Huldufólk, il piccolo popolo islandese nascosto

Huldufólk, il piccolo popolo islandese nascosto

(Huldufólk) Articolo scritto da Amelia Settele per Pillole di Cultura

Ascolta “Misteri e leggende incredibili. Puntata 2 – La leggenda islandese degli Huldufólk” su Spreaker.

L’Islanda è un’isola magnetica e suggestiva tanto da riuscire a preservare una storia unica e particolare che narra degli Huldufólk.

SOMMARIO

Ovvero il popolo nascosto e invisibile agli occhi degli umani che abita da sempre le sue gelide e primitive terre.

Ancora oggi l’80% della popolazione islandese crede fermamente nella loro esistenza e il restante 20% non la esclude.

Huldufólk. Chi sono

Sono folletti che possono manifestarsi agli uomini qualora lo volessero o perché disturbati.

Vivono tra le rocce, nei campi di lava, o nelle piccole case che gli Islandesi costruiscono per loro.

E che i turisti possono trovare sia in mezzo a lande sperdute – incastrate in paesaggi mozzafiato – oppure negli agglomerati urbani come la capitale Reykjavik.

Huldufólk

Gli Huldufólk hanno una storia antichissima che attinge da varie fonti, dalla tradizione pagana a quella cristiana che vede protagonisti Adamo ed Eva.

Si narra infatti che quando Dio andò a trovarli, Eva gli nascose i suoi figli sporchi e non lavati, omettendo addirittura la loro esistenza.

Pertanto Dio sentenziò: “Ciò che l’uomo nasconde a Dio, Dio nasconderà all’uomo”.

Secondo altre fonti gli Huldufólk sono i figli di Lillith.

Una figura della mitologia ebraica che viene descritta come un potente demone della notte che rapisce i bambini nell’oscurità.

Oppure Angeli caduti costretti a vivere tra il paradiso e l’inferno.

Certo è, che sono molto considerati dagli Islandesi i quali cercano da sempre una convivenza pacifica tra il loro mondo e quello degli esseri invisibili.

Huldufólk. Come vivono

I piccoli elfi vivono in totale simbiosi con la natura e ne sono i suoi guardiani più attenti.

Gli Islandesi stessi prima di costruire un edificio o una strada, studiano attentamente il sito.

Perché se si manifestasse il dissenso da parte degli Huldufólk, quest’ultimi renderebbero palese il loro disaccordo.

Producendo, ad esempio incidenti o malfunzionamenti dei macchinari impegnati sul cantiere in apertura.

Se dovessero verificarsi simili accadimenti imputabili ai folletti, tutto si fermerebbe per rispetto della loro volontà.

Il caso più famoso fu quello del 2014 quando venne interrotta la costruzione di una strada di collegamento perché si ritenne che la terra sottoposta ai lavori fosse abitata dagli Huldufólk.

Nel 2004 invece, una multinazionale Americana che aveva la concessione per l’edificazione di una nuova fabbrica, dovette aspettare il beneplacito del funzionario locale.

Il quale aveva l’impegno di controllare che il sito in questione non fosse abitato dal popolo invisibile.

Qualora se ne fosse accertata la presenza, il sito sarebbe stato isolato e i lavori bloccati, perché sia chiaro: gli Huldufólk odiano essere disturbati!

Molti islandesi dicono di sognarli spesso e gli elfi appaiono con i vestiti tipici islandesi del XIX secolo sempre e solo di colore verde.

Huldufólk. Amano le feste

Di questo misterioso popolo si narra anche che amino stare in compagnia e fare baldoria, convolare a nozze e non trovarsi mai ad un incrocio.

Prediligono alcune feste comandate degli umani, come il Capodanno.

Infatti molti islandesi, durante i festeggiamenti dell’ultimo dell’anno, lasciano appositamente del cibo e delle candele fuori le loro abitazioni, per aiutare gli elfi a trovare sostentamento e nuovi luoghi dove abitare.

Leggende e folklore così lontani da noi e dalla nostra cultura, rendono ancora più magica questa storia.

La quale ha i contorni sfumati come se fosse sfiorata dalla polvere delle fate e il tintinnare perenne dei cappelli verdi degli elfi.

Curioso pensare che sia quasi sacrilego lanciare una pietra in Islanda perché si teme di poter ferire un elfo invisibile.

Come è suggestivo perdersi tra le pagine di questi racconti, immaginando di essere proprio lì dove tutto ha avuto inizio e dove nessuno teme di sognare ancora mondi paralleli e amici invisibili.

Certo è che queste narrazioni, soprattutto durante il periodo Natalizio, rendono ancora più magica l’atmosfera.

Fonti:

  • Wikipedia: Gli Huldufòlk
  • Federico Lucchesi.com: Gli Huldufòlk, il Popolo nascosto
  • Bellascandinavia.com: Huldufòlk, il Popolo nascosto

Foto di Wolfgang Eckert da Pixabay

AMELIA SETTELE

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Caligo legend: the fog that comes from the sea

(Caligo) Articolo scritto da Amelia Settele per Pillole di Cultura e Misteri e Leggende incredibili

La nebbia arriva dal mare, sfiorando le onde e accarezzando la sabbia.

SOMMARIO

La sua leggenda accompagna i racconti dei marinai che lusingati dalle onde del mare, hanno tramandato il fascino suggestivo di questa storia.

Una storia che narra di anime perdute e inconsolabili che aspettano proprio questa nebbia per trovare la pace.

Caligo. La nebbia del mare

Scientificamente il fenomeno è definito come “la nebbia del mare”, anche conosciuto come “nebbia da avvezione”. 

Fenomeno che si forma quando l’aria umida passa per avvezione, movimento orizzontale dei flussi d’aria sopra il terreno freddo e viene così raffreddata.

Questo fenomeno è frequente sul mare quando l’aria tropicale incontra ad alte latitudini acqua più fredda.

È comune quando c’è molta differenza tra le temperature diurne e notturne, si dissolve non appena il sole, al mattino, comincia a scaldare l’aria.

Caligo. Dove si manifesta in Italia

Nel nostro Paese, le zone dove è facile che il fenomeno si manifesti (soprattutto a cavallo tra l’inverno e la primavera) sono le coste Apuane e quelle Liguri.

Se si osserva l’evento atmosferico sembra quasi che le acque lo sospingano verso l’entroterra, permettendogli di arrivare ad “abbracciare” la costa.

Caligo

Creando uno scenario gotico e surreale, complice anche la leggenda ad esso legata.

La nebbia del mare affascina e inquieta allo stesso tempo.

Fitti banchi di vapore acqueo sfiorano la superficie marina, mentre il profluvio continua il suo incessante ondeggiare e la sua costante magnificenza.

Caligo. Gli spiriti del mare

La fola popolare, che accompagna i sussurri della gente del mare ci permette di conoscere la “Leggenda del Caligo”.

Leggenda che narra che gli “Spiriti del mare” risalgano dagli abissi – avviluppati dalla nebbia – per trovare e liberare le anime afflitte, intrappolate tra la vita e l’aldilà.

Gli “Spiriti del mare” “raccoglierebbero” le anime perdute accompagnandole tra le onde.

Lasciando poi che il mare le culli e le quieti, permettendo loro di affrontare l’ultimo viaggio verso la pace e l’eternità.

Solo quando tutte le anime angosciate sono state ritrovate, la nebbia del mare scompare dalla costa lasciando di nuovo spazio al sole e al paesaggio marino che siamo da sempre abituati ad ammirare.

Suggestiva la leggenda, affascinante la nebbia che viene dal mare

Caligo. Insolite coincidenze

Ultimamente la Nebbia del Mare è stata avvistata in Liguria nei giorni della commemorazione delle vittime del Covid-19 e pochi giorni dopo il crollo del cimitero di Camogli.

Senza ombra di dubbio sono insolite coincidenze che rendono questi eventi straordinari segnali a cui la natura (o il fato, chissà?!) ha deciso di assistere generando il fenomeno. A testimonianza che ogni leggenda ha sempre una piccola fonte di verità… Difficile da credere, ma impossibile da spiegare.

Fonti:

  • Genova Today: La leggenda del Caligo
  • Il mio mondo libero: Caligo, la nebbia del mare. Curiosità e leggenda
  • Wikipedia: la nebbia da avvezione
AMELIA SETTELE

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Disinformatia (words to understand war)

(Disinformatia) Articolo scritto da E.T.A. Egeskov per Politica e Geopolitica

La guerra in Ucraina ha riportato alla luce l’annoso problema delle minoranze etniche che spesso sono state usate a pretesto per scatenare crisi internazionali se non vere e proprie guerre.

SOMMARIO

Nonostante sia una parola tipicamente russa il suo significato non ci coglie impreparati: Disinformatia, ovvero l’arte della disinformazione come strumento di guerra.

Disinformatia. Arma senza scrupoli

Stando a quanto è accaduto con l’invasione russa in Ucraina sembrerebbe proprio di dover rispondere in modo affermativo e senza esitazione alla domanda.

La disinformazione è la miglior arma a disposizione di un governo senza scrupoli.

Per onestà di cronaca occorre ricordare che da sempre i governi usano l’arma della disinformazione.

Lo fanno per manipolare le folle e renderle più servili ai propri scopi.

Sia che si tratti dei propri cittadini, sia che si faccia riferimento alle persone che vivono in altri stati.

Fin dai tempi dell’Unione Sovietica l’allora governo comunista investiva notevoli quantità di denaro e di risorse per creare disinformazione nel mondo occidentale.

Il tutto affinché l’URSS fosse vista con occhi positivi dagli europei e dagli americani.

Ma soprattutto per mettere in luce le pecche dei sistemi democratici occidentali, logori e corrotti, secondo la propaganda del tempo.

Disinformatia. I limiti delle democrazie liberali

Occorre tener presente che mentre le democrazie liberali devono soggiacere al controllo della stampa indipendente.

Dunque hanno in effetti un limite per le loro azioni “scorrette”.

Le dittature e le autocrazie hanno margini di manovra ben più ampi, sopratutto al loro interno.

Gli esempi sono sotto gli occhi di tutti, a partire dalla Russia, passando per la Cina e la Corea del Nord.

Ma anche in altri angoli del mondo il controllo delle informazioni è così pressante da limitare la libertà di stampa.

Disinformatia. Come alterare la percezione della realtà

Sarebbe bello poter fare un sondaggio fra tutti i cittadini russi, specialmente quelli meno istruiti e quelli più lontani dai centri cittadini di Mosca o San Pietroburgo.

Probabilmente scopriremmo che gran parte degli intervistati sarebbero davvero convinti che l’intervento russo in Ucraina è stato fatto per evitare che l’Ucraina stessa invadesse la Russia.

Di conseguenza giustificherebbero le azioni di Putin senza grossi problemi.

Va da sé che pensare all’Ucraina che invade la Russia farebbe ridere anche i polli, come si suol dire.

Ma se le informazioni che arrivano ai cittadini sono a senso unico, filtrate e addomesticate allo scopo.

E se questo avviene da anni in un grande progetto di disinformazione come accade in Russia.

Ecco che allora l’impensabile diventa possibile se non addirittura probabile.

E anche le ipotesi più improbabili diventano possibili ed anzi credibili e dunque agli occhi del popolo veritiere.

Disinformatia. Anche nel mondo occidentale

Persino nel mondo occidentale abbiamo avuto casi eclatanti.

Prresunti intelletturali, politici, esperti militari o aspiranti tuttologi della geopolitica che sciorinavano tesi improbabili per giustificare l’intervento russo in Ucraina.

E hanno raccolto non poche adesioni.

Specialmente, ancora una volta, fra le fasce di popolazione meno pronte a un’analisi critica delle tesi fornite senza alcun supporto a riprova.

Disinformatia

Ovviamente, parlando del conflitto ucraino, anche i difensori, gli ucraini stessi, hanno operato almeno in parte disinformazione.

Celando numeri e dati sensibili sull’esercito, sulle perdite, sugli obiettivi, sui reali movimenti di truppe.

Oltre a dipingere il nemico come il male assoluto.

Ma almeno a loro parziale discolpa vi è il fatto che sono stati invasi e che devono difendere il suolo patrio.

Gli altri, i russi invece, devono ancora spiegarci le vere motivazioni della loro brutale aggressione!

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Fujimori, more than 300.000 sterilizzazioni forzate

(Fujimori) Articolo scritto da Cecilia S.D. Rossi per Fatti e società e La Forza di indignarsi Ancora

Perù. Centinaia di miglia di donne peruviane sono state sterilizzate senza nemmeno avere coscienza dell’entità della procedura alla quale si stavano sottoponendo.

E senza nemmeno immaginare le conseguenze di tale procedura.

E tutto questo accadeva per obbligo di legge.

SOMMARIO

Precisamente di una legge del 1996, il Programma Nazionale di Pianificazione Familiare, inviata dall’allora presidente Fujimori al Parlamento.

Una normativa che contemplava la vasectomia per gli uomini e la legatura delle tube di Falloppio per le donne.

Un metodo anticoncezionale per controllare l’esplosione demografica del Paese.

Fujimori. Oltre 300.000 sterilizzazioni fra il 1996 e il 2001

Secondo le informazioni rilasciate dall’ufficio dell’Ombudsman (difensore del popolo) nazionale peruviano sono state eseguite circa 272.028 operazione per legare le tube di Falloppio e 22.004 vasectomie tra il 1996 e il 2001.

La maggior parte degli interventi sono stati eseguiti su soggetti indigeni o abitanti delle zone rurali del Paese.

Prevalentemente analfabeti e ignari di ciò che avrebbe comportato quella pratica alla quale si stavano sottoponendo.

Ora le vittime di tutte quelle sterilizzazioni forzate chiedono giustizia.

E, finalmente, grazie alla denuncia fatta da un’associazione di vittime del piano ideato dall’ex presidente Alberto Fujimori quel dramma è arrivato sul tavolo delle Nazioni Unite.

L’associazione ha presentato denuncia attraverso la Cedaw (Organizzazione della convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna).

E ha chiesto l’intervento internazionale per garantire una riparazione per le conseguenze di quella violazione dei diritti umani di moltissime donne e di molti uomini.

Fujimori. Il caso di Maria Elena Carbajal Cepeda

Uno dei casi più emblematici del dramma delle sterilizzazioni di massa è stato quello di Maria Elena Carbajal Cepeda avvenuto nei pressi di Lima.

Maria Elena era una giovane donna di soli ventisei anni che, nel 1996, aveva appena dato alla luce il suo quarto figlio.

E proprio subito dopo quel parto, un parto difficile che ha lasciato stremata e intontita la giovane donna, il persone ospedaliero ha approfittato dello stato di prostrazione della donna per avvicinarla e convincerla a sottoporsi all’intervento.

Aveva già avuto quattro figli e il marito molto religioso non intendeva utilizzare anticoncezionali.

Fujimori

A seguito dell’intervento la donna ha scoperto che il neonato che aveva partorito le era stato sottratto e tenuto nascosto per costringerla ad accettare l’intervento.

All’uscita dall’ospedale, dopo diversi giorni la donna aveva scoperto che il marito l’aveva abbandonata e, oltre al dolore della perdita tempo dopo ha dovuto anche constatare che l’intervento che le avevano praticato era irreversibile.

Non avrebbe mai più potuto avere figli e a livello ormonale andando avanti con l’età avrebbe avuto diversi e pesanti disturbi di salute.

Fujimori. Un obiettivo nobile con conseguenze drammatiche

Il Programma Nazionale di Pianificazione Familiare era nato, in principio, con un obiettivo nobile.

Quuello di assicurare anche alle donne vulnerabili del Perù, analfabete e povere, di poter accedere a un metodo contraccettivo e non ritrovarsi con nidiate di figli che avrebbero patito la fame.

Il piano incoraggiava il personale sanitario a realizzare quanto più possibile interventi, a volte anche con premi in denaro per infermieri e medici.

Nel 2017, secondo un rapporto del Pubblico Ministero, è emerso che del numero impressionante di sterilizzazioni operate, sia su donne che su uomini, diverse migliaia erano state realizzate senza consenso.

Una violazione dei diritti della persona con conseguenze sottovalutate.

Le vittime di quella pratica si sono ritrovate spesso a subire conseguenze sociali e psicologiche.

Oltre all’abbandono e all’esclusione a cui ancora oggi spesso sono sottoposte.

Sia le vittime che le rispettive famiglie, queste sono frequentemente al centro dell’attenzione a causa delle denunce internazionali.

Fujimori. Una speranza di giustizia affondata in poco tempo

Il caso di Mamérita Mestanza Chávez è stato un precedente importante per il riconoscimento delle responsabilità dello Stato peruviano in questo dramma.

La donna è morta nel 1998 a causa di un’infezione subentrata durante l’intervento di sterilizzazione forzata e nel 2003.

La Corte interamericana per i Diritti Umani ha costretto lo Stato peruviano a raggiungere un accordo con la famiglia.

Il Governo è stato così costretto a sostenere le spese per il mantenimento e l’educazione dei sette orfani della donna.

Fujimori. Il Registro Nazionale delle Vittime di Sterilizzazione forzata

Dopo anni di lotte e battaglie nel 2015 venne istituito il Registro Nazionale delle Vittime di Sterilizzazione forzata.

Uno dei pochi raggi di luce che hanno dato speranza alle vittime di quel dramma.

Le vittime hanno cominciato a sperare di poter vedere la giustizia e di vedere che i colpevoli avrebbero pagato per le loro colpe.

Fujimori

Ma la speranza ebbe vita breve perché il registro fu chiuso dopo tre anni, nel 2018, a causa delle misure di austerity introdotte.

E, oltre al danno la beffa.

La cosa accadeva proprio quando Pedro Pablo Kuczynski, allora presidente, aveva annunciato un indulto a favore di Fujimori.

A quel tempo incarcerato a causa di altri crimini contro l’umanità.

Fujimori. Un’intera generazione segnata dal Programma Nazionale di Pianificazione Familiare

Il Programma Nazionale di Pianificazione Familiare del governo Fujimori ha segnato la vita di un’intera generazione.

Ancora oggi le donne peruviane vedono con terrore quel periodo e la possibilità che torni un governo guidato dalle varie correnti del fujimorismo.

Alberto Fujimori è attualmente in carcere, condannato a scontare una lunghissima pena per le gravi violazioni dei diritti umani perpetrate durante il suo governo.

Ma i segni fisici e psicologici che le sue vittime portano ancora addosso non si potranno mai cancellare.

Inoltre l’Associazione delle vittime della sterilizzazione forzata di Lima e Callao, di cui è da due anni presidente la stessa Maria Elena Carbajal, ha presentato richiesta per ottenere una minima tutela non ricevendo le vittime in questione nessun tipo di assistenza sanitaria o alcun genere di aiuto dal governo peruviano.

Ma a seguito della richiesta sembra non sia ancora accaduto nulla.

Fonti:
  • PourFemme, 5/02/2017. Sterilizzazione forzata, la terribile pratica del governo Fujimori di Lavinia Sarchi
  • L’altra versione dei fatti, 7/08/2017. Perù: “Il Governo ci sterilizzò con la forza e con l’inganno” di Daniele Reale
  • Libero Pensiero, 10/08/2017. In Perù le donne chiedono giustizia: il dramma della sterilizzazione forzata
  • Eco Internazionale, 29/09/2017. Il corpo delle donne indigene Peruviane come strumento di politica economica di Francesca Rao
  • Il Mattino, 6/10/2017. Perù, Fujimori accusato della sterilizzazione forzata di oltre 200 mila donne
  • Il Messaggero, 6/10/2017. Perù, Fujimori accusato della sterilizzazione forzata di oltre 200 mila donne
  • Le persone e la dignità, 6/10/2017. Perù, Fujimori e la sterilizzazione forzata di 200mila donne di Monica Ricci Sargentini
  • Diritti Umani, 7/10/2017. Perù – Fujimori (1990-2000) sterilizzazione forzata di 200mila donne (Corriere della Sera) di Monica Ricci Sargentini
  • LineaDiretta24, 8/10/2017. Perù, ex presidente Fujimori ordinò la sterilizzazione di oltre 200mila donne di Valentina Perucca
  • AgoraVox, 23/04/2018. Perù: la sterilizzazione forzata del Fujimorismo di David Lifondi
  • Pressenza, 28/04/2018. L’ex presidente peruviano Fujimori indagato per le sterilizzazioni di massa di Riccardo Noury
  • Notizie Geopolitiche, 8/05/2018. Perù. Sterilizzazione forzata: si riapre il processo per l’ex presidente Fujimori
  • Il Manifesto, 10/10/2020. I corpi del reato di Fyjimori
  • Facebook, 26/06/2019. Video di Maria Elena Carbajal Cepeda
  • Radici Cristiane. Perù – Sterilizzazioni forzate: l’ex-Presidente Fujimori non dovrà risponderne

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Legnanesi in scena con “7°… non rubare”

(Legnanesi) Articolo scritto da E.T.A. Egeskov per Pillole di Cultura

Ascolta “Il crogiulo. Puntata 2 – Legnanesi in scena con “7°… non rubare”” su Spreaker.

Dal 30 dicembre 2023 al 18 febbraio 2024 presso il Teatro Repower di Assago (Milano) la storica compagnia de I Legnanesi propone il nuovo spettacolo dal titolo “7°… non rubare”.

SOMMARIO

Campioni d’incasso al botteghino teatrale dal lontano 1949, anno di fondazione della compagnia, i Legnanesi tornano con un nuovo spettacolo.

Legnanesi. 7°… non rubare

A partire del 30 dicembre 2023 presso il Teatro Repower di Assago appuntamento con “7°… non rubare”.

Il nuovo spettacolo di una tra le più popolari e longeve compagnie dialettali d’Europa.

Questa volta la famiglia Colombo sarà alle prese con la beneficenza.

Legnanesi

La Mabilia vincerà un concorso di beneficenza che le darà il privilegio di poter adottare temporaneamente un ragazzo problematico.

Carmine (Maicol Trotta) farà così il suo ingresso nel cortile dando vita a uno spettacolo tutto nuovo ma nel solco della tradizione.

In scena sino al 18 febbraio 2024 presso il Teatro Repower ad Assago.

Legnanesi. Un successo che arriva da lontano!

La compagnia fondata nel 1949 da Felice Musazzi e Tony Barlocco.

Da quel lontano dopoguerra di tempo ne è passato ma il successo per la compagnia non è mai mancato, anzi!

Con un repertorio di spettacolo da far invidia a Broadway, la compagnia dialettale regala ogni anno un nuovo spettacolo garanzia di successo.

Legnanesi

Prova ne sia che anche quest’anno le date previste per il suo debutto ad Assago coprono quasi due mesi!

Senza contare gli spettacoli che poi si terranno in giro per l’Italia a riempire teatri un po’ ovunque.

E non solo in Italia, peraltro!

Legnanesi. Un cast consolidato

Come ormai da tradizione la Mabilia sarà interpretata da Enrico Dalceri.

Teresa sarà impersonata da Antonio Provasio.

Italo Giglioli invece vestirà i panni di Giovanni.

Legnanesi

E come già accennato Carmine avrà il volto di Maicol Trotta.

La regia è di Antonio Provasio mentre il testo è di Mitia Del Brocco e le coreografie di Valentina Bordi.

Legnanesi. Omaggi alla canzone d’autore

A chiudere il primo atto un omaggio a Giorgio Gaber e alla sua “Barbera e Champagne” con scenografie da lasciar di stucco.

Mabilia aprirà il secondo atto interpretando “La vita” di Antonio Amurri e Bruno Canfora, nel 1968 interpretato da Elio Gandolfi e Shirley Bassey al Festival di Sanremo.

Legnanesi

E tanto altro ancora, tutto da gustare e da vedere a partire dal 30 dicembre 2023 presso il Teatro Repower di Assago.

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Fumone, ghost and legend in the castle

(Fumone) Articolo scritto da Amelia Settele per Pillole di Cultura e Misteri e Leggende incredibili

Famoso è il suo Castello che ha tutti gli ingredienti per definirsi “magico”, non solo per bellezza strutturale ma anche perché intriso di storia, leggende e… fantasmi!

SOMMARIO

Fumone è un piccolo paese in provincia di Frosinone.

Il centro storico è situato su un colle rialzato e ben visibile anche da notevoli distanze.

Tanto che nelle giornate di cielo terso e limpido si possa ammirare un panorama spettacolare.

Si riesce a scorgere Roma e (addirittura) il profilo del Vesuvio. 

È “incastrato” tra Fiuggi e Alatri e le sue origini sono antichissime.

Fonti attendibili narrano che la sua fondazione risalga a Tarquinio Il Superbo (V secolo a.C.) il quale vi trovò rifugio, dopo essere stato bandito da Roma.

Fumone. Castello in posizione strategica

La sua posizione rialzata (e privilegiata) permise ai suoi abitanti di avere un ruolo fondamentale nella difesa del territorio circostante.

Tanto da venir forgiato un antico detto popolare che racconta l’importanza strategica che nei secoli, ha avuto questo luogo:

«Se Fumone fuma, tutta la Campagna trema!»

A voler significare che all’avvistare del fumo – messaggero esiziale di devastazione e pericolo – dalle alte torri del paese, le città vicine dovevano prepararsi a difendersi.

Fumone

Per Campagna – in latino: Campaniæ Maritimæque provincia – invece, s’intende una divisione amministrativa dello Stato Pontificio.

Famoso è il suo Castello che ha tutti gli ingredienti per definirsi “magico”.

Non solo per bellezza strutturale ma anche perché intriso di storia, leggende e… fantasmi!

Il Castello Longhi è infatti il luogo più noto del paese e attira da anni molti turisti e curiosi.

Visitatori che s’inoltrano tra le stanze della fortezza accompagnati da guide preparate e competenti in grado di portare il visitatore tra i luoghi della roccaforte come se fossero a spasso nel tempo”.

Fumone. Le origini

Le origini del Castello sono avvolte nel mistero e cavalcano la storia.

Nel X secolo d.C. attraverso la donazione dell’Imperatore di Germania – Ottone I – la Santa Sede, nella persona dell’allora Pontefice Giovanni XII, divenne proprietaria della Rocca.

Per oltre 500 anni, il Castello fu adibito e usato come prigione Pontificia per prigionieri politici e avamposto militare di controllo. 

Tra i molti (sfortunati) reclusi ci furono: Maurizio Bordino – antipapa noto con il nome di Gregorio VIII – giustiziato e sepolto nel Castello, il cui suo corpo non fu mai ritrovato.

Il più celebre prigioniero fu Papa Celestino V (conosciuto anche come Pietro l’eremita da Morrone) che venne fatto prigioniero nel 1295.

Fumone

L’anziano Pontefice – eletto alla veneranda età di 86 anni – per un puro gioco di potere tra le famiglie cardinalizie dei Colonna e gli Orsini, si arrese presto alla pressante vita da vicario di Cristo e decise di abdicare.

Non era mai accaduto prima nella storia della Chiesa.

Al suo posto venne eletto Papa Bonifacio VIII, il quale presto si rese conto che la sua elezione era illegittima e pertanto trovò come unica soluzione l’arresto dell’anziano Pontefice.

Celestino V visse in una cella angusta, quasi murato vivo e perì il 12 Maggio 1296. Da allora il Castello non venne identificato solo come fortezza militare, ma anche come luogo spirituale vista la presenza della tomba di Celestino.

Fumone. La famiglia Longhi

Col tempo la roccaforte perse prestigio e la trascuratezza iniziò ad essere visibile su tutta la struttura.

Solo nel 1584, Papa Sisto V decise di affidare il Castello ai Marchesi Longhi, famiglia aristocratica romana.

Fumone

I nuovi proprietari decisero di apportare migliorie al Castello.

Crearono un bellissimo e grandissimo giardino pensile (secondo per estensione e primo in altezza, in Europa).

Il bellissimo “giardino sospeso” ha al suo centro una pietra che se calpestata si narra, porti fortuna.

Il Castello Longhi custodisce ed espone anche un bozzetto della statua di Paolina Bonaparte, lavorato dal Canova.

Fumone. La leggenda del marchesino e di sua madre

Se visita il Maniero si passeggia nella storia e nelle leggende, come quella del Marchesino Francesco Longhi e della madre Emilia.

Nel 1851, i Marchesi Giovanni Longhi ed Emilia Caetani subirono la perdita del loro amatissimo ultimogenito, Francesco.

Il piccolo – di appena 3 anni – perì nel suo letto dopo atroci sofferenze senza nessuna diagnosi certa.

La madre, folle di dolore, impedì la classica sepoltura perché impensabile per lei allontanarsi da quel corpicino esanime.

Lo fece imbalsamare e il dolore la lacerò fino alla morte.

Fumone

Tutt’oggi il corpo del piccolo riposa in una teca, ben conservato, insieme ai suoi giocattoli preferiti.

Solo successivamente si scoprì che a uccidere il Marchesino non fu nessuna malattia, ma la cattiveria e l’invidia delle sorelle più grandi.

Per questioni d’eredità decisero di avvelenarlo, contagiando il cibo del fratellino con piccole dosi di veleno e frammenti di vetro finemente sminuzzato.

Una morte inspiegabile e atroce accompagna la leggenda del suo fantasma che si manifesterebbe ancora all’interno del castello.

Alla perenne ricerca dell’amata mamma Emilia.

Testimonianze raccontano che anche il fantasma di quest’ultima si aggiri ogni notte tra le mura del maniero per far visita al corpo del figlio.

Per accudirlo e proteggerlo.

Avendo avuto il privilegio di visitarlo posso scrivere con certezza che tra quelle mura il mistero come l’austerità della storia, non lasciano indifferenti nessun visitatore che entra cosciente di fare un salto nel tempo tra magia e spiritualità.

AMELIA SETTELE

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Skid Row, the other side of Los Angeles

(Skid Row) Articolo scritto da Amelia Settele per Pillole di Cultura, Persone e StorieFatti e società e La Forza di indignarsi Ancora

Ascolta “La Forza di Indignarsi Ancora. Puntata 6 – Skid Row, the other side of Los Angeles” su Spreaker.

La città di Los Angeles – dopo New York City – è la seconda metropoli più grande d’America.

SOMMARIO

La città è celebre per essere il fulcro dell’industria cinematografica, per i quartieri lussuosi, la ricchezza ostentata. Senza dimenticare la celebre collina dove spicca l’iconico cartello “Hollywood”. Ma cela anche un lato oscuro e inquietante.

Skid Row. Accesso all’inferno

La mia penna aveva già sfiorato l’argomento, mentre vi raccontavo del Cecil Hotel e della sua triste storia.

Ora è giunto il momento di portarvi a Skid Row: il ghetto di Los Angeles.

Il suo nome – Los Angeles, la città degli Angeli – può trarvi in inganno.

Perché questa metropoli possiede anche le chiavi per le porte dell’inferno e Skid Row, è uno degli accessi.

Ufficialmente conosciuto come Central City East è un distretto della Downtown (centro amministrativo e geografico della città).

Ospita la più grande comunità di senzatetto stabili degli Stati Uniti.

il telefono del vento

Skid Row. Casa di 3000/5000 clochard

Nel quartiere vive una gremita comunità di clochard che si aggira tra le 3000 e le 5000 persone.

Qui governa la violenza, la coercizione e il pressante disagio di uno specchio sociale.

Che si scontra con vite graffiate, interrotte, consumate da droga, alcool, squilibrio mentale ed estrema povertà.

Le luci e i sogni di Los Angeles s’infrangono a Skid Row dove non si vive, si sopravvive.

Dove non si sogna, ma si lotta per mangiare e continuare ad avere almeno uno sputo di marciapiede da occupare e chiamare “casa”.

Ricettacolo e degrado.

Droga, alcool, prostituzione, giro di vite e lotta intestina per la sopravvivenza.

È fortunato chi può permettersi come alloggio al coperto una tenda da campeggio.

Mentre la maggior parte dei clochard scompare di notte in cartoni ammassati agli angoli più bui per cercare di proteggersi le carni e la dignità.

Skid Row. Sembra impossibile da recuperare

In questa realtà sociale sopravvive non solo solo chi ha ceduto tutto alle dipendenze delle droghe, oppure ai vizi che offre l’alcool.

Ci sono anche ex veterani di guerra, disabili mentali non pericolosi per gli altri.

E gente “semplicemente” sfortunata che ha perso: lavoro, casa, risparmi e la possibilità di poter ricominciare.

Da anni ormai il quartiere – un agglomerato di isolati a pochi minuti dai quartieri “bene” – sembra impossibile da recuperare.

Ci sono vicoli impraticabili da transitare per la sporcizia e l’indigenza imperante.

Feci ed urine appestano l’aria, dove banchettano mosche e prolificano batteri.

E il popolo di Skid Row continua ad arrancare e a sopravvivere. 

Ombre umane simbolo del decadimento di una società troppo caotica e occupata a non osservare queste creature sopraffatte dagli eventi e incapaci di recuperare.

Un perfetto set per i film sugli zombie.

SKid Row

Skid Row, ma come nasce?

Già nell’800 l’area urbana era presente a Los Angeles.

Il nome Skid Row indicava la strada utilizzata dai taglialegna per far arrivare i tronchi verso la costa.

Laddove poi venivano caricati sulle navi e spediti.

Con la grande depressione alla fine del 1929 – e il relativo crollo di Wall Street – il quartiere brulicava sempre più di emarginati, alcolizzati e di bordelli.

Con gli anni la popolazione aumentava, il degrado con lei.

Anche la fine della guerra in Vietnam (1975) e il ritorno a casa dei veterani, permise al quartiere di prosperare.

Perché molti reduci rientrati con fardelli insopportabili da gestire, non riuscirono a reinserirsi nella società e trovarono facile rifugio nel quartiere.

Nel corso degli anni, diverse amministrazioni comunali hanno cercato d’intervenire.

Rendendo la presenza massiccia delle forze dell’ordine un monito per gli abitanti del quartiere.

Ma quello che accade a Skid Row è pesante, pressante e non è di facile risoluzione.

Gli anni infatti passano, ma lo scenario non cambia.

Ancora oggi osservare Skid Row e i suoi “ospiti” rende chiaro che il girone infernale che rappresentano non può essere dimenticato né sottovalutato.

Visto che rappresenta non solo il fallimento di una metropoli, ma della società tutta.

Noi compresi.

Skid Row


Fonti:

  • La Stampa: Skid Row, il quartiere fantasma che assedia le luci di Los Angeles
  • Los Angeles Times: L.A. settles homeless rights case, likely limiting ability to clear skid row streets
  • Company People: Skid Row la zombie area di Los Angeles
AMELIA SETTELE

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Il telefono del vento. The phone online with Death!

(telefono del vento) Articolo scritto da Amelia Settele per Pillole di Cultura e Misteri e Leggende incredibili

In Giappone – nel giardino privato di Bell Gardia – c’è una cabina telefonica per “parlare” con i morti.

Esistono molti luoghi nel mondo dove commemorare i defunti.

Uno dei posti più inconsueti e originali si trova in Giappone, nella città di Ōtsuchi.

Un centro abitato a Nord Est dell’isola, nella prefettura di Iwate e più precisamente in un giardino privato chiamato Bell Gardia.

Il monumento si chiama 風の電話 kaze no denwa, il cui significato è Telefono del Vento.

SOMMARIO

È una cabina telefonica che spicca tra la bellezza naturalistica del giardino.

Cabina al cui interno è installato un vecchio modello di telefono in bachelite, privo di linea, attraverso il quale si può “dialogare” con i morti.

Il visitatore che decide di entrare nella cabina, può intrattenere una chiacchierata onirica o rimanere nel più assoluto silenzio.

Cullato dall’abbraccio del vento che sferza e rafforza l’atmosfera preziosa e unica dell’opera.

La cabina è di legno bianco e pannelli di vetro, mentre il telefono è sistemato sopra una mensola.

Accanto vi è un quaderno, dove gli ospiti possono lasciare un segno del loro passaggio: una firma, un pensiero.

Il telefono del vento. Ma chi ha ideato il Kaze no Denwa e perché?

Il Telefono del Vento è stato progettato nel 2010 da Itaru Sasaki, progettista di giardini che ha creato l’opera dopo la scomparsa di suo cugino.

La cabina telefonica è diventata, col tempo, una sorte di portale immaginario.

Dove poter parlare con i defunti, in un dialogo chimerico e profondamente commovente.

Alzando la cornetta si può immaginare di colloquiare con chiunque si desideri, anche con sé stessi, come e soprattutto con chi non è più con noi.

Sognare di dialogare attraverso quel telefono privo di linea è come pregare e sperare.

Ponendosi dinnanzi a uno dei sentimenti più profondi e laceranti che caratterizzano l’essere umano: il dolore del lutto.

Il Telefono del Vento permette di credere almeno per un istante di poter essere in contatto con chi non ci è più accanto.

il telefono del vento

Il telefono del vento. La storia del Telefono del Vento è intensa, importante e nasce perché

Itaru Sasaki dopo il grave lutto che colpì lui e i suoi parenti, immaginò un luogo dove poter continuare a “parlare” col suo familiare deceduto.

E per farlo pensò a due elementi soltanto: il telefono e il vento.

Poiché i miei pensieri non potevano essere trasmessi su una normale linea telefonica, volli che fossero portati dal vento.” (I. Sasaki)

Il Signor Sasaki era sicuro che la sua opera l’avrebbe aiutato a metabolizzare il dolore.

Ma quello che non poteva minimamente immaginare, accadde appena un anno dopo.

Un evento di tali proporzioni da cambiare le venture – e le vite – di migliaia di persone come della storia stessa del Telefono del Vento.

Tanto da trasformandolo in un vero e proprio luogo di pellegrinaggio, ancora più toccante e mistico.

L’evento che modifica per sempre la storia che vi sto narrando avviene l’11 Marzo 2011, quando un potentissimo terremoto colpisce il Giappone.

Il telefono del vento. Il terremoto e maremoto di Tōhoku

Nord del Giappone – Isola di Honshū – 11 Marzo 2011, ore 14:46 (le 6:46 in Italia).

La terra inizia a tremare.

Un terremoto di magnitudo 9.1 matura e deflagra a largo delle coste dell’isola più grande della nazione nipponica.

Dopo pochi minuti sopraggiunge un mostruoso tsunami che colpisce e devasta soprattutto le coste della regione di Tōhoku

Il sisma avvertito, risulta essere da subito violentissimo e viene catalogato come uno dei cinque più potenti mai registrati nella storia del mondo dal 1900.

Oltre a essere, ancora oggi, quello più forte mai rilevato in Giappone.

La scossa è intensa ma lontana dalla terra ferma pertanto, l’elemento che porta distruzione e morte è il maremoto generatosi pochi istanti dopo.

Onde alte più di 10 metri si abbattono sulla costa con una tale violenza da spazzare via ogni cosa.

Oltre 15.000 vittime

Solo a Tōhoku le vittime sono più di 15.000… trasportati via da un’onda irrefrenabile che ha lacerato vite, sogni e realtà.

La centrale nucleare di Fukushima esplode.

L’enorme onda creatasi a seguito del terremoto, arriva a danneggiare la struttura in modo irreparabile.

La tragedia verrà ricordata proprio con il nome della regione più colpita, Tōhoku.

La conta delle vittime lascia il mondo attonito, dinnanzi agli occhi dei sopravvissuti si palesa la potenza di una natura devastante e distruttrice.

Un terremoto che scuote letteralmente il mondo e ferisce pesantemente il Giappone.

Morte, disastro e dolore restano le conseguenze più tangibili di questa catastrofe.

È proprio a seguito di questo evento che Itaru Sasaki decide di aprire il suo giardino privato ai familiari e agli amici delle vittime dello tsunami.

telefono del vento

Dialogare con i cari scomparsi

Mette a loro disposizione la cabina e lascia che utilizzino il Telefono del Vento per cercare un dialogo non solo con i propri cari scomparsi.

Ma anche con quel dolore sordido e martellante che li stringe ormai in una morsa senza fine e che lui conosce bene.

Da quel momento, grazie anche al passaparola, il Telefono del Vento diventa una vera e propria meta.

In più di 12 anni, le persone che hanno visitato il luogo sono state davvero molte, le stime ne dichiarano circa 30.000!

Il telefono del vento. Silenzioso cordone umano a Bell Gardia

Un rispettoso e silenzioso cordone umano ha continuato ad andare a Bell Gardia, oramai ribattezzata “la collina del telefono del vento”.

Per potersi immergere in quell’atmosfera profondamente toccante che si annida tra le sferzate di vento e il bianco candore della cabina.

Chi ha visitato l’opera di Sasaki ha intrapreso un viaggio personale intenso e significativo.

L’opera del garden designer è stata ripresa in altre parti del mondo.

Con lo stesso significato e lo stesso rispetto verso il dolore di chi deve convivere con la pesante assenza di una persona cara che non c’è più.

Cercando rifugio e sollievo tra i fili di un telefono privo di linea e l’ascendente della natura.

Non posso chiudere quest’articolo senza citare il bellissimo romanzo di Laura Imai Messina: “Quel che affidiamo al vento” (edito da Piemme).

Romanzo grazie al quale ho conosciuto questa storia e che vi suggerisco di leggere almeno una volta nella vita.

In fondo era quanto ci si augurava per tutti, che un posto dove curare il dolore e rimarginarsi la vita, ognuno se lo fabbricasse da sé, in un luogo che ognuno individuava diverso.” Laura Imai Messina

Ricordatevi sempre che il tempo batte ritmi incessanti e non arresta mai il suo scorrere.

Mentre il Telefono del Vento continua a custodire migliaia di parole, lacrime e ricordi, cullato e protetto da una natura maestosa. E da sentimenti che non muoiono mai.


Fonti:

  • Sempre dire Banzai: “Il telefono del vento: in Giappone esiste una cabina per “parlare” con i morti
  • Internazionale: “Il telefono del vento per parlare con le vittime dello tsunami”
  • IO Donna: “In Giappone c’è una cabina telefonica per parlare con i defunti”
  • Wikipedia: “Telefono del vento”
  • Studio Bellesi: “Il giardino di Bell Gardia e il telefono del vento”
AMELIA SETTELE

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Hei Zhy Gou, la foresta del non ritorno

(Hei Zhy Gou) Articolo scritto da Amelia Settele per Pillole di Cultura e Misteri e Leggende incredibili

In Cina, nella regione del Sichuan, si trova uno dei luoghi più misteriosi e inquietanti del pianeta. È la foresta di Hei Zhy Gou, soprannominata anche: “Foresta del non ritorno”.

SOMMARIO

Gli abitanti delle zone limitrofe la chiamano “La terrificante valle della morte”.

Se tradotto, il suo significato dovrebbe essere: “La gola del Bambù nero”.

Hei Zhy Gou. La foresta del non ritorno

Immersa in una gola profonda, avvolta quasi perennemente da fitti banchi di nebbia la foresta del non ritorno”, è affascinante ma nefasta.

Sembra sospesa nel tempo, lontana dalla realtà e sprofondata in un mondo parallelo.

Da anni si narra che nessun essere umano sia capace di esplorarla e … di tornare indietro sano e salvo!

Numerose sparizioni infatti, accompagnano la storia di questo labirinto di bambù.

Si ritiene che la “foresta del non ritorno” sia letteralmente in grado d’inghiottire uomini e veicoli.

Coraggiosi esploratori e persino alcuni aerei che sorvolavano la zona sono svaniti nel nulla, appena entrati in contatto con la foresta.

Sembra proprio che sia maledetta e non permetta a niente e nessuno di trovare la via del ritorno e di poter quindi, raccontare cosa (o chi) si celi al suo interno.

Hei Zhy Gou. La foresta non restituisce neppure i cadaveri

Quando il fitto fogliame viene inondato dal calore del sole, la foresta appare nei suoi ancestrali colori vivi ed intensi.

I profumi della natura rendono l’area un vero e proprio polmone verde, fulcro e culla di pace, spennellato di bruma e sinistro incanto.

Ma di notte tutto cambia.

Hei Zhy Gou

Il buio padroneggia nelle sue tinte più cupe e impenetrabili, donando al luogo un’aurea spaventosa.

Antiche leggende e angoscianti storie hanno come protagonista proprio la foresta.

Hei Zhy Gou si trasforma infatti in un antro intricato e pericoloso.

Da anni, chi si addentra tra i suoi sentieri non fa più ritorno.

Hei Zhy Gou. Abitata da un enorme drago a due teste

La sua impenetrabilità non ha mai reso concrete e sicure le notizie inerenti la sua formazione e storia.

Alcune leggende locali giustificano i misteri che aleggiano sulla foresta raccontando che, sia abitata dal Grande Uccello”.

Uno spaventoso mostro mitologico descritto come un enorme drago a due teste.

Certo è che – essendo il Drago un importante simbolo della cultura cinese, protagonista da millenni di storie e miti – nessuno ha mai cercato di scoprire cosa dominerebbe davvero “la foresta del non ritorno”, anteponendo a qualsiasi spiegazione logica, il rispetto della forza della natura e delle antiche tradizioni che hanno reso questo lembo di terra, uno dei luoghi più sventurati e maledetti che l’uomo conosca.

Fonti:
  • Travelglobe: La foresta di Hei Zhy Gou, tra bambù e misteri
  • Urban Post: Cina: Foresta di Hei Zhy Gou, la valle dei bambù dalla quale nessuno torna
  • Curiosando708090.altervista: Luoghi misteriosi: Foresta di Hei Zhy Gou (Cina)
AMELIA SETTELE

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25 novembre SPECIALE. Giulia, come le Altre

(25 novembre) Articolo scritto da Amelia Settele per Fatti e Società

ASCOLTA L’AUDIO LETTURA

25 novembre. In collaborazione per la rubrica La Forza di Indignarsi Ancora Radio C.S.D.R. trasmette l’audio lettura di questo articolo dal titolo Giulia, come le Altre, pezzo dedicato a tutte le donne vittime di femminicidio.

SOMMARIO

25 novembre. Giulia, un’altra vita spezzata che ingrossa le file dei femminicidi

Vigonovo, provincia di Padova: Giulia Cecchettin è una Dottoressa, laureata in ingegneria Biomedica. Lei, suo padre e i suoi fratelli – Elena e Davide – sono una famiglia molto unita, costretta a vivere anche nel dolore nato dalla prematura scomparsa della madre. Giulia ha un ex fidanzato, Filippo Turutta.

Roma: l’avvocata Martina Scialdone ha 35 anni, professa il suo lavoro con passione ed è specializzata in diritto di famiglia. Ha un rapporto solido e forte con i suoi familiari. Ha da poco interrotto una relazione sentimentale con Costantino Bonaiuti.

Cerreto d’Esi, provincia di Ancona: Concetta Marruocco è un’infermiera di 53 anni da tutti chiamata Titti. Originaria di Torre del Greco (Napoli) continua a vivere nell’appartamento nel centro cittadino anche dopo la separazione dal suo compagno, Franco Panariello.

25 novembre. Chi sono queste donne così apparentemente diverse tra loro? E perché fanno parte di questa storia?

L’unico triste denominatore che le accomuna – come molte altre donne che riempiono ogni giorno una lista sempre più lunga – è quella di essere state vittime di femminicidio da parte dei loro rispettivi ex compagni. Ad armare le mani di chi ha strappato loro le vite, i sogni, gli affetti sono sempre questi uomini (o pseudo tali) che con maligna determinazione irrompono un’ultima sanguinosa volta nelle loro esistenze, per cercare di estorcere attenzione e possesso, fino a stringerle nel loro ultimo respiro.

So bene di averle descritte utilizzando un tempo presente, come se le loro vite fossero cristallizzate in un flash temporale in cui neppure la ferocia dei loro assassini, può alterarne il destino che avrebbero avuto il diritto di vivere. Ma c’ho non toglie che la verità è un’altra, che ci conduce verso una sola triste realtà che purtroppo conosciamo tutti: il femminicidio.

25 novembre. Cos’è il Femminicidio?

Il Femminicidio è la forma più estrema di violenza di genere contro le donne. Pertanto tutti gli omicidi dolosi o preterintenzionali in cui una donna viene assassinata da un uomo per motivi basati sul genere, devono essere identificati come tali. Per forma di genere, invece, s’intende qualsiasi forma di violenza contro una persona solo per il fatto di appartenere al genere femminile.

25 novembre. Il Femminicidio in Italia fa sempre più vittime

Secondo i dati rilasciati dal Viminale solo nel 2023 nel nostro paese sono stati commessi ben 286 omicidi di cui 103 sono donne. 54 di loro sono state ammazzate da chi diceva di amarle, dai loro compagni o ex.

Una lista lunghissima che si alimenta di donne e del loro sangue, della loro fiducia verso chi, invece, voleva solo possederle fino alla morte.

Con un ritmo di quasi 1 femminicidio ogni 3 giorni, questi omicidi continuano ad appesantire gli occhi di lacrime e la coscienza di tutti noi, allungando una lista di vite spezzate che non dovremmo mai dimenticare.

La recente tragedia di Giulia Cecchettin ha riacceso il dibattito su questa vera e propria piaga sociale che delinea uno scenario per le donne, sempre più difficile da vivere e affrontare.

Mentre l’indignazione e il cordoglio si uniscono ancor di più in questo giorno di novembre, dedicato proprio alle vittime di femminicidio, nessuna donna è al sicuro. Spetta a noi tutti ricordarle non solo adesso, ma sempre. Giulia come tutte le Altre sono lo specchio di un disastro mimetizzato in una relazione sentimentale tossica e malata, tale da condurle alla morte. In memoria di queste madri, figlie, sorelle, nipoti dobbiamo trovare tutti noi la giusta dose di forza per aiutarle a fuggire e a denunciare chi finge di amarle mentre impugna un’arma sempre più affilata che distrugge i loro sogni, la loro dignità e il loro futuro. Per ogni femminicidio, la nostra società perde filamenti di luce e umanità.

Le donne hanno una voce e troppo spesso, invece, sono costrette a gridare in silenzio. Spezziamo questa catena in nome di Giulia come delle Altre.

“Se domani sono io, se domani non torno, mamma distruggi tutto. Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima.” (Cristina Torres Caceres. Perù, 2011)

Fonti:

  • Femminicidioitalia.info
  • Notizie.it: Femminicidi
  • Rainews: Omicidio Giulia Cecchettin

25 novembre. NUMERI E INDIRIZZI UTILI

Rete Nazionale Antiviolenza a sostegno delle donne vittime di violenza

  • Numero verde 1522
  • Carabinieri – 112
  • Polizia di Stato – 113
  • Emergenza sanitaria – 118
25 novembre
AMELIA SETTELE, 25 novembre

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