Salem, il processo alle streghe del 1692
(Salem) Articolo scritto da E.T.A. Egeskov per Pillole di Cultura
8 febbraio 1692, una data che è rimasta nella storia della piccola cittadina di Salem e nell’immaginario collettivo per il famigerato processo alle streghe.
SOMMARIO
- Salem. Le sue radici puritane
- Salem. L’epidemia di stregoneria
- Salem. Colpa di Satana
- Salem. Tituba confessa
- Salem. Giles Corey si rifiuta di dichiararsi colpevole o innocente
- Salem. Lo scioglimento della Corte
- Salem. Dalla cronaca alla letteratura
- Salem. Una vera fortuna per il cinema
- Salem. Anche televisione e videogiochi
È forse uno dei luoghi più conosciuti e chiacchierati del pianeta nonostante a tutt’oggi conti poco più di quarantamila abitanti.
Difficilmente chiedendo a caso alle persone saprebbero indicare dove si trova su una mappa la cittadina.
O in quale stato debba essere collocata, al di là di dire che è negli Stati Uniti.
Però tutti o quasi conoscono il nome di Salem anche per via dei numerosi riferimenti nei film, nei videogiochi e nei libri.
Salem. Le sue radici puritane
I primi coloni giunsero sul luogo dove sarebbe sorta la città nel 1626, alla foce del fiume Naumkeag.
Il sito era già stato usato come luogo di scambi commerciali da parte dei nativi americani.
Il villaggio faceva capo alla Compagnia della Baia del Massachuttes che nel 1629 si costituì in Colonia (una delle famose 13 colonie americane).
Grazie al suo porto ben protetto e alla sua posizione geografica favorevole Salem attirò molti immigrati dalla madrepatria.
Fra loro tanti erano di fede puritana, tanto che già nel 1639 venne la prima chiesa cittadina, la First Church of Salem.
Il grande afflusso di padri pellegrini di fede puritana avrebbe influenzato la vita cittadina nei decenni a seguire come scopriremo.
Salem. L’epidemia di stregoneria
Era già una cittadina rigogliosa quando nel 1691 scoppiò quella che venne definita una vera e propria epidemia di stregoneria.
Tre giovani ragazze, compresa la figlia del pastore della chiesa puritana locale, cominciarono a manifestare strani comportamenti.
Le tre ragazze avevano giocato con uno specchio e un albume d’uovo sospeso nell’acqua e qualcuna di loro disse d’averci visto “qualcosa”.
Una bara, pare abbia dichiarato una certa Sarah Cole, era apparsa nell’albume d’uovo.
Di sicuro molte altre ragazze iniziarono ad avere strani comportamenti.
Bestemmie, trance, crisi epilettiche si erano diffuse a macchia d’olio tanto da mobilitare tutti i medici della zona per capirne l’origine.
Salem. Colpa di Satana
Fu la dichiarazione di un medico del luogo, l’8 febbraio del 1692, a porre il sigillo definitivo sulla questione.
Tale medico, di cui ignoriamo il nome, dichiarò che le giovani non erano malate in senso medico.
Bensì erano sotto l’effetto di qualche sortilegio prodotto da stregoneria con la complicità di Satana in persona.
Subito vennero arrestate alcune persone, donne ovviamente e si costituì un tribunale speciale per giudicarle.
L’isteria collettiva che aveva messo sottosopra il piccolo borgo del Massachuttes doveva trovare un capro espiatorio.
E quale miglior occasione di un processo pubblico per stregoneria additando come colpevole ultimo nientemeno che Satana stesso?
Salem. Tituba confessa
Le prime ad essere arrestare furono tre donne.
Una mendicante di nome Sarah Good insieme a Sarah Osborne, un’anziana signora del posto.
Ma decisivo fu l’arresto di Tituba, la schiava del reverendo Parris, il padre di una delle prime ragazze colpite dalla “stregoneria”.
La schiava confessò di essere una strega e aggiunse un altro particolare che confermò le ipotesi dei medici.
Tituba dichiarò infatti d’aver incontrato un uomo alto proveniente da Boston.
Per i giudici era la prova lampante che si trattava di Satana in persona e dunque il male si era insinuato nella cittadina.
Oggi è assai difficile riuscire a trovare il nesso causale fra la vista di un uomo alto proveniente da Boston e la sua identificazione con Satana.
Evidentemente in quel tempo o la città di Boston non godeva di buon nome in quanto a fede in Dio oppure qualunque cosa andava bene purché venisse trovato un colpevole.
Salem. Giles Corey si rifiuta di dichiararsi colpevole o innocente
Il tribunale speciale istituito finì con il condannare a morte per impiccagione diciannove persone.
Fra di esse uomini, donne ma anche bambini.
Un’altra vittima, la ventesima, fu l’ottuagenario Giles Corey, il quale si rifiutò categoricamente di sottoporsi a simile processo.
Non essendosi dichiarato né innocente né colpevole non poté essere impiccato come prevedeva la pena.
Ma non gli fu comunque risparmiata la morte, in quanto venne schiacciato sotto lastre di pietra.
Salem. Lo scioglimento della Corte
Altre quattro persone arrestate morirono in carcere prima di poter essere processate o giustiziate.
E la lista delle vittime sarebbe stata assai più nutrita se il 12 ottobre 1693 il governatore Phips non avesse sciolto la Corte.
Concluso il lavoro del tribunale speciale il caso dei cinquantadue detenuti in attesa di processo passò sotto una regolare Corte di Giustizia.
Quest’ultima assolse quarantanove degli imputati e commutò la pena capitale di altri tre ponendo fine alle impiccagioni.
Da quel momento in poi non vi furono più altri casi di presunta stregoneria né tantomeno processi alle streghe.
Salem. Dalla cronaca alla letteratura
Oltre un secolo dopo i fatti che portarono al processo alle streghe proprio a Salem nacque Nathaniel Hawthorne, uno dei più famosi romanzieri americani dell’Ottocento.
L’autore è famoso per il romanzo La lettera scarlatta, che sebbene non tratti il tema della stregoneria ben evidenzia il clima che regnava nella sua città natale nel XVII secolo.
Legata invece al tema della stregoneria è invece un’altra opera di Hawthorne dal titolo La casa dei sette abbaini.
Altrettanto famosa è l’opera teatrale dal titolo Il Crogiuolo del drammaturgo americano Arthur Miller.
Ambientata nella Salem del 1692 l’opera mette in pararello la caccia alle streghe del XVII secolo con il Maccartismo degli anni Cinquanta.
Fu infatti il senatore repubblicano Joseph McCarthy che negli anni Cinquanta diede vita a una costante ricerca di spie sovietiche sul suolo americano.
Pertanto ogni persona considerata fuori dal “normale” veniva sospettata di essere una potenziale spia.
Per questo spesso veniva deliberatamente danneggiata socialemente se non addirittura arrestata preventivamente.
Una vera e propria caccia alle streghe in versione moderna da Guerra Fredda.
Salem. Una vera fortuna per il cinema
Se la letteratura non ha saputo rinunciare agli spunti offerti dal processo alle streghe il cinema ne ha fatto un vero e proprio filone.
Già a partire dal 1937 la cittadina del Massachuttes è al centro della pellicola Maid of Salem di Frank Lloyd.
Di pochi anni più tardi (1942), il film dall’emblematico titolo Ho sposato una strega.
Nel 1957 il primo adattamento cinematografico de Il Crogiuolo di Arthur Miller, pellicola dal titolo Le vergini di Salem.
Del 1993 la pellicola Hocus Pocus, mentre nel 1996 esce il secondo adattamento de Il Crogiuolo con il titolo La seduzione del male.
Le streghe di Salem di Rob Zombie è invece una pellicola del 2013.
Salem. Anche televisione e videogiochi
Non poteva mancare la televisione nell’elenco di chi ha sfruttato quell’episodio doloroso della storia del Massachuttes.
Elencare tutte le serie tv che hanno avuto epicentro a Salem o che in qualche modo alla cittadina delle streghe sono legate sarebbe troppo lungo e tedioso.
Doveroso però ricordare alcuni titoli fra i più famosi, come il telefilm Streghe dove le sorelle Halliwell discendono da una strega del luogo.
Anche Samantha di Vita da strega vanta origini nella città del famoso processo.
Così come anche la strega di The Vampire Diaries vanta ascendenza stregonesca direttamente dal borgo della Nuova Inghilterra.
Il gatto di Sabrina, dell’omonimo telefilm Sabrina, vita da strega non a caso si chiama Salem ed è tutt’altro che un semplice gatto!
Per non dimenticare la recentissima serie tv intitolata proprio Salem, guardacaso.
La città delle streghe, come viene ormai denominata da molti, è presente anche in numerosi fumetti e in alcuni videogiochi.
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Leopoldo II, la vergogna del Belgio coloniale
(Leopoldo) Articolo scritto da Mos Maiorum per Pillole di Cultura
Il 5 febbraio 1885 re Leopoldo II del Belgio fondò il regno privato dello Stato Libero del Congo dando vita a una delle pagine più buie del colonialismo europeo in Africa.
SOMMARIO
- Leopoldo. Belgio, uno stato da poco indipendente
- Leopoldo. Un sovrano che puntava in alto
- Leopoldo. L’Africa equatoriale tutta per sé
- Leopoldo. Colonialismo della peggior specie
- Leopoldo. Indignazione popolare e annessione
La storia della colonizzazione in terra d’Africa affonda le sue radici per lo più nell’Ottocento partendo da un’Europa in profonda trasformazione.
Oltre ai principali stati coloniali (Inghilterra, Francia, Spagna, Portogallo) si aggiunsero anche stati più piccoli ma ambiziosi.
Fra questi anche il piccolo Belgio che aveva da poco conquistato l’indipendenza dalle Province Unite.
La storia della colonizzazione del Congo ha però una particolarità unica nel genere.
Non fu uno stato a colonizzare ma una singola persona, benché fosse il re del Belgio stesso.
Leopoldo. Belgio, uno stato da poco indipendente
Nel 1830 una rivoluzione portò la popolazione belga a rendersi indipendente dal Regno Unito dei Paesi Bassi.
Ma fu solo nel 1838 che il nenonato piccolo stato ottenne il riconoscimento ufficiale.
Il Belgio è stato fin dalla sua costituzione uno stato piccolo, di poco più di 30.000 km² .
Per fare un paragone la regione italiana della Lombardia ha una superficie di quasi 24.000 km²!
Non stupisce dunque che un novello stato come il Belgio nella seconda metà dell’Ottocento cercasse occasioni per farsi conoscere nel mondo.
Farsi conoscere e rispettare ma soprattutto per generare profitti per potersi arricchirre.
E la colonizzazione fu senza dubbio un’occasione che anche il Belgio non si lasciò sfuggire.
Leopoldo. Un sovrano che puntava in alto
Leopoldo II fu di fatto solo il secondo re del neonato Belgio, in quanto Leopoldo I, suo padre, fu il primo a regnare sul piccolo stato.
Nato nel 1835 era il secondo genito di Leopoldo II ma essendogli premorto il fratello Luigi Filippo già alla nascita fu designato erede al trono.
Fin dal suo esordio in politica, nel 1855, l’erede al trono professò la sua intenzione di dare al Belgio lustro a livello internazionale.
E per farlo pensava di poter costituire un impero, come avevano già fatto altre nazioni prima del Belgio.
Salì al trono nel 1865 e regnò per 44 anni sino al 1909 quando il 17 dicembre spirò all’età di 74 anni.
Leopoldo. L’Africa equatoriale tutta per sé
Già nel 1876 Leopoldo II si interessò all’Africa e attraverso un’associazione promosse l’esplorazione della zona equitoriale.
A quel tempo l’immensa foresta pluviale del bacino del Congo era ritenuta perlopiù inutile e difficile da gestire.
Per questo il re del Belgio tramò a livello europeo affinché le inimicizie fra Francia, Inghilterra e Germania, oltre al Portogallo, gli garantisse il possesso di quel territorio.
Con la conferenza di Berlino del 1884, grazie all’appoggio di Bismarck, Leopoldo II ottenne per sé 2.344.000 km² sul bacino del Congo.
Furono assegnati a lui personalmente e non allo stato Belga o a Leopoldo II in quanto sovrano del Belgio.
Il 5 febbraio del 1885 il monarca belga fondò dunque lo Stato Libero del Congo che vide la luce ufficiale il 30 aprile dello stesso anno.
Leopoldo. Colonialismo della peggior specie
Il nuovo stato costituito sul bacino del Congo era di proprietà personale del re del Belgio.
Era soggetto al alcuna legge se non al volere stesso del monarca, ma in quanto persona fisica e non carica istituzionale.
Questo fece sì che abusi e soprusi fossero all’ordine del giorno in quel territorio dimenticato dagli uomini e dalla società.
Fu quella una delle pagine più violente e becere del colonialismo europeo in Africa.
E il fatto che tutto rispondesse al volere di un solo uomo senza alcun controllo istituzionale non fece che peggioare la situazione.
Per averne un’idea è sufficiente leggere uno dei romanzi più famosi dello scrittore naturalizzazione inglese Joseph Conrad.
Cuore di tenebra narra appunto di un viaggio lungo il fiume Congo compiuto dal narratore Charles Marlowe.
E ancora oggi, rileggendo quelle pagine, viene la pelle d’oca scoprendo i misfatti compiuti in quel territorio.
Tenendo presente che quanto raccontato nel libro non era che una minima parte di ciò che accadde nello Stato Libero del Congo.
Leopoldo. Indignazione popolare a annessione
Anche grazie a libri come quello di Conrad la verità su quanto accadeva nello Stato Libero del Congo cominciò ad emergere.
In Belgio crebbe un movimento d’opinione pubblica scandalizzato di ciò che avveniva in quel territorio lontano.
Ancor di più perchè responsabile ultimo di tutta quella vergogna era proprio il re del Belgio, sebbene agisse per proprio conto e non in nome della nazione.
Fu così che nel 1908, il 15 novembre, lo Stato Libero del Congo venne annesso allo stato belga.
L’intenzione era quella di porre fine ai soprusi e alle vessazioni in Africa, ma realtà risultò essere un tantino differente rispetto alle aspettative.
Sebbene non si sia più toccato l’apice di crudeltà del periodo dello Stato Libero del Congo nel neonato Congo Belga di certo non regnava la giustizia e l’equità.
Per questo nel 2020, il 30 giugno, re Filippo del Belgio ha inviato una lettera al presidente congolese per esprimere il suo rammarico
Sia per quanto fatto dal suo predecessore Leopoldo II, sia per le colpe dello stato belga.
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Ottone I e Adelaide, imperatori del Sacro Romano Impero
(Ottone) Articolo scritto da Mos Maiorum per Pillole di Cultura
Ottone I e la moglie Adelaide di Borgogna vennero unti da papa Giovanni XII per diventare imperatori del rinato Sacro Romano Impero.
SOMMARIO
- Ottone I. Un impero da ricostruire
- Ottone I. Una corona imperiale per due
- Ottone I. Prilivegim Othonis
- Ottone I. L’avvio di una dinastia
Il 2 febbraio dell’anno 962 papa Giovanni XII incoronò a Roma imperatori del Sacro Romano Impero Ottone I ed Adelaide di Borgogna, sua moglie.
Fu la prima volta nella storia del Sacro Romano Impero che una moglie venisse incoronata imperatrice insieme al marito.
Ottone I. Un impero da ricostruire
Ottone I era re dei Franchi Orientali (ovvero della Germania) quando sposò Adelaide di Borgogna.
Grazie a questo matrimonio il re sassone poté indossare la corona di ferro e dunque fregiarsi del titolo di re d’Italia.
Il Sacro Romano Impero in quella seconda metà del X secolo si era ormai sfaldato e diviso in tre grandi regni più altri piccoli stati.
Il Regno dei Franchi Occidentali (Francia), quello dei Franchi Orientali (Germania) e il regno d’Italia.
Riunendo sotto lo stesso trono Germania e Italia il nuovo imperatore ricostituiva almeno in parte l’impero voluto da Carlo Magno.
E tutto ciò fu possibile anche grazie al matrimonio con Adelaide di Borgogna, già vedova del re d’Italia Lotario.
Ottone I. Un corona imperiale per due
L’incoronazione del 2 febbraio 962 costituì una novità sotto molti punti di vista.
Anzitutto perché ad essere unti dal papa furono marito e moglie che dunque divennero imperatori entrambi.
Mai prima d’allora un’imperatore aveva condiviso il trono con la propria moglie.
D’altro canto Adelaide di Borgogna non fu certo una semplice moglie, seppur imperiale.
Donna tenace e volitiva seppe tener testa all’usurpatore Berengario II che aveva fatto assassinare il marito di lei.
Usurpatore che avrebbe voluto farla sposare al proprio figlio Adalberto, ma Adelaide fuggì dalla prigionia.
Dopo una fuga rocambolesca si rifugiò a Canossa da dove chiese aiuto proprio a Ottone I.
Il quale scese in Italia, liberò la vedova di Lotario e la sposò a Pavia indossando con lei la corona del regno d’Italia.
Non stupisce dunque che il sassone abbia voluto associare al trono la sua giovane moglie Adelaide.
Ottone I. Privilegium Othonis
Con l’incoronazione a imperatore da parte di papa Giovanni XII il sassone Ottone I aveva di fatto legato in modo indissolubile la Chiesa di Roma al Sacro Romano Impero.
Se è vero che almeno formalmente venivano ceduti alcuni territori al papa di contro lo stesso papa doveva giurare fedeltà all’imperatore.
Con il Privilegium Othonis del febbraio 962 l’imperatore garantiva che l’elezione al soglio pontificio fosse determinata dal clero e dal popolo di Roma.
Salvo poi specificare che il papa eletto avrebbe dovuto giurare fedeltà proprio alla figura dell’imperatore.
Tutto ciò portò ben presto a scontri anche violenti fra Chiesa di Roma e Sacro Romano Impero, persino pochi anni dopo l’incoronazione.
Per poi sfociare nel violento contrasto fra l’imperatore Enrico IV e papa Gregorio VII con il famoso episodio di Canossa nel 1077.
Ottone I. L’avvio di una dinastia
Con il ristabilimento del Sacro Romano Impero a seguito dell’incoronazione di Ottone I e Adelaide di Borgona di fatto si creò una vera e propria dinastia.
Infatti il figlio della coppia, Ottone II, venne associato al trono dal padre e gli succedette dopo la morte.
Ottone II seguendo l’esempio paterno associò al trono imperiale la moglie Teofano (principessa bizantina).
Successivamente anche il figlio della coppia, Ottone III, venne associato al trono e succedette al padre alla morte di quest’ultimo.
Essendo solo un bambino regnò dapprima con la reggenza di Teofano (madre) e Adelaide di Borgogna (nonna).
Poi con la reggenza della sola Teofano e dopo la morte prematura di quest’ultima con la reggenza della nonna Adelaide.
Solo una volta raggiunta la maggiore età (14 anni) Ottone III regnò in autonomia.
Nel frattempo Adelaide si ritirò in convento in Alsazia dove morì e circa un secolo più tardi fu dichiarata santa.
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Gandhi. 76 anni fa l’omicidio del mahatma
(Gandhi) Articolo scritto da E.T.A. Egeskov per Persone e Storie
Il 30 gennaio 1948 un fanatico estremista indù poneva fine alla vita del Mahatma Gandhi, padre dell’India indipendente e della non violenza.
SOMMARIO
- Gandhi. Assassinato da un Indù
- Gandhi. Un sogno infranto
- Gandhi. La “debolezza” secondo gli indù
- Gandhi. Un’eredità scomoda per alcuni
- Gandhi. E se non fosse stato assassinato?
- Gandhi. Un insegnamento senza tempo
Mohandas Karamchand Gandhi è in modo unanime considerato il padre dell’India indipendente.
Fu proprio grazie al suo impegno che la Corona Britannica finì con il concedere l’indipendenza al vice-regno dell‘India.
Gandhi è anche e forse soprattutto il padre della non violenza, colui al quale si ispirano un po’ tutti i movimenti pacifisti.
Gandhi. Assassinato da un indù
Contrariamente a quanto si usa fare abitualmente questa volta partiremo dalla fine e non dall’inizio della vita del Mahatma Gandhi.
Ovvero da quel 30 gennaio del 1948 quando un fanatico estremista indù commise uno degli omicidi più celebri della storia.
Celebre e inspiegabile peraltro, perché già solo l’idea di assassinare il padre della non violenza fa rabbrividire chiunque.
Perché Nathuram Godse, questo il nome dell’omicida, decise di assassinare il mahatma?
La ragione è tanto semplice quanto elementare: fanatismo.
Gandhi aveva lottato per l’indipendenza dell’India ma gli estremisti indù non gli perdonavano le concessioni fatte al Pakistan.
Era giocoforza che prima o poi qualche fanatico compisse il gesto estremo e fu Godse a sparare, ma probabilmente non era l’unico ad averci pensato.
L’omicida rischiando il linciaggio da parte della folla preferì farsi catturare dalla polizia e fu messo a processo.
Nel 1949 venne giustiziato a morte nonostante la ferma opposizione dei seguaci e discepoli di Gandhi che in ossequio alla teoria della non violenza aborrivano la pena capitale.
Gandhi. Un sogno infranto
Quando Godse sparò a Gandhi il 30 gennaio 1948 l’India era diventata uno stato indipendente da pochi mesi.
Esattamente dal 15 agosto del 1947, ma quella data che avrebbe dovuto segnare l’inizio di una nuova era fu anche l’inizio di scontri fratricidi.
Contrariamente alle idee promosse dal mahatma che avrebbe voluto un’India unica, abitata da mussulmani e indù le forze politiche decisero altrimenti.
Quella che oggi conosciamo come India era allora abitata prevalentemente da popolazioni indù.
Mentre la regione orientale del Bengala a est e quella del Pakistan a ovest avevano una maggioranza mussulmana.
Con la spartizione in due stati distinti vi fu un immenso esodo di popolazioni.
Indù che lasciavano i due territori del Pakistan Occidentale e Orientale per rifugiarsi in India.
Mussulmani che abbandonavano la neonata India per andare dai correligionari in Pakistan.
Nel mezzo scontri e violenze inaudite.
Gandhi. La “debolezza” secondo gli indù
Fino all’ultimo il mahatma cercò di evitare la scissione in due stati, senza peraltro riuscirvi.
Di fronte all’imperversare dei disordini e degli scontri il mahatma adottò la tecnica dello sciopero della fame.
La notizia che il mahatma stava deperendo a causa dell’astinenza da cibo fece il giro dell’India e del Pakistan.
E almeno per un po’ i tumulti si acquietarono.
Ma la situazione era tesa e bastava anche solo un piccolo incidente per scatenare di nuovo violenze da una parte e dall’altra.
Gli estremisti indù non gli perdonarono mai le concessioni, a loro dire, fatte ai mussulmani.
Secondo la loro visione il maestro aveva tradito la causa dell’indipendenza dell’India favorendo almeno in parte gli acerrimi nemici mussulmani.
Va da sé che un simile ragionamento non aveva alcun fondamento nella realtà.
Se Gandhi ha sbagliato non è stato nel credere nel sogno dell’indipendenza e della coesistenza tra indù e mussulmani.
Piuttosto nel pensare che la classe dirigente indiana (indù e mussulmana) fosse all’altezza di quel compito.
Gandhi. Un’eredità scomoda per alcuni
A partire dagli stessi indiani che hanno dovuto fare i conti con una vera e propria leggenda come quella di Gandhi.
Se l’India fin dalla sua nascita non si è mai schierata, almeno ufficialmente, nello scacchiere internazionale in parte lo si deve anche a Gandhi e al suo retaggio politico.
La teoria del non allineamento è stata per decenni accostata a quella della non violenza di gandhiana memoria.
La verità probabilmente è meno aulica e un po’ più pragmatica di così.
Dopo l’indipendenza l’India era un paese povero, arretrato per lo più e di scarso peso internazionale.
Scegliere di non schierarsi nella contrapposizione fra blocchi ha permesso all’India di ricavarsi un piccolo spazio di manovra in politica estera.
Specialmente nella regione indo-pacifica, dove ha da sempre un vicino scomodo come la Cina.
Gandhi. E se non fosse stato assassinato?
Cosa sarebbe accaduto se quel 30 gennaio 1948 Godse non avesse sparato al mahatma?
Tutti sappiamo che la storia non si fa con i se e con i ma, dunque nessuno può dire cosa sarebbe accaduto.
Di sicuro il mondo avrebbe avuto ancora per un po’ (Gandhi non era più giovanissimo peraltro) una grande anima dispensatrice di idee universali.
Questo senza dubbio.
Ma se poi questo avrebbe cambiato il destino dell’India nessuno può dirlo con certezza.
Ma è ragionevole ipotizzare che non sarebbe cambiato poi molto.
Questo sulla base di cosa non riuscì a impedire dopo l’indipendenza dal Regno Unito.
Troppo spesso la sua figura e stata mitizizzata, quasi come una specie di super eroe della non violenza.
In realtà la forza del mahatma va ricercata invece nella sua assoluta normalità.
Gandhi. Un insegnamento senza tempo
Ciò che il mahatma ci ha lasciato in eredità va al di là delle questioni politiche dell’India e del Pakistan.
E forse anche ben oltre la teoria della non violenza peraltro troppo spesso mal interpretata.
Ciò che il mahatma ci ha indicato è che la forza del cambiamento nasce dentro di noi, dalla determinazione a non rinunciare a fare la cosa giusta.
Anche a costo di doverne pagare il prezzo, anche quando il nostro apporto sembra non cambiare nulla nel corso della storia.
Ogni gesto compiuto nel nome della giustizia ci conduce un passo in avanti verso un mondo migliore.
E non serve essere eroi per compiere simili azioni, basta la forza di volontà e la determinazione a voler cambiare il mondo.
Foto di marian anbu juwan da Pixabay
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Eugenetica. Volersi sostituirsi a Dio, Nazismo e non solo
(Eugenetica) Articolo scritto da Cecilia S.D. Rossi per Fatti e società e La Forza di indignarsi Ancora
Ascolta “La Forza di Indignarsi Ancora. Puntata 3 – Eugenetica. Quel desiderio di volersi sostituirsi a Dio” su Spreaker.Oggi ricorre la Giornata della Memoria e inevitabilmente la mente torna al passato, agli orrori di una guerra (di tutte le guerre) e alla disumanità della razza umana. Quante volte ci si è domandato: “come può un essere umano arrivare a tanto?” quante volte non si è stati in grado di dare una risposta? perché in realtà la risposta spaventerebbe, aggiungerebbe orrore all’orrore. Per cui spesso e volentieri si lascia perdere, non ci si pensa, non si guarda ciò che accade… e non si vuole ricordare ciò che accadeva.
SOMMARIO
- Eugenetica. Non è una novità ma di cosa si tratta? e da dove arriva?
- Eugenetica. Una storia che parte da lontano
- FEugenetica. Il miglioramento della popolazione
- Eugenetica. Quella voglia di sostituirsi a Dio insita nell’uomo
- Eugenetica. Non solo durante il nazismo
- Eugenetica. Una questione ancora attuale
Una giornata per non dimenticare forse non basta. Bisognerebbe rammentare ogni giorno, e non solo una volta all’anno, ciò che rappresenta questa giornata soprattutto perché gli orrori non si sono conclusi con la Seconda Guerra mondiale e con la macchia indelebile che ha lasciato la follia nazista. Gli orrori non si sono conclusi con la chiusura di quel conflitto, non si sono mai interrotti, sono andati avanti e sono arrivati fino a noi, fino a oggi, fino al ventunesimo secolo. Solo che oggi vengono chiamati con nomi differenti e vengono ammantati di fascino perché aiutano la scienza a fare passi da gigante nel mondo del progresso. Uno di questi nomi è: eugenetica.
Eugenetica. Non è una novità ma di cosa si tratta? e da dove arriva?
Eugenetica (o eugenica): controversa teoria che si propone di ottenere un miglioramento della specie umana, attraverso le generazioni, in modo analogo a quanto si fa per gli animali e le piante in allevamento, distinguendo i caratteri ereditari in favorevoli, o eugenici, e sfavorevoli, o disgenici, e cercando di favorire la diffusione dei primi (eugenetica positiva) e di impedire quella dei secondi (eugenetica negativa). (Dizionario di Medicina)
La definizione di eugenetica (o eugenica) in campo medico è piuttosto chiara e fa perfettamente comprendere di cosa si tratti. Una teoria, uno studio per migliorare o comunque modificare le caratteristiche della specie umana. In sintesi si tratta di un intervento forzato della scienza e della medicina per modificare quelle caratteristiche di cui la natura ha dotato l’essere umano al fine di migliorare l’intera specie di generazione in generazione. Una cosa che viene già fatta con animali e piante da moltissimo tempo.
Per cui è semplice intuire che questa teoria esista da molto più tempo di quanto si possa pensare. E che probabilmente continuerà ad esistere per molto tempo ancora.
Quando si parla di eugenetica si ritorna inevitabilmente con la mente al periodo del Secondo Conflitto mondiale, alla crudeltà dei nazisti, agli esperimenti, alla follia di voler creare una razza superiore. Ma l’eugenetica, in realtà, non si è fermata con il dottor Mengele o con la pazzia di un’ideologia convinta che qualsiasi razza che non fosse quella ariana non fosse nemmeno degna di vivere e sopravvivere. E, sicuramente, non è iniziata con il Terzo Reich.
Eugenetica. Una storia che parte da lontano
In realtà già di eugenetica si può trovare traccia fin dai tempi dell’antica Grecia, dove era praticato il costume di esporre i neonati non sani. In pratica era consentito a qualsiasi genitore che avesse avuto la sfortuna di mettere al mondo un figlio “difettoso” abbandonare il bambino in modo che la natura potesse provvedere a eliminare l’errore.
Così come nell’antica Sparta il fatto era addirittura una pratica istituzionale ed era regolata dallo Stato stesso. Il quale si premurava di selezionare i futuri cittadini della “polis”.
Una simile pratica sarebbe poi stata utilizzata nell’antica Roma che prevedeva la possibilità di gettare i bambini nati deformi o malati dalla rupe Tarpea. Il promontorio, attualmente al centro di Roma, veniva utilizzato per eseguire condanne a morte, dal ripido pendio venivano scagliati assassini e traditori.
Durante l’età medievale il Cristianesimo lasciò tale incombenza alla sfera ultraterrena, pur dando per scontato che il peccato originale già di per sé fosse un errore della specie.
Anche nel periodo rinascimentale il filoso Campanella nella sua prospettiva utopica sostenne l’opportunità di combinare matrimoni e controllare la vita sessuale dei cittadini.
Fu poi tra il XVIII e XIX secolo che nacque e si affermò la frenologia (considerata poi inattendibile scientificamente). Tale disciplina sosteneva di riuscire a individuare le tendenze intime e psicologiche delle persone dalla forma del loro cranio. Pertanto in grado di stabilire a priori una propensione a devianze e criminalità.
Eugenetica. Il miglioramento della popolazione
E fu proprio nel XIX secolo che si cominciò a sviluppare un’eugenetica negativa con l’intento di ridurre il numero di nascite di esseri umani considerati “inferiori” perché “difettosi”. Precisamente dal momento in cui il ginecologo statunitense William Goodell sostenne la castrazione e l’eliminazione degli “insani”.
Un progetto moderno di miglioramento della popolazione, comprendendone l’ereditarietà e incoraggiando un buon “allevamento” dei soggetti, venne sviluppato durante la seconda metà del XIX secolo dal sociologo e psicologo inglese Sir Francis Galton, nonché cugino di Darwin. All’inizio l’idea rimase ancorata al darwinismo e alla teoria della seleziona naturale ma Galton teorizzò un miglioramento progressivo della razza seguendo i criteri analoghi a quelli dell’evoluzione biologica.
Fu nel 1883, a seguito della morte del cugino, che Galton diede alla sua ricerca un nome preciso: eugenetica. Introducendo nella sua ricerca la sfera genetica. Le sue teorie si basarono quasi essenzialmente sull’ideologia di “determinismo biologico” che attribuiva la totale responsabilità dei geni al carattere umano. Non erano pertanto contemplate influenze da parte dell’educazione o delle condizioni di vita del soggetto in analisi.
Fu così che molti dei primi genetisti non erano di filone darwiniano, non essendo più necessaria la teoria dell’evoluzione in merito alle politiche eugenetiche basate sul “determinismo genetico”. La materia rimase comunque, per tutto il corso della sua iniziale storia, un argomento controverso.
Eugenetica. Quella voglia di sostituirsi a Dio insita nell’uomo
Eugenetica: disciplina che si prefigge di favorire e sviluppare le qualità innate di una razza, giovandosi delle leggi dell’ereditarietà genetica. Il termine fu coniato nel 1883 da Francis Galton. Sostenuta da correnti di ispirazione darwinistica e malthusiana, l’eugenetica si diffuse inizialmente nei paesi anglosassoni e successivamente nella Germania nazista, trasformandosi nella prima metà del XX secolo in un movimento politico-sociale volto a promuovere la riproduzione dei soggetti socialmente desiderabili (eugenetica positiva) e a prevenire la nascita di soggetti indesiderabili (eugenetica negativa) per mezzo di infanticidio e aborto. (Enciclopedia Treccani)
Fermo restando che seguire l’intero percorso di come l’eugenetica sia arrivata ai giorni nostri richiede un lungo excursus e necessita di un articolo a parte. E una volta stabilito che il desiderio di sostituirsi a un’entità superiore o alla natura stessa è insito nella razza umana praticamente da sempre, si può altresì stabilire che le teorie galtoniane hanno dato il via a una serie di evoluzioni scientifiche e ricerche che sono arrivate fino a noi oggi.
Accantonando opinioni personali, etiche e morali (che non si intende trattare in questa sede) e riagganciandosi alla definizione di eugenetica che ci fornisce l’enciclopedia Treccani, si potrebbe ipotizzare che tale disciplina sia nata sicuramente con l’intento di migliorare le condizioni di vita della nostra razza. E che si sia poi sviluppata con la forte propensione di aggiustare qualcosa che in natura forse non nasceva perfetto. Insomma quella presuntuosa voglia di sostituirsi a Dio, o alla natura stessa, che contraddistingue l’essere umano nutrendo la sua curiosità per migliorare se stesso e le propria conoscenza.
Una pericolosa voglia di sapere ma una ancora più pericolosa voglia di ordine e perfezione. Questo probabilmente alla base delle ricerche allora. E questo alla base delle ricerche che non si fermano oggi. Una voglia di ordine, di perfezione e di controllo che nasce, probabilmente, con una curiosità intellettuale ma si nutre, inevitabilmente, di caratteristiche umane come il razzismo che hanno fatto sì che l’eugenetica arrivasse fino a oggi.
Eugenetica. Non solo durante il nazismo
Non solo nazismo e Terzo Reich pertanto. Non solo crudeli e disumani esperimenti per arrivare ad ottenere la razza pura dal Dottor Morte. Basti solo pensare agli stupri etnici perpetrati in Africa più volte o quelli in Bosnia ad opera dei serbi su donne mussulmane. Con l’intento di sporcare la loro razza con figli bastardi e di rendere impure le donne che sarebbero di conseguenza state rifiutate dalla loro stessa società e dai mariti o futuri mariti. Le sterilizzazione di massa praticate in Perù da Fujimori alla fine degli anni Novanta del XX secolo, oppure la pratica di sterilizzazione forzata su donne disabili, per cui considerate inadatte alla procreazione. O, non molto lontano dalla nostra realtà, la scelta della Danimarca di intervenire per aggiustare la natura e arrivare a non far più nascere bambini con la Sindrome di Dawn, ossia difettosi e imperfetti.
Eugenetica. Una questione ancora attuale
Fino ad arrivare a oggi, a noi, dove l’eugenetica viene pratica quotidianamente e, a volte, involontariamente avallata o, forse sottovalutata, dalla nostra società civilizzata.
Ultimamente il dibattito in Italia ha riacceso la polemica in merito all’eugenetica etichettando in modo negativo anche pratiche come l’eutanasia, la fecondazione assistita o l’aborto. Ma per queste argomentazioni si dovrebbe lasciare ampio spazio all’opinione personale di ogni lettore pertanto non si intende prendere posizione in merito alla questione.
Una sola riflessione ci si permette di esprimere in questa sede e in questa Giornata della memoria, e riguarda il futuro dell’eugenetica e, forse, della scienza tutta: che si dovrà un giorno dover istituire una sorta di Giornata della memoria per le vittime dell’eugenetica? un giorno che costringa a non dimenticare le conseguenze di questa pratica ancora troppo sconosciuta ma che già miete a modo suo vittime del suo passaggio.
Fonti:
- Il Giornale, 18/02/2009. “Torna lo spettro dell’eugenetica” di Andrea Tornielli
- Il Giornale, 04/01/2013. Quando l’eugenetica (cattiva) era simbolo di vero progresso di Laura Cervellione
- CoseDiScienza.it, 17/03/2017. L’Eugenetica
- Scienzainrete, 8/09/2017. Eugenetica: i miti della manipolazione genetica di Gaspare Polizzi
- Scientificast, 17/01/2018. Eugenetica, non solo nazismo di Valeria Cagno
- AmbienteBio, 27/05/2018. Eugenetica tra ieri e oggi: dai crimini nazisti alle tecniche contemporanee di Gino Favola
- NoGeoingegneria, 17/06/2020. La nuova eugenetica e il sorgere della dittatura scientifica globale di Andrew Gavin Marshall
- Fatti per la Storia, 8/07/2020. Eugenetica: origine e sviluppo della scienza di Galton di Mirko Muccilli
- Il Messaggero, 15/09/2020.L’eugenetica strisciante della Danimarca che non vuole i bambini down: nel 2019 ne sono nati solo 18 di Franca Giansoldati
- Leonardo.it. Eugenetica. L’eugenetica e la politica. 1900-1944. Radici profonde… di Massimo Ciceri
- Associazione Amici di Lazzaro. Cosa è l’eugenetica? 4 modi per distruggere la dignità umana.
- Treccani enciclopedia
- Wikipedia enciclopedia libera
- Dizionario della Medicina
- Il Sabatini Coletti (Dizionario della Lingua Italiana)
- Dizionario filosofico
Argomenti correlati all’Eugenetica altre fonti:
- L’Indro, 3/10/2014. La strage della sterilizzazione forzata di Raffaella Milandri
- Superando.it, 30/03/2018. Sterilizzazione forzata e falsi mitidi Simona Lancioni
- Associazione contro le barriere, 30/03/2018. Sterilizzazione forzata e falsi miti
- Thevision.com, 27/04/2018. Come gli Stati Uniti hanno sterilizzato migliaia di persone fino agli anni ’80 di Jennifer Guerra
- Roba da Donne, 4/09/2020. Alice di Battenberg, nonna del principe Carlo, “curata” con la sterilizzazione forzata di Grazia Teresella Berva
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Irma Grese, “la Bestia Bionda” di Auschwitz
(Irma Grese) Articolo scritto da Amelia Settele per Persone e Storie, Fatti e società e La Forza di indignarsi Ancora
Ascolta “La Forza di Indignarsi Ancora. Puntata 2 – Irma Grese, “la Bestia Bionda” di Auschwitz” su Spreaker.L’Olocausto perpetrato dal Terzo Reich tra il 1933 (ascesa al potere di Hitler) e il 1945 (27 Gennaio 1945, liberazione del campo di concentramento di Auschwitz da parte delle truppe dell’Armata Rossa), portò alla morte di oltre 17 milioni di persone: donne, uomini, bambini.
17 milioni di persone: ebrei, Rom, omosessuali, malati mentali, dissidenti politici, testimoni di Geova, infermi.
Si è giustamente spinti a pensare alla vittime, ai nomi, alle sembianze.
Il più delle volte sono nomi che evocano futuri mai vissuti, vite spezzate, corpi mai ritrovati.
Famiglie distrutte, legami annientati, tra la polvere da sparo e il delirio dei folli.
Quello che perpetrò il regime nazista nel mondo è ancora oggi un macigno che incombe sulle pagine della storia dell’uomo.
Irma Grese. La bestia bionda
Non possiamo dimenticare. Non dobbiamo.
Ed è giusto anche ricordare chi non è stato vittima, ma carnefice.
Perché il male ha un volto, occhi, espressioni e carattere.
A rappresentarlo in questo spicchio di racconto è una ragazza tedesca, passata alla storia con più appellativi.
Uno più infausto dell’altro: “la bestia bionda”, “la iena”, “la bella bestia”.
Lei si chiamava Irma Grese ed è stata una delle carceriere più efferate e crudeli di Auschwitz.
Irma Grese. Un passato difficile
Irma nasce a Wrechen in Germania, il 7 Ottobre 1923.
Sin da bambina sogna di divenire infermiera, ha un carattere timido e riservato.
Nel 1936 tutto cambia nella sua vita, quando la madre si suicida.
Un lutto dilaniante che la colpisce nell’età dell’adolescenza e dal quale si susseguono importanti cambiamenti.
Da giovane mite e tranquilla, diventa spietata e senza scrupoli.
Hanno inizio problemi comportamentali anche con i suoi coetanei, tanto da spingerla a ritirarsi da scuola a soli 15 anni.
Pur vivendo con il padre – fervente oppositore di Hitler – Irma è completamente soggiogata dall’ideologia nazista.
Nel Fuhrer e nelle sue promesse, crede di poter realizzare la propria vita.
Irma Grese. L’adesione al nazismo
S’iscrive alla Lega delle ragazze tedesche (Bund Deutscher Mädel), un’organizzazione di giovani Naziste.
Tenta di concretizzare il suo sogno d’indossare la divisa d’infermiera senza riuscirci, mai.
Ma le scelte che intraprese la portano sì a vestire una livrea, ma la più pericolosa e maledetta: quella delle SS.
A 19 anni inizia a lavorare come guardia nel campo di concentramento femminile di Ravensbruck.
Grazie alle sue “doti”, fa presto carriera e solo un anno dopo viene trasferita ad Auschwitz.
Luogo dove il suo nome e le sue crudeltà diventano un connubio mortale per i prigionieri, e motivo di vanto tra i gerarchi nazisti.
Quando il padre viene a sapere del trasferimento della figlia e delle sue mansioni nel campo di concentramento, la caccia di casa.
Lei lo denuncia e l’uomo viene recluso.
Irma indossando quell’uniforme, dona il peggio di sé perpetrando torture e indicibili nefandezze su donne e bambini.
Irma Grese. Sadica, crudele, efferata
Sul suo volto, sino alla fine, non traspare dubbio o colpa.
Irma svolge il suo “lavoro” con dedizione, passione e malefica capacità.
Riesce a conquistare l’ambito grado (tra le donne SS) di: Supervisore Capo.
I sopravvissuti raccontano che “La Bestia Bionda” era la più temibile, capace d’infliggere torture sino a quando non vedeva la vittima prescelta esalare l’ultimo respiro.
Amava scegliere le prigioniere da spedire nelle camere a gas soprattutto per la loro bellezza.
Picchiava, violentava le donne costringendo alcune di esse ad assistere allo scempio, allo stupro delle proprie malcapitate compagne.
Arrivò a sciogliere i cani – lasciati senza razioni per giorni – per farli cibare delle carni dei prigionieri.
Irma Grese. Il mostro in mezzo ai mostri
I suoi stessi colleghi la definivano crudele.
Osò essere il mostro, in mezzo ai mostri.
Testimonianze affermano che fu sempre lei a far montare dei paralumi creati con la pelle dei deportati.
Nefandezze, espressioni di una disumanità pari a pochi che le permisero di scalare i vertici del potere nazista all’interno dei campi di concentramento di Ravensbruck, Auschwitz e Bergen-Belsen.
Venne arrestata dall’esercito Britannico il 17 Aprile del 1945, insieme ad altre SS.
Durante tutto il processo di Belsen, non ebbe mai un attimo di pentimento.
Fiera, concreta e insolente non rinnegò mai i suoi ideali né le sue decisioni.
Venne condannata alla pena massima: impiccagione come criminale di guerra.
Aveva 22 anni al momento dell’esecuzione, le sue ultime parole furono: “Schnell” (rapidamente).
Quella rapidità che non offriva mai alle proprie vittime, per le quali godeva nel seviziarle.
Fonti:
- Gulliber: La bella Bestia di Auschwitz
- Berlino Magazine: Irma Grese, la Bella Bestia di Belsen
- Bet Magazine Mosaico: Nazismo al femminile: Irma Grese e le altre
I film per non dimenticare
(Film per non dimenticare) Articolo scritto della dottoressa Ilena Aprea per Pillole di Cultura e La Forza di indignarsi Ancora
Ascolta “La Forza di Indignarsi Ancora. Puntata 2 – I film per non dimenticare” su Spreaker.Nel giorno della memoria alcuni film per non dimenticare e far sì che rimanga scolpito nei nostri cuori il ricordo di quanto accaduto.
SOMMARIO
- Film per non dimenticare. Schindler’s list
- Film per non dimenticare. La vita è bella
- Film per non dimenticare. Il diario di Anna Frank
- Film per non dimenticare. Altri film da non perdere
In questa giornata così importante per il mondo intero, oggi scriverò il mio articolo in veste di appassionata di film e di cinema.
Non si possono non ricordare quelli che possono essere considerati dei capolavori sul tema della Shoah come Schindler’s list, La vita è bella e Il diario di Anna Frank.
Film per non dimenticare. Schindler’s List
Il primo è un film del 1993 diretto da Steven Spielberg e magistralmente interpretato da Liam Neeson (Oskar Schindler) Ben Kingsley (Itzhak Stern) e Ralph Fiennes (Amon Göth).
È ispirato al romanzo La lista di Schindler di Thomas Keneally, basato sulla storia vera di Oskar Schindler.
Con questo film Spielberg ottenne il definitivo riconoscimento internazionale e assurse all’olimpo dei registi di Hollywood.
Tanto che gli valse la conquista di ben sette statuette ai Premi Oscar su dodici nonination.
Tra le quali quelle per il miglior film e per la miglior regia.
A tutt’oggi Schindler’s list viene considerato uno dei film più riusciti e più importanti di tutta la filmografia americana.
Grazie a una parte degli incassi del film Spielberg costituì la Survivors of the Shoah Visual History Foundation.
Un’organizzazione no-profit che ha come scopo la raccolta e la conservazione grazie ad audio e video delle testimonianze di oltre cinquantamila sopravvissuti all’Olocausto.
Alcune di esse si ritrovano nei contenuti extra del DVD.
Peculiarità del film è quella di essere stato girato interamente in bianco e nero.
Tranne che per quattro scene, a partire da quella iniziale, nella quale si vedono due candele che si spengono.
La storia è ambientata nel 1939 a Cracovia, poco dopo l’inizio della Seconda Guerra Mondiale.
Nella Polonia occupata dai nazisti gli ebrei vengono radunati nei ghetti, tra i quali proprio quello di Cracovia.
Quella concentrazione di manodopera a basso costo diede l’idea all’imprenditore tedesco Oskar Schindler di aprire un’attività nella città polacca.
Approfittando del divieto imposto agli ebrei di avere o gestire attività commerciali Schindler s’ingegnò per trovare il denaro necessario ad aprire un’azienda.
La sua idea era quella di produrre pentole e tegami grazie a un appalto ottenuto dall’esercito tedesco.
Grazie a quell’attività Schindler riuscì nel tempo ad assumere un gran numero di ebrei salvandoli così dai lager nazisti.
Film per non dimenticare. La vita è bella
La vita è bella è un film del 1997 diretto e interpretato da Roberto Benigni.
Su sette candidature ha vinto ben tre Premi Oscar.
Come Miglior Film Straniero.
Come Miglior Attore Protagonista (Benigni stesso).
Come Miglior Colonna Sonora (Nicola Piovani).
Ha avuto così tanto successo da essere considerato uno dei film italiani più noti e apprezzati nel mondo.
Inoltre è la pellicola che ha permesso a Roberto Benigni di essere riconosciuto anche a livello internazionale.
Il film narra le vicende di un ebreo italiano di nome Guido, il quale viene deportato in un campo di concentramento nazista insieme alla famiglia.
Di spirito allegro Guido s’ingegna per cercare di proteggere il figlio piccolo dagli orri del lager.
Inventa così un gioco nel quale tutto ciò che vedono all’interno di quel campo diviene parte di un grande gioco fantastico che li vede protagonisti.
Lo scopo del gioco è quello di riuscire a supere ardue prove dimostrando così di poter ambire a conquistare il premio spettante a chi riesca a giungere alla fine.
Film per non dimenticare. Il diario di Anna Frank
Infine un altro film degno di nota è Il diario di Anna Frank del 1959 diretto da George Stevens.
Presentato in concorso al 12º Festival di Cannes e vincitore di tre Premi Oscar (migliore attrice non protagonista, migliore fotografia b/n, migliore scenografia b/n).
Il film, basato sull’adattamento teatrale del diario, è stato girato a 14 anni di distanza dalla morte di Anna Frank ed è ambientato ad Amsterdam.
Siamo nel 1945 e Otto Frank, l’unico sopravvissuto della sua famiglia, ritorna dal campo di sterminio in cui era stato deportato.
Arrivato nella soffitta dove si era nascosto pochi anni prima insieme alle figlie Anna e Margot e alla moglie Edith ritrova il diario scritto da sua figlia Anna.
Nel leggerlo i suoi pensieri tornano al 1942.
Quando cercarono di sfuggire alla polizia nazista, chiamata polizia verde, nome non ufficiale della polizia ordinaria.
Si rifugiarono, grazie all’aiuto di Miep e del signor Kraler, amici e suoi ex dipendenti, in una soffitta che si trovava sopra una fabbrica di spezie, di sua proprietà nel centro di Amsterdam.
Curioso sottolineare come Millie Perkins, l’attrice che interpretò Anna Frank, sia stata scelta.
Pare che fosse a Parigi per lavorare come una modella quando ricevette l’invito del regista per un provino.
George Stevens l’aveva infatti notata su una copertina e subito aveva pensato che fosse l’attrice giusta per il ruolo
La Perkins non voleva partecipare alle riprese anche perché dichiarò di non aver mai letto il libro e di non sapere nulla sulla Shoah.
Nonostante ciò fu indotta dalla famiglia e dal fidanzato a sostenere quel provino che la consacrò al cinema nei panni di Anna Frank.
In verità la prima scelta per quel ruolo avrebbe dovuto essere Audrey Hepburn, a quel tempo già una diva di Hollywood.
La Hepburn rifiutò il ruolo per via dell’età poco congrua con quella della giovanissima Anna Frank che avrebbe dovuto interpretare.
Inoltre l’attrice asserì di sentirsi troppo coinvolta dalla vicenda avendo vissuto proprio ad Amsterdam durante la Seconda Guerra Mondiale.
E avendo vissuto le restrizioni dei nazisti in prima persona girare quella pellicola sarebbe stato troppo doloroso per lei.
Avrebbe riaperto una ferita interna che l’attrice preferì invece non toccare rievocando quei ricordi.
Film per non dimenticare. Altri film da non perdere
Molti altri altri sarebbero i film dedicati al tema della Shoah che varrebbe la pena vedere.
Ne cito solo alcuni tra i quali Il pianista, Il bambino con il pigiama a righe e La scelta di Sophie con una intensa interpretazione della bravissima Maryl Streep.
Vorrei concludere con l’incipit di un libro di Liliana Segre dal titolo Scolpitelo nel vostro cuore del 2018.
“Se sono qui, a raccontare questa lunga storia, è per i ragazzi. Solo per loro. E vorrei vedervi uno a uno, voi, lettori giovani, vorrei guardare i vostri occhi, che sono così importanti.”
(Liliana Segre 2018)
Fonti:
- https://it.m.wikipedia.org/wiki/Schindler’s List
- https://it.m.wikipedia.org/wiki/La_vita è_bella
- https://it.m.wikipedia.org/wiki/ IlDiario_di_Anna_Frank
- Liliana Segre, Scolpiscilo nel tuo cuore, 2018
Ethnic Minorities (words to understand the War in Ukraine)
(Ethnic Minorities) Article written by E.T.A. Egeskov for Politics and geopolitics
The war in Ukraine has brought to light the long-standing problem of ethnic minorities, which have often been used as a pretext to trigger international crises if not outright wars.
SUMMARY
- Ethnic minorities. The precedent of the former Yugoslavia
- Ethnic minorities. Divide et Impera
- Ethnic minorities. The Real Reasons of the Russians
Due to a wicked policy of displacement of entire populations from their territories of origin to other parts of the former USSR, the former states of the dissolved Soviet Union almost all had to deal with the cumbersome problem of ethnic minorities.
Especially those of Russian language and culture who always aspire to reunite with the motherland, the Great Russia of Moscow.
Ethnic minorities. The precedent of the former Yugoslavia
Those who are no longer very young will undoubtedly remember the terrible Balkans wars that shook Europe in the middle of the 90s.
The war arose from the dissolution of the Yugoslav Federation and the simultaneous birth of nation states, first and foremost Serbia and Croatia.
And it was precisely for ethnic-religious reasons that Serbia and Croatia found themselves in conflict.
With the addition of that melting pot of ethnicities and religions that is Bosnia and Herzegovina with the martyred city of Sarajevo first of all.
A corner of Europe that is the result of history, a crossroads of conquests and dominations stratified over the centuries.
The mixing of peoples and ethnic groups was also the result of precise political choices made by the then dictator of the former Yugoslavia, Tito.
Ethnic minorities. Divide et Impera
“Divide et Impera” (divide and rule) has always been a good adage for those in power and in charge.
Moving groups of populations to territories occupied by other peoples was considered by the Yugoslav leadership to be a good way to hold together a country that was not a nation.
At least until everything collapsed, until the communist regime fell apart and gave way to the nationalistic-religious demands that inevitably led to conflict.
In the former Soviet Union, Stalin, a de facto dictator if not in name, also used the same system..
He “deported” millions of people from one territory to another in the same way that Tito had operated in Yugoslavia.
Or by moving the borders of the Socialist Republics that made up the USSR, incorporating portions of territory that historically had belonged to other peoples.
This is why Crimea, which has always been linked to Russia, becomes part of Ukraine.
While Transnistria, an unknown eastern region of Moldova, is populated by Russian peoples.
As long as the Soviet regime lasted, little changed, so much so that all power was centralized in Moscow and in the organ of the Communist Party.
But after the dissolution of the USSR and the birth of nation states, ethnic issues began to explode.
In Ukraine, the thorniest issue has always been the Donbass.
Territory in the far east of Ukraine, inhabited by Russian-speaking and Russophile populations for the most part, and therefore a source of contention between Russia and Ukraine over ethnic issues.
Ethnic minorities. The Real Reasons of the Russians
Although to tell the truth, the ultimate reasons for the dispute are mainly economic, namely the mines of which the Donbass is rich.
So much so that in the city of Mariupol, now completely destroyed by the Russians, there was the largest steel mill in Europe.
Azovstal became infamous for the heroic resistance of the Azov Brigade.
There he barricaded himself for weeks in a vain attempt to defend that Ukrainian garrison surrounded by overwhelming Russian armed forces.
The defense of Russian populations in Ukraine has given Putin a way to find an excuse, at least for his domestic public opinion, to invade Ukraine.
When the time comes to negotiate peace, the protection of ethnic minorities must be borne in mind.
In Ukraine but not only, the issue will have to be placed at the top of the list to avoid new future wars.
Foto di Gerd Altmann da Pixabay
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Presidenziali USA, un rebus elettorale difficile da capire
(Presidenziali USA) Articolo scritto da E.T.A. Egeskov per Politica e Geopolitica
Ascolta “Politica e Geopolitica. Puntata 1 – Presidenziali USA, un rebus elettorale difficile da capire” su Spreaker.Sono iniziate in questo mese di gennaio le primarie per la scelta dei candidati per l’elezione del presidente degli Stati Uniti d’America che fra poco meno di un anno si insedierà alla Casa Bianca.
SOMMARIO
- Presidenziali USA. Democratici o Repubblicani?
- Presidenziali USA. Le primarie
- Presidenziali USA. I Grandi Elettori
- Presidenziali USA. Rosso o Blu?
- Presidenziali USA. Solo per chi è nato cittadino americano
- Presidenziali USA. Elezioni che interessano il mondo intero
- Presidenziali USA. Una lunga corsa, forse non priva di sorprese
Prima di cercare di dipanare la complessa matassa di come si svolgono le elezioni americane è doveroso precisare chi ha diritto al voto.
Contrariamente a quanto accade nella maggior parte degli stati democratici, Italia compresa, non è lo stato americano a inviare le tessere elettorali.
Sono invece i singoli cittadini che devono prendersi la briga di registrarsi nelle liste elettorali.
Pena l’impossibilità di votare a novembre per l’elezione del presidente degli USA.
Presidenziali USA. Democratici o Repubblicani?
Una delle caratteristiche peculiari del sistema politico americano è quello, di fatto, di essere diviso fra due soli partiti.
Il partito Democratico (che noi chiameremmo progressista) e quello Repubblicano (per noi conservatore).
Diversamente da quanto accade in Italia i partiti americani non hanno un grande peso nella vita politica quotidiana.
Diventano però determinanti in vista delle elezioni presidenziali soprattutto per determinarne i candidati.
Presidenziali USA. Le primarie
Le primarie sono una caratteristica tipica del sistema elettorale americano.
Riguardano ciascuno dei due partiti e sono regolamentate in modo differente stato per stato.
Occorre ricordare che gli USA si compongono di 50 stati federati fra loro ma che mantengono ampie autonomie interne.
Compreso tutto ciò che riguarda il sistema elettorale.
Ogni stato designa suoi rapprentanti alle due convention nationali, quella democratica e quella repubblicana.
In ognuna delle due sedi i rappresentanti voteranno il candidato che dovrà gareggiare per la presidenza.
Sebbene la scelta non sia vincolante in modo assoluto è prassi che il candidato che vince nello stato sia quello che sarà votato dai rappresentanti di quello stato.
Il candidato democratico che otterrà più voti alla convention nazionale dei democratici sarà il candidato presidente per i democratici.
La stessa cosa avviene per i repubblicani che scelgono in modo analogo il loro candidato
Presidenziali USA. I Grandi Elettori
Pur essendo una democrazia presidenziale quella americana ha la peculiarità che il presidente non è scelto direttamente grazie al voto popolare.
Infatti gli elettori, stato per stato, votano per il candidato scelto.
Il candidato che ottiene il maggior numero dei voti ottiene il corrispettivo di Grandi Elettori spettanti a quello stato.
Almeno nella gran parte dei casi, salvo alcune piccole eccezioni.
Ma chi sono i Grandi Elettori?
In pratica è lo stesso principio delle primarie.
Ogni stato ha a disposizione un numero di Grandi Elettori proporzionale alla sua popolazione.
Se in uno stato vince il candidato democratico tutti i Grandi Elettori andranno al candidato democratico.
Inversamente se a vincere è il candidato repubblicano si prende tutti i Grandi Elettori di quello stato.
Presidenziali USA. Rosso o Blu?
Tradizionalmente i due partiti vengono identificati con un colore.
Rosso per i repubblicani, blu per i democratici.
Prima o poi a chiunque sarà capitato di vedere la mappa degli USA colorata di rosso e di blu, stato per stato.
Quella mappa indica la prevalenza di un partito o dell’altro in ogni singolo stato.
Dunque il vincitore della contesa elettore presidenziale non è detto che sia il candidato che ha ottenuto più voti ai seggi.
Infatti può capitare che un candidato ottenga meno voti popolari ma che sia eletto presidente degli USA.
Questo perché magari ha ottenuto la vittoria in alcuni stati molto popolosi che garantiscono un numero di Grandi Elettori maggiori.
E magari quelle vittorie a livello statale le ha ottenute per poche migliaia di voti.
Ma visto il sistema elettorale maggioritario assoluto chi vince si prende tutto.
Presidenziali USA. Solo per chi è nato cittadino americano
Per potersi candidare alla presidenza degli USA occorre aver compiuto 35 anni e risiedere negli Stati Uniti da almeno 14 anni.
Ma soprattutto occorre essere nati cittadini americani.
Chiunque non sia nato cittadino americano ma lo sia diventato in seguito è escluso dalla corsa alla presidenza.
Clamorosa fu l’accusa rivolta a Barak Obama di non essere nato cittadino americano.
Allora fu Donald Trump a fomentare i dubbi in proposito, dubbi che sono peraltro stati ampiamente fugati.
Sebbene molti sostenitori del partito conservatore ancora oggi dubitino che Obama fosse eleggibile.
D’altro canto proprio in giorni giorni lo stesso Donald Trump ha sollevato dubbi sulla cittadinanza americana dalla nascita di Nikki Haley, sua rivale alle primarie repubblicane.
Presidenziali USA. Elezioni che interessano il mondo intero
Va da sé che le elezioni in un paese importante come gli Stati Uniti d’America interessino un po’ tutto il mondo.
Varrebbe lo stesso per Russia e Cina se già non si conoscessero i vincitori a priori!
Quelle di quest’anno negli USA sono però elezioni particolarmente sentite.
Perché i due probabili contendenti dovrebbero essere, salvo soprese, Joe Biden e Donald Trump.
Se quattro anni fa Biden a sopresa battè il favorito Trump (allora presidente uscente) oggi i sondaggi sono a favore del repubblicano.
E vista la situazione politica internazionale con la crisi ucraina, quella di Gaza e la situazione a Taiwan le elezioni USA sono attese con trepidazione da molti.
La riconferma di Joe Biden alla Casa Bianca lascerebbe tutto più o meno com’è ora.
Mentre il ritorno di Donald Trump alla presidenza lascia aperti interrogativi ed incognite su cosa faranno gli USA in politica internazionale.
A partire dall’Ucraina che potrebbe anche essere “abbandonata” al suo destino.
Per non parlare della crisi di Gaza dove Trump non ha mai nascosto le sue simpatie per l’estrema destra israeliana.
C’è poi l’incognita Cina, contro la quale Trump ha sempre tuonato a parole ma con la quale ha intessuto rapporti finanziari anche personali piuttosto discutibili.
Presidenziali USA. Una lunga corsa, forse non priva di sorprese
Siamo solamente all’inizio di questa lunga corsa e solo dal mese di marzo, con il Super Tuesday, forse si potrà cominciare a capire qualcosa di più sulle forze in campo, su un fronte come sull’altro.
Ci sono poi le inchieste giudiziarie a pesare come macigni.
Donald Trump è già stato escluso dalla corsa elettorale in Colorado a seguito delle vicende del 6 gennaio 2021 (assalto a Capitol Hill).
Si attende il ricorso alla Corte Suprema e nel frattempo altri stati stanno decidendo in merito.
Vi sono poi processi per reati finanziari che vedono imputato l’ex presidente americano.
Il quale però dovrà temere più di tutto il processo proprio sull’assalto a Capitol Hill.
Se tale processo dovesse giungere a termine prima delle elezioni e lo vedesse condannato perderebbe il diritto a concorrere alla presidenza.
Non ci vuole un genio per prevedere cosa potrebbe accadere nelle piazze americane con una simile risultanza.
Sul fronte democratico Joe Biden rischia un impeachment (poco probabile) che potrebbe nuocergli sul piano elettorale.
Ma soprattutto sono i guai giudiziari del figlio ad avergli fatto perdere il favore di parte del suo stesso elettorato.
Per non parlare delle gaffe che spesso compie in pubblico e dell’età che non gioca a suo favore.
Quello dell’età è un problema anche di Donald Trump, così come delle gaffe e di certi spaesamenti che non lasciano ben sperare.
Pensare che il futuro del mondo e dell’arsenale atomico più agguerrito sia nelle mani di due “vecchietti” confusi non ci lascia tanto tranquilli.
E la democrazia a stelle e strisce non ne esce granché bene, comunque andrà a finire!
Foto di Larisa da Pixabay
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Extended Families, directly from the Italian Renaissance
(Extended Families) Article written by Mos Maiorum for Culture Pills
Many believe that the concept of extended families is a prerogative of our modern times.
History teaches us that it is actually a much older and more deep-rooted concept than we think.
A textbook example of extended families that comes directly from Renaissance Milan
It is well known that throughout the Middle Ages and even in the Renaissance, nobles had illegitimate children.
Children who were sometimes legitimized later.
Especially when they needed an heir because maybe there wasn’t a legitimate one ready to inherit the noble title.
In that case, the so-called “bastards” could have been part of the family in their own right.
In other cases, it was not just a male heir’s discourse that led to the legitimization of children born out of wedlock.
Extended families such as that of Galezzo Maria Sforza
The case of Galeazzo Maria Sforza is a bit peculiar also for the time since everyone at the court of Milan knew that he had a permanent mistress, Lucrezia Landriani.
A lover with whom he had four children (including Caterina Sforza, the Tygre of Forlì), a lover whom Galeazzo Maria himself had married to one of his most faithful subordinates, Gian Piero Landriani.
All to give a surname and a future to those children he had not wanted to recognize.
After Galeazzo Maria’s marriage to Bona di Savoia, she not only recognized the four children she had with Landriani, but also Bona of Savoy herself adopted them and treated them as her own children.
Including Catherine, who would later become the granddaughter of Papa Sisto IV.
The modernity of the Middle Ages
An example of how prejudices are sometimes misleading is when people are told that the Middle Ages were a dark and repressive time.
Perhaps the example of the Sforza court could make us reflect on how even today there are prejudices against extended families.
Prejudices that certainly had no reason to exist in that fifteenth century.
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