poeta e non solo.
Infatti dopo le esperienze avanguardiste e al movimento CO.BR.A. con legami al surrealismo si cimentò anche nella contestazione.
Negli anni ’60 fu uno dei più attivi nel movimento che chiedeva una riforma culturale, sociale e politica della regione delle Fiandre.
Memorabile lo scandalo che lo vide protagonista a teatro nel 1967.
In quell’occasione mandò sul palco tre uomini nudi a impersonare la Santissima Trinità.
Hugo Claus. Flamingant francofono
Flamingant francono era come amava definirsi lui stesso, non senza una grosse dose di autoironia.
Flamingat infatti è un modo dispregiativo per definire i nazionalisti fiamminghi da parte dei belgi stessi.
Le Fiandre hanno sempre avuto un’aspirazione indipendentista dal resto del Belgio francofono.
Claus ha rappresentato un po’ lo spirito critico dei fiamminghi.
Egli era attaccatissimo alla sua terra natia e l’amava come soltanto un fiammingo potrebbe fare.
Ma era anche molto scettico nei confronti del suo popolo e delle sue capacità di essere all’altezza di fare nazione a sé.
Più volte nei suoi romanzi l’autore ha velatamente, e spesso anche apertamente, criticato il comportamento dei fiammingi.
Specialmente nel suo romanzo più celebre, ovvero La sofferenza del Belgio.
Hugo Claus. La sofferenza del Belgio
Ne La sofferenza del Belgio, il romanzo più conosciuto e tradotto dell’autore fiammingo si trovano i temi a lui più cari.
Partendo dall’impronta cattolica della sua educazione e dei segni indelebili che vi aveva lasciato.
Claus crebbe infatti in un collegio cattolico e il suo libro più famoso ben descrive quel clima tutt’altro invidiabile che caratterizzò i suoi primi anni di vita.
Nel romanzo vi è anche un altro tema ricorrente, ovvero la poca dignità dei fiamminghi.
L’autore denuncia il comportamento spesso ambiguo e approfittatore di molti fiamminghi durante la Seconda Guerra Mondiale.
Il libro è considerato unanimente un capolavoro letterario per la sua scrittura.
Ma al tempo stesso è anche un affresco di una realtà, come quella belga fiamminga, assai poco nota.
Specialmente alle nostre latitudini.
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Griselda Blanco, la Regina dei Narcos
(Griselda Blanco) Articolo scritto da Amelia Settele per Persone e Storie, Fatti e società, Pagine Svelate.
Ascolta “Pagine Svelate. Puntata 1 – Griselda Blanco, la Regina dei Narcos” su Spreaker.“L’unico uomo di cui ho avuto paura era una donna, Griselda Blanco”.
A fare questa dichiarazione non fu un personaggio qualunque del mondo della droga, ma il suo leader più famoso Pablo Escobar.
SOMMARIO
- Griselda Blanco. La vita
- Griselda Blanco. Il Cartello di Medellin
- Griselda Blanco. L’impero del male
- Griselda Blanco. Famiglia e affari
- Griselda Blanco. Parabola discendente
- Griselda Blanco. La morte
Temuta persino da lui, Griselda Blanco rappresentò davvero il potere e la forza di donna, in un mondo maledetto fatto di uomini e sangue.
Dalla Colombia a Miami tra gli anni 70’-80’ creò un impero redditizio, sedendo sul trono più alto, spacciando cocaina e organizzando agguati sanguinari con lo stesso stile e la stessa rabbia.
In questi giorni la storia di Griselda – la Reina del Narcotraffico Sud Americano – è tornata prepotentemente alla ribalta grazie all’uscita sulla piattaforma Netflix della mini serie che narra la sua vita.
A interpretarla c’è una magnetica Sofia Vergara che le restituisce perfette movenze e il suo delirio di onnipotenza con una lucidità interpretativa pari a poche attrici del momento.
Ma prima di essere stata temuta da Pablo Escobar e di essere romanzata per una sceneggiatura americana, chi fu davvero Griselda Blanco?
Griselda Blanco. La vita
Griselda Blanco Restrepo nacque il 15 Febbraio del 1943 a Cartagena, in Colombia, in uno dei barrio più poveri della città e intorno agli undici anni, si trasferì con la famiglia a Medellin.
Ebbe una vita familiare davvero molto difficile, tanto che il padre presto li abbandonò mentre la madre era sempre più schiava dell’alcool.
La giovane Griselda crebbe in una realtà socio familiare davvero dura e durante l’adolescenza iniziò a prostituirsi.
Appena ventenne si sposò con Carlos Trujillo, da cui ebbe tre figli: Dixon, Osvaldo e Uber.
Carlos contrabbandava e falsificava documenti per chi voleva entrare negli Stati Uniti d’America e Griselda sembrava molto affascinata dai suoi traffici.
Purtroppo la loro storia ebbe un epilogo tragico in quanto la Reina lo uccise per una questione d’affari.
Subito dopo la morte di Trujillo, si trasferì negli USA con i figli e il secondo marito Alberto Bravo.
Un trafficante che aveva fatto soldi spacciando cocaina e con il quale si stabilì inizialmente a New York.
È proprio nella città che “non dorme mai” che Griselda entrò di petto nel mondo dello spaccio di stupefacenti.
Il suo business però si concentrò e concretizzò solo dopo essersi trasferita a Miami, in Florida.
Città dove senza pietà e con sadica costanza divenne la Regina dello spaccio.
Grazie anche al supporto e all’aiuto del suo amico d’infanzia Pablo Emilio Escobar che le permise di entrare nel Cartello di Medellin.
Griselda Blanco. Il Cartello di Medellin
Il Cartello di Medellin fu un’organizzazione di narcotrafficanti molto ben ramificata e organizzata con base in Colombia.
Capace di coprire lo smercio di droga dalle Americhe sino all’Europa tra gli anni ’70 e ’80.
Fu creata e gestita da Pablo Escobar insieme a Gonzalo Rodriguez Gacha – soprannominato El Mexicano – e i fratelli Ochoa.
Griselda Blanco. L’impero del male
Per Griselda appartenere a quel temibile Cartello di Narcos rappresentava la certezza di un potere concreto e sicuro, a cui attingere per espandere il suo impero a Miami.
Sanguinaria, spietata e senza un briciolo di scrupolo alcuno, ebbe diversi sicari alle sue dipendenze mentre ramificava la sua autorità e consolidava il suo personaggio di criminale.
Si rese responsabile di centinaia di omicidi.
Mentre il sangue scorreva a fiumi su chiunque cercasse di fermare la sua ascesa criminale e la costruzione del suo impero.
Parallelamente la sua vita personale la vide impegnata in un nuovo matrimonio con Dario Sepulveda, da cui ebbe il quarto figlio: Michael Corleone.
Sì, avete letto bene, il nome fu scelto in onore del famoso Capomafia del film “The Godfather”.
Cult movie diretto da Francis Ford Coppola e interpretato da Marlon Brando – uscito nei cinema nel 1972.
Insomma Griselda sembrava avere tutto: una famiglia, l’amore, montagne di denaro.
Si dice che accumulò un patrimonio di circa due miliardi di dollari che – nell’America degli anni ’70-’80 – erano davvero una somma immensa e impressionante.
Griselda Blanco. Famiglia e affari
La Madrina del narcotraffico riuscì a gestire famiglia e affari con la stessa ferocia e lo stesso fascino di chi non teme nessuno, neppure la propria coscienza.
Fu diabolica, sanguinaria e cosciente di avere pochi uomini fidati al proprio fianco.
Infatti, oltre al marito Dario e ai figli più grandi, diede credito a un altro uomo del suo clan: Jorge “Rive” Ajala, al quale affidò la gestione del reparto armato.
Lei commissionava omicidi, lui li eseguiva.
Non si fermarono mai dinnanzi a nulla, neppure davanti ai bambini.
Vittime sacrificali che, agli occhi di Griselda, rappresentavano un messaggio importante da trasmettere ai propri detrattori.
Lei non si fermava davanti a niente e a nessuno.
Il potere aumenta, i nemici raddoppiano.
Nel corso del suo Regno Maledetto, la Madrina dei Narcos divenne un elemento cardine del sistema organizzativo del traffico e del contrabbando di cocaina tra la Colombia e gli Stati Uniti d’America.
Soprattutto sulle piazze di Miami e New York City.
Griselda Blanco. Parabola discendente
La sua parabola criminale iniziò la discesa dopo essersi trasferita in California – dove visse con l’ultimogenito – per problemi sempre più ingestibili con i suoi collaboratori.
Venne arrestata e riportata in Florida, a Miami, dove fu condannata alla reclusione.
In carcere passò ben venti anni.
Solo il 6 Giugno 2004 le autorità giudiziarie di Miami decisero di scarcerarla e rimpatriarla in Colombia, a Medellin.
Durante la detenzione però, i sicari iniziarono a mietere morte, uccidendo tre dei suoi amati figli.
Sopravvisse allo sterminio solo Michael Corleone Sepulveda Blanco .
Nato il 5 Agosto 1978, oggi vive a Miami insieme alla moglie e ai loro tre figli.
È stato protagonista di un reality show – “Cartel Crew”.
Show nel quale ha ammesso che dalla morte della madre, ha scelto di non avere più legami col mondo della malavita e del narcotraffico.
Oggi è un imprenditore che opera nel campo della moda e della musica oltre che della cannabis.
Ha scritto un libro dal titolo: “My Mother – The Godmother”.
Michael Corleone è il suo unico discendente rimasto, mentre il nome di Griselda continua a riecheggiare nei meandri più sordidi di questa storia di droga e potere, eccessi e decadenza.
Griselda Blanco. La morte
Il 3 Settembre 2012 Griselda venne uccisa in un agguato a Medellin.
I killer in motocicletta l’aspettavano fuori da una macelleria e le spararono due colpi, lasciandola a terra esanime.
Si chiuse così, con il sangue a terra – quella volta il suo – la vita imperfetta della Madrina dei Narcos.
Donna emblematica e inquietante, capace di ottenere il più ambito dei ruoli, in un mondo dove l’universo femminile non ha nessun titolo ufficiale.
Rappresenta ancora oggi un’eccezione alla regola.
La sua personalità la spinse dove nessun’altra era mai arrivata.
Un triste primato, certo, che neppure la serie televisiva riuscirà ad alleggerire, perché Griselda Blanco è stata una criminale, temuta anche dai peggiori.
Fonti:
- Today: “Che fine ha fatto la vera Griselda Blanco che ha ispirato la serie Netflix “Griselda”?”
- Quotidiano nazionale: “ La storia di Sofia Vergara, Griselda Blanco nella serie Netflix”
- TAG24: “Chi è Griselda Blanco”
- Libero: “Griselda Blanco, la Madrina del Narcotraffico che faceva paura a Escobar”
- Wikipedia: “Griselda Blanco”
- Today: “Che fine ha fatto Michael Corleone, l’unico figlio ancora vivo di Griselda Blanco”
Geopolitica, una delle parole per comprendere la guerra
(Geopolitica) Articolo scritto da E.T.A. Egeskov per Politica e Geopolitica
Una parola che sentiamo spesso di questi tempi è Geopolitica (o nello specifico Geopolitica Internazionale).
SOMMARIO
Qual è il significato della parola Geopolitica e i suoi campi d’applicazione?
Il termine viene sempre usato un modo proprio?
Sopratutto dopo lo scoppio della guerra in Ucraina scatenata dall’ingiustificata invasione russa al paese vicino, si sente sempre più parlare di Geopolitica.
Ma davvero sappiamo cosa significa questa parola?
Geopolitica. Definizione
In realtà la definizione esatta del termine Geopolitica non è condivisa da tutti in modo univoco.
Si tratta infatti di una disciplina ancora abbastanza recente e dai campi di applicazione piuttosto allargati e flessibili.
Si potrebbe definire Geopolitica quella scienza che studia le interazioni delle Azioni Politiche con la Geografia Fisica e con la Geografia Umana.
Pertanto l’utilizzo di tutte le informazioni geografiche sui territori e sulle popolazioni servono a determinare le scelte politiche dei decisori, nazionali e internazionali.
Di contro tutte le decisioni politiche influenzano a loro volto la geografia fisica del territorio ma soprattutto quella umana.
Si pensi banalmente a cosa comporta lo scoppio di una guerra su un dato territorio.
Come ne modifica la geografia fisica e ancor di più la vita delle popolazioni, le relazioni sociali, economiche, culturali e politiche.
La Geopolitica studia tutto ciò.
Geopolitica. Internazionale
Se poi parliamo di Geopolitica Internazionale ecco che mettiamo in relazione tutti i dati di cui abbiamo trattato sopra a un livello sovrannazionale.
Dunque le azioni politiche non sono più quelle di un singolo decisore politico statale ma riguardano la comunità internazionale nel suo complesso.
O almeno in una sua parte.
Pertanto quando si parla di Geopolitica Internazionale spesso si fa riferimento a una sorta di “gioco” delle parti fra i vari governi.
I quali attraverso azioni dichiarate e altre sottintese, grazie a moral persuasion, accordi commerciali, condizionamenti diretti o indiretti, stabiliscono linee di condotta su questioni specifiche che coinvolgono più stati nazionali.
In pratica qualsiasi relazione internazionale fra due o più stati è di fatto un’azione di Geopolitica Internazionale e come tale andrebbe studiata e analizzata.
Foto di David Sánchez-Medina Calderón da Pixabay
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Nabucco, 9 marzo 1842 debutto trionfale alla Scala di Milano
(Nabucco) Articolo scritto da E.T.A. Egeskov per Pillole di Cultura
Il 9 marzo 1842 debutta con un trionfo alla Scala di Milano il Nabucco di Giuseppe Verdi.
SOMMARIO
- Nabucco. Il primo vero successo di Giuseppe Verdi
- Nabucco. L’opera
- Nabucco. Abigaille vuole la corona
- Nabucco. La condanna a morte per gli ebrei
- Nabucco. Il re dei re
- Nabucco. I collegamenti risorgimentali
- Nabucco. Più dell’opera poté la canzone
Fu la terza opera portata in scena fra quelle scritte dal maestro di Busseto e ne decretò l’indiscusso successo.
Era il 9 marzo del 1842 quando alla Scala di Milano debuttava il Nabucco alla presenza di Gaetano Donizetti.
Nabucco. Il primo vero successo di Giuseppe Verdi
Verdi aveva debuttato tre anni prima, nel 1939 con l’opera Oberto, conte di San Bonifacio.
Opera seguita l’anno seguente dal melodramma gioioso in due atti Un giorno di regno.
Ma fu solo con il debutto del Nabucco nel 1842 che Verdi raggiunse la fama e il successo che poi lo reso immortale.
Tanto che già nel 1843 presento I lombardi alla Prima Crociata e l’anno seguente Ernani.
Le prime quattro opere debuttarono alla Scala di Milano, teatro con il quale Verdi aveva particolare feeling.
Soltanto con Ernani Verdi si cimentò con un debutto non meneghino.
Il dramma lirico in quattro parti con il libretto di Francesco Maria Piave debuttò infatti al Teatro La Fenice di Venezia.
Nabucco. L’opera
L’opera inizialmente è ambientata in terra di Palestina durante l’assedio dei babilonesi capeggiati dal loro re.
All’interno della Gerusalemme assediate a consolore gli ebrei c’è il profeta Zaccaria.
Nella capitale degli ebrei c’è anche Fenena, la figlia di Nabuccodonosor, ostaggio in mano al popolo ebraico.
La prigioniera babilonese viene consegnata in custodia a Ismaele, nipote del re di Gerusalemme.
Ovviamente Fenena e Ismaele si innamorano e decidono di fuggire insieme.
Ma l’altra figlia del re di Babilonia, Abigaille, anch’ella innamorata di Ismaele, impedisce la fuga.
Nabuccodonosor alla fine riottiene la figlia ostaggio degli ebrei e incendia il tempio di Gerusalemme.
L’opera prosegue poi a Babilonia dove Abigaille scopre di essere in realtà una schiava.
Nabucco. Abigaille vuole la corona
Scoperte le sue umili origini Abigaille decide di mettersi in combatta con il sacerdote Belo per impossessarsi del regno.
Intanto Fenena, essendo reggente per conto del padre, decide di liberare tutti gli ebrei.
Anche perché nel frattempo ha deciso di convertirsi all’ebraismo.
Decisione che fa letteralmente infuriare Abigaille.
Nabuccodonosor intanto viene creduto morto in battaglia finché non torna in tempo per assistere alla rinvedicazione del trono da parte di Abigaille.
Nabuccodonosor maledice il dio dei babilonesi e quello degli ebrei ma in quell’istante un fulmine lo colpisce facendogli cadere la corona.
Corona che viene raccolta da Abigaille che si proclama sovrana.
Nabucco. La condanna a morte per gli ebrei
Divenuta regina di Babilonia Abigaille decide di mandare a morte tutti gli ebrei.
Compresa sua sorella Fenena, che nel frattempo si è convertita all’ebraismo.
Abigaille chiede al padre di mettere la sua firma sul documento che decreta la morte degli ebrei.
Il re ormai non più in sé, acconsente, salvo poi accorgersi che nella lista c’è anche sua figlia Fenena.
Chiede allora pietà per lei ma Abigaille rimane irremovibile, anche la sorella deve morire.
Allora Nabuccodonosor le rinfaccia che lei non è sua figlia ma una schiava.
Abigaille, che aveva trovato il documento che ne attestava le origini, straccia quest’ultimo in faccia allo spodestato re.
Nel frattempo gli ebrei sulle rive dell‘Eufrate intonano il famoso canto del Va’ pensiero.
Nabucco. Il re dei re
Quando ormai tutto sembra perduto Nabuccodonosor chiede perdono al dio degli ebrei.
E lo prega di accorrere in soccorso di Fenena e del popolo ebraico.
Immediatamente giunge un ufficiale fedele al re che con un manipolo di uomini libera il suo sovrano.
Nel frattempo gli ebrei stanno marciando incontro alla morte e Zaccaria assiste Fenena confortandola nell’ultima ora.
Intanto arriva Nabuccodonosor con i suoi uomini e ordina che venga abbattuta la stua di Belo (il sacerdote complice di Abigaille).
Ma la statua crolla terra senza che nessuno l’abbia toccato e a tutti i presenti ciò pare un chiaro messaggio divino.
Nel frattempo Abigaille si è avvelenata ma prima di morire ha ancora la forza di chiedere perdono.
Prima di essere liberati gli ebrei ricevono da Nabuccodonosor l’esortazione a costruire un grande tempio per onorare l’unico vero dio.
In conclusione Zaccaria profetizza a al re babilonese che avendo egli servito Jehova sarà chiamato Re dei Re
Nabucco. I collegamenti risorgimentali
Come molte altre opere composte da Giuseppe Verdi in quegli anni anche l’opera del re di Babilonia ebbe una valenza anche risorgimentale.
Facile l’accostamento fra il popolo ebraico prigioniero del re dei babilonesi con le genti italiche ancora sotto la dominazione dello straniero.
Giusto ricordare che l’Italia di quegli anni pullulava di moti insurrezionalisti contro i vari regnanti stranieri.
E che di lì a pochi anni sarebbe scoppiata la Prima Guerra d’Indipendenza fra il Regno di Sardegna e l’Impero Austriaco.
Persino il cognome Verdi fu utilizzato come acronimo risorgimentale: Vittorio Emanuele Re d’Italia (V. E.R.D.I –> Verdi).
Non era raro trovare scritto sui muri di Milano viva Verdi, con il duplice significato di apprezzamento per il compositore e come atto rivoluzionario contro il regime austriaco.
Nabucco. Più dell’opera poté la canzone
L’opera è stata senza dubbio uno dei più grandi successi di Giuseppe Verdi, oltre ad essere stato il primo ad essere riconosciuto come tale.
Ma la complessità dell’opera e del tema trattato e la maestria della composizione vengono spesso messe in secondo piano.
Infatti un brano ha saputo travalicare i confini dell’opera stessa e divenire egli stesso opera immortale.
Si tratta ovviamente del celebre Va’ pensiero, ovvero del canto intonato dagli ebrei sulle rive dell’Eufrate quando ormai pensano di essere alla fine.
Quella canzone divenne così popolare che in molti l’avrebbero persino voluta come inno nazionale una volta riunita gran parte della penisola sotto la stessa bandiera.
Ancora oggi è uno dei brani più conosciuti di Verdi e in generale della musica lirica.
Persino da chi di musica lirica non se ne intende o addirittura non l’ama affatto.
Foto di Girl with red hat su Unsplash
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Polo Sud, conquista annunciata 84 giorni più tardi
(Polo Sud) Articolo scritto da E.T.A. Egeskov per Pillole di Cultura
Il 7 marzo 1912 l’esploratore norvegese Roald Amundsen annunciò che il 14 dicembre 1911 aveva raggiunto il Polo Sud.
SOMMARIO
- Polo Sud. Amundsen, nato per esplorare
- Polo Sud. Magnetico o geografico
- Polo Sud. Il precedente della Belgica
- Polo Sud. Una gara finita in tragedia
Quella per la conquista del Polo Sud fu una e vera propria sfida fra due spedizioni.
Una capeggiata dal britannico Robert Falcon Scott.
L’altra invece aveva alla guida l’esploratore norvegese Roald Amundsen
Polo Sud. Amundsen, nato per esplorare
Roald Amundsen nacque il 16 luglio 1872 in Norvegia e fin da piccolo manifestò il suo interesse per i viaggi.
In particolar modo Amundsen si sentiva attratto dalle condizioni estreme dove l’uomo veniva messo duramente alla prova.
In quei decenni a cavallo fra il XIX e il XX secolo furono due le grandi sfide che l’essere umano aveva deciso di affrontare.
Ovvero di raggiungere i due punti estremi del globo terrestre. Il Polo Nord e il suo opposto sull’emisfero australe.
Ancora oggi le due mete rappresentano un traguardo tutt’altro che facile da raggiungere.
Figurarsi quale sfida dovessero rappresentare poco più di un secolo fa, senza la tecnologia di oggi.
Né tantomeno satelliti, comunicazioni e mezzi di trasporto adeguati!
Polo Sud. Magnetico o geografico
Prima di addentrarsi nell’avventura della conquista del Polo Sud occorre precisare che in realtà ne esistono due.
Il primo è quello denominato geografico ed situato a 90° di latitudine sud.
In pratico è quel punto ideale dove convergono tutti i meridiani della Terra.
Il secondo è il Polo Sud Magnetico e non necessariamente coincide con quella geografico.
Anzi, in realtà non coincide praticamente mai visto che quello magnetico si sposta in continuazione.
Quello Magnetico è quel punto dove le linee del campo geomagnetico sono perpendicolari al suolo.
Allo stesso modo esistono un Polo Nord Geografico e un Polo Nord Magnetico.
Polo Sud. Il precedente della Belgica
Prima delle due spedizioni di Scott e Amundsen furono molti i viaggi che tentarono di avvicinarsi al continente antartico.
Fra i molti è doveroso ricordare quello della spedizione belga capitanata da Adrien de Gerlache.
La nave battezzata Belgica salpò con tutti gli onori dal porto di Anversa intenzionata a raggiungere il polo Sud Magnetico.
Le disavventure di quella spedizione meriterebbero più di un articolo per essere descritte.
Qui si vuole solo ricordare che a bordo di quella nave, imbarcato come ufficiale, vi era anche Roald Amundsen.
Il quale ebbe un ruolo rilevante per evitare il disastro completo della spedizione e seppe trarre giovamento dalla disavventura.
Tanto che quanto appreso in quell’occasione lo utilizzò nei suoi viaggi polari, compreso quello della conquista dell’Antartide.
Polo Sud. Una gara finita in tragedia
La rivalità fra Scott e Amundsen fu la molla che spinse le due spedizioni a dare il massimo in quell’occasione.
Per raggiungere il Polo Sud Geografico occorreva attraversare la catena montuosa transantartica con vette superiori ai 4.500 metri d’altitudine.
Partiti da due punti distinti ma non troppo distanzi sulle coste antartiche del Mare di Ross le due spedizioni seguirono percorsi diversi.
Ma non solo, anche la metodologia di approccio alla spedizione fu parecchio differente.
Si è già detto di come Amundsen avesse conosciuto le difficoltà antartiche a bordo della Belgica.
E ne seppe fare grande tesoro, insieme alla sua innata conoscenza della neve e del ghiaccio viste le sue origini norvegesi.
Roald Amundsen raggiunse il Polo Sud Geografico il 14 dicembre 1911 ma poté comunicare il buon esito raggiunto soltanto il 7 marzo 1912.
Robert Falcon Scott giunse al medesimo risultato ma soltanto 35 giorni più tardi di Amundsen.
Sulla via del rientro tutti i membri della spedizione, Scott compreso, andarono incontro alla morte.
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Fulton, Churchill iniziò la Guerra Fredda nominando la Cortina di Ferro
(Fulton) Articolo scritto da E.T.A. Egeskov per Pillole di Cultura
Il 5 marzo 1946 l’ex primo ministro britannico Winston Churchill, nella città di Fulton (Missouri, USA) utilizzò per la prima volta il termine Cortina di Ferro.
SOMMARIO
- Fulton. Winston Churchill
- Fulton. L’inizio della Guerra Fredda
- Fulton. La Cortina di Ferro
- Fulton. I precedenti dello stesso Churchill di Dulles
Convenzionalmente l’inizio della Guerra Fredda viene fatto risalire al 5 mazo 1946.
L’ex primo ministro britannico Winston Churchill era in viaggio negli USA, nella città di Fulton, nel Missouri.
Fu in quell’occasione che utilizzò per la prima volta il termine Cortina di Ferro.
Per questo motivo quella data viene utilizzata come inizio della Guerra Fredda.
Fulton. Winston Churchill
Nato a Woodstock nel 1874 Winston Churchill fu primo ministro britannico dal 1940 al 1945 e dal 1951 al 1955.
È unanimente considerato colui che seppe tenere uniti gli inglese durante i duri anni della guerra con la Germania.
E la sua determinazione è ricordata con quel famoso motto: “noi non ci arrenderemo mai”.
Si era seduto a Yalta con le grandi potenze (USA e URSS).
Ma aveva perso soprendentemente le elezioni del 1945 dopo aver vinto la guerra e divenne capo dell’opposizione.
Fu in tale veste che nel 1946 si recò negli Stati Uniti per un viaggio.
Fulton. L’inizio della Guerra Fredda
Fulton è una piccola cittadina dello stato del Missouri che a oggi conta poco più di 12.000 abitanti.
Collocata nei pressi della città di Jefferson City la cittadina è assurta agli onori della cronaca grazie alla visita di Winston Churchill.
Il 5 marzo 1946 l’ex primo ministro britannico tenne un discorso presso il Westminster College.
L’argomeno trattato fu la divisione in blocchi dell’Europa appena uscita dalla guerra.
Fu in quell’occasione che Churchill utilizzò per la prima volta il termine Cortina di Ferro.
A indicare la divisione netta fra blocco occidentale e quello sovietico a oriente.
In pratica sancì quella spaccatura idelogica, politica e militare che poi verrà chiamata Guerra Fredda.
Tanto che convenzionalmente si fa risalire proprio al discorso di Chuchill l’inizio di tale periodo.
Fulton. La Cortina di Ferro
Durante il discorso tenuto al Westminster College di Fulton Winston Churchill riconobbe il ruolo dell’Unione Sovietica come potenza mondiale.
Altresì indicò come l’Europa fosse di fatto divisa in due blocchi contrapposti.
Quello occidentale e quello orientale, quest’ultimo strettamente legato all’URSS.
Da Stettino (nel Mar Baltico) a Trieste (nel Mar Adriatico) una Cortina di Ferro era scesa a separare i due blocchi.
Queste furono le parole pronunciate dall’ex primo ministro britannico vincitore della Seconda Guerra Mondiale.
E quel termine, Cortina di Ferro, finì con l’identificare anzitutto il confine geografico fra i paesi occidentali e quelli sotto l’influenza sovietica.
Ma soprattutto separò nettamente l’Europa libera e democratica a occidente da quella filo sovietica in qualche modo assoggettata ai voleri di Mosca a est.
Fulton. I precedenti dello stesso Churchill e di Dulles
Di fatto tutti concordano che il termine Cortina di Ferro vide la luce il 5 marzo 1946 a Fulton, in Missouri (USA).
In realtà, però, lo stesso Winston Churchill aveva utilizzato quel termine l’anno prededente, l’11 maggio 1945.
A quel tempo Churchill era ancora primo ministro del Regno Unito.
Utilizzò il termine Cortina di Ferro in un telegramma inviato al presidente americano Truman nel bel mezzo della crisi di Trieste.
Il 3 dicembre sempre del 1945 il diplomatico e spia americana Allen Dulles utilizzò lo stesso termine Cortina di Ferro in un discorso.
In quell’occasione, però, il diplomatico americano si riferiva unicamente alla Germania e alla sua divisione fra est e ovest.
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Apollo 9, prova generale per l’allunaggio
(Apollo 9) Articolo scritto da E.T.A. Egeskov per Pillole di Cultura
Il 3 marzo 1969 partiva da Cape Canaveral la missione Apollo 9, la prima con tutti i moduli dell progetto Apollo, prova generale per l’allunaggio del luglio successivo.
SOMMARIO
- Apollo 9. La sfida della conquista della Luna
- Apollo 9. Mercury, Gemini e infine Apollo
- Apollo 9. La penultima prova generale per l’allunaggio
- Apollo 9. Servì anche per Apollo 13
Tutti quanti ricordiamo la data del 20 luglio 1969 perché per la prima volta un essere umano mise piede su un suolo alieno.
La missione Apollo 11 realizzò l’obiettivo dell’allunaggio e due uomini poterono calpestare la polvere della Luna.
Ciò fu possibile anche grazie alla buona riuscita della missione Apollo 9 del marzo 1969.
Praticamente la penultima prova generale prima dell’allunaggio.
Apollo 9. La sfida della conquista della Luna
I 25 maggio 1961 il presidente J.F. Kennedy annunciò che gli americani sarebbe andati sulla Luna prima della fine di quel decennio.
Lo fece di fronte al Congresso Americano riunito in sessione congiunta.
E fu in qualche modo una reazione d’orgoglio degli USA di fronte ai successi dei sovietici in campo spaziale.
Vide così la luce il progetto Apollo, già in qualche modo concepito durante la precedente presidenza Eisenhower.
L’obiettivo era molto ambizioso e il programma per realizzarlo fu una delle sfide tecnologiche più riuscite della storia.
Apollo 9. Mercury, Gemini e infine Apollo
Per colmare il gap in ambito spaziale che divideva gli americani dai russi fu varato un’ambizioso progetto spaziale.
Nel 1958 iniziò il programma Mercury che intendeva recuperare il divario accumulato con i sovietici.
Chiuso nel 1963 il programma Mercury seguì il programma Gemini, ovvero navicelle spaziali a due posti (contro quelle monoposto del Mercury).
Dal 1963 al 1966 i lanciatori Titan (Titan I e Titan II) lanciarono in orbita le navicelle Gemini (2 senza equipaggio e 10 con equipaggio).
Furono missioni importantissime per sviluppare la tecnologia necessaria al successivo programma Apollo.
Programma che vide la luce nel 1967 con il terribile incidente dell’Apollo 1 in fase di collaudo sulla rampa di lancio.
Veniva utilizzato il nuovo vettore Saturn e prevedeva tre uomini d’equipaggio.
L’obiettivo finale era far giungere due uomini a camminare sul suolo lunare.
Apollo 9. La penultima prova generale per l’allunaggio
Dopo lo sfortunato incidente dell’Apollo 1 nel 1967 si dovette attendere sino all’ottobre del 1968 per il primo lancio con equipaggio.
Si trattava dell’Apollo 7 e nonostante avesse a bordo tutti e tre i membri dell’equipaggio mancava ancora il modulo lunare (LM).
Fu soltanto qualche mese più tardi, il 3 marzo 1969 che con la missione Apollo 9 furono lanciati in orbita sia il CSM che il LM.
Ovvero il Modulo di Comando e Servizio e il Modulo Lunare.
Durnate tale missione vennero sperimentati entrambi in vista della missione di luglio dove era previsto il primo allunaggio.
Fu dunque una missione importantissima, anche perché il tempo stringeva e il decennio stava per finire.
Se la missione Apollo 9 fosse fallita la possibilità allunare entro la fine degli anni ’60 come promesso da Kennedy sarebbe diventata quasi impossibile.
Apollo 9. Servì anche per Apollo 13
Furono svolte tutte le prove di accensione dei propulsori per la discesa sulla luna e successiva risalita.
Fu anche testato il rendez-vous spaziale fra i due moduli (per simulare il ritorno del modulo LM dalla Luna per aggangiarsi al modulo CSM).
Fu testata anche la possibilità di spingere i due moduli insieme grazie ai propulsori di discesa del modulo LM.
Era una prova svolta in vista di un possibile utilizzo d’emergenza in caso di guasto dei prosulsori del modulo CSM.
Caso volle che nella missione dell’aprile 1970 la navicella Apollo 13 abbia dovuto utilizzare proprio questa modalità per far rientro sulla Terra.
La vicenda dell’Apollo 13 è forse ancora più famosa di quella dell’Apollo 11 e dello sbarco anche grazie a un noto film che ne ha raccontato i drammatici momenti vissuti nello spazio.
Foto di Thomas G. da Pixabay
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30 febbraio 1712, è esistito davvero ma solo in Svezia!
(30 febbraio 1712) Articolo scritto da E.T.A. Egeskov per Pillole di Cultura e Il crogiuolo
Il 30 febbraio non è un errore di battitura ma un unicum nella storia, accaduto nel 1712 e soltanto in Svezia.
SOMMARIO
- 30 febbraio 1712. I giorni di febbraio
- 30 febbraio 1712. Calendario Gregoriano e Calendario Giuliano
- 30 febbraio 1712. La resistenza protestante
- 30 febbraio 1712. Il pasticcio svedese
- 30 febbraio 1712. Aggiungere il giorno tolto
- 30 febbraio 1712. Quello svedese non è stato l’unico 30 febbraio
- 30 febbraio 1712. Febbraio da 30 giorni già nella Roma Antica?
In un precedente articolo abbiamo raccontato di un giorno che non è mai esistito.
Si trattava del 30 dicembre 2011 e l’evento aveva riguardato le isole Samoa e le Tokelau.
In quel caso si era trattato di spostare la linea del cambiamento di data e per farlo nelle due nazioni del Pacifico era stato cancellato un giorno.
Nel caso svedese, invece, è stato aggiunto eccezionalmente un altro giorno a febbraio.
Trattandosi di un anno bisestile al 29 febbraio non è seguito il 1 marzo come da consuetudine ma un eccezionale 30 febbraio.
30 febbraio 1712. I giorni di febbraio
Tutti quanti ricordiamo la filastrocca dei mesi imparata sui banchi di scuola delle elementari.
30 giorni a novembre con april, giugno e settembre, di 28 ce n’è uno, tutti gli altri ne han trentuno.
E il mese che ha 28 giorni lo sappiamo tutti è febbraio, anomalo rispetto a tutti gli altri per la sua lunghezza (o per quanto è corto se volete!).
Sappiamo anche che negli anni bisestili febbraio si allunga e finisce con l’avere 29 giorni, proprio come capita in questo 2024.
Perché ogni quattro anni (periodo bisestile) febbraio ha un giorno in più?
Per compensare il calcolo dei giorni che compongono un anno.
Noi diciamo che un anno ha 365 giorni, ma ci dimentichiamo delle ore e dei minuti.
Dunque ogni quattro anni aggiungiamo un giorno per fare in modo che il calendario umano corrisponda con quello astronomico.
30 febbraio 1712. Calendario Gregoriano e Calendario Giuliano
Quello che utilizziamo oggi in quasi tutto il mondo (almeno in quello occidentale) è il calendario definito Gregoriano.
Ovvero quello varato da Papa Gregorio XII dal quale ha preso il nome.
Nel 1582 il papa si accorse che il calendario umano non era più allineato con quello astronomico e decise quindi di riallinearli.
Il precedente calendario utilizzato era quello detto Giuliano, ovvero quello varato da Giulio Cesare circa sedici secoli prima.
Con l’andare del tempo il Calendario Giuliano era andato avanti di 10 giorni rispetto a quello astronomico.
Questo perché in realtà l’anno solare dura 365 giorni, 5 ore e 49 minuti e 16 secondi.
Aggiungendo un giorno ogni quattro è come se si dicesse che mediamente ogni anno dura 365 giorni e 6 ore esatte.
Va da sé che ogni anno si guadagnano 10 minuti e 44 secondo che moltiplicati per circa 1600 anni fanno grossomodo 10 giorni.
Per questo motivo papa Gregorio XII decretò dopo il 4 ottobre del 1582 anziché seguire come di consueto il giorno 5 ci fosse invece il giorno 15 ottobre.
In questo modo vennero riallineati i due calendari, umano e astronomico.
30 febbraio 1712. La resistenza protestante
Se in tutti i paesi a maggioranza cattolica venne immediatamente adottato il Calendario Gregoriano altrettanto non avvenne nei paesi protestanti.
Per ragioni di opportunità politica in tanti stati si preferì mantenere, almeno per un po’ il vecchio Calendario Giuliano.
Con il tempo e la necessità di raccordare le date anche per via dei commerci sempre più fitti fra nazioni molti stati prostentanti passarono al Calendario Gregoriano.
Ognuno lo fece in medi e modi differenti.
Il caso della Svezia rimane unico e irripetibile.
30 febbraio 1712. Il pasticcio svedese
In Svezia nel 1699 si decise dunque di abbandonare il Calendario Giuliano per adottare quelle Gregoriano.
Contrariamente a quanto fatto nei paesi cattolici non si optò per la soluzione di cancellare 10 giorni dal calendario saltandoli a piè pari.
Si preferì invece un approccio più morbido cancellando soltanto il giorno 29 febbraio degli anni bisestili dal 1700 al 1740.
Ovvero un giorno ogni 4 anni per un totale di 10 giorni in 40 anni.
Così nel 1700 si passò dal 28 febbraio al 1 marzo saltando il 29 febbraio.
Purtroppo nel 1704 e nel 1708 gli svedesi, presi da faccende belliche, si dimenticarono di saltare il 29 febbraio (erano entrambi anni bisestili).
In questo modo si sarebbe dovuto allungare il tempo di cancellazione del 29 febbraio sino al 1748 per far quadrare i conti.
30 febbraio 1712. Aggiungere il giorno tolto
Avendo constatato la difficoltà ad adottare il Calendario Gregoriano in Svezia di decise dunque di tornare al Calendario Giuliano.
A quel punto però il calendario svedese era sfasato di un giorno rispetto al Calendario Giuliano universalmente adottato.
Questo perché nel 1700 aveva saltato il 29 febbraio.
Si decise dunque che nel 1712 si sarebbe recuperato il giorno perso e si decise che quell’anno febbraio avrebbe avuto 30 giorni.
Essendo infatti il 1712 un anno bisestile febbraio avrebbe già avuto 29 giorni, aggiungendone un altro si arrivava dunque a 30.
E fu così che per una sola volta nella storia della Svezia febbraio si compose di 30 giorni, restando un unicum irripetibile per sempre.
Per la cronaca gli svedesi si pentirono presto di tale decisione e già nel 1753 tornarono sui loro passi adottando il Calendario Gregoriano.
Memori dei pasticci degli inizi XVIII secolo decisero di passare dunque dal 18 al 28 febbraio di quell’anno.
30 febbraio 1712. Febbraio da 30 giorni già nella R|oma antica?
Per quanto possa sembrare incredibile il caso svedese non è l’unico ad aver annoverato un 30 febbraio sul calendario.
In Unione Sovietica nel 1929 si decise di adottare il Calendario Rivoluzionario Sovietico.
Si trattava di un calendario composto da 12 mesi di 30 giorni ciascuno più 5 (o 6 nel caso di anni bisestili) festività che non rientravano in alcun mese.
Nel 1930 e nel 1931 vi fu dunque un 30 febbraio nel calendario sovietico, salvo poi fare retromarcia immediatamente.
Infatti dal 1932 anche l’Unione Sovietica tornò ad adottare il calendario standard con febbraio di 28 giorni (29 in caso di anno bisestile).
Anche il Calendario Copto si compone di 12 mesi da 30 giorni ciascuno.
A questi va aggiunto un breve mese intercalare alla fine dell’anno composto da 5 giorno (o 6 nel caso di anno bisestile).
Simile a quello Copto fu anche il Calendario Rivoluzionario Francese che però ebbe vita breve (dal 1792 al 1805).
30 febbraio 1712. Quello svedese non è stato l’unico 30 febbraio
Stando a quanto affermato dallo studioso Sacrobosco nel 1235 nell’antico calendario giuliano il mese di febbraio avrebbe avuto 29 giorni.
Ovvero 30 giorni negli anni bisestili, praticamente un giorno in più rispetto a quello del nostro calendario moderno.
Secondo lo studioso medievale fu l’imperatore Augusto a togliere un giorno a febbraio per “donarlo” al mese Sextilis che venne rinominato agosto.
Difatti Sextilis divenne Augustus proprio per onorare l’imperatore, così come Iulius fu chiamato così in onore di Giulio Cesare.
Avendo agosto in origine, secondo il Sacrobosco, solo 30 giorni l’imperatore Augusto decise di portarlo a trentuno.
Aggiunse dunque un giorno, secondo questa teoria, per renderlo lungo uguale al mese di luglio (dedicato a Giulio Cesare).
Per fare ciò tolse un giorno da febbraio riducendo quest’utiltmo da 29 a 28 giorni.
Dunque da 30 a 29 negli anni bisestili.
Va sottolineato come però questa teoria del Sacrobosco non abbia mai trovato alcuna conferma documentale.
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